Da "Umanità Nova" n. 25 del 7 luglio 2002
Una giornata nel barrio
Argentina: la vita dei disoccupati di La Fe a Lanús
Lanús, il distretto governato da ben 24 anni dall'ottantenne Manuel
Quindimil che secondo PJ é "identico a Perón", ha quasi tutte le
strade asfaltate. Quasi, perché in questa benedizione di cemento non
sono inclusi alcuni settori del Barrio la Fe, dove siamo adesso e dove nei
giorni di pioggia le strade dei nuovi insediamenti si trasformano in crateri e
le casette di lamina e legno diventano parte del letto di un fiume che nessuno
vuole navigare.
A qualche isolato dalla strada che delimita il confine con il barrio Urquiza,
c'è l'insediamento più recente, un caos di macchine, di
"botelleros" e cani rachitici completano questo paesaggio irregolare al quale
il visitatore si abitua subito. Barriere improvvisate, muretti non finiti e
svariate altre cose delimitano i terreni e le case, di questo paesaggio che
sembra essere in costante mutamento. Giovani donne con i bebè tra le
braccia ascoltano cumbia alla radio, e la musica si mischia con i suoni
provenienti dalla radio del nonno che seduto nella veranda é intento a
sintonizzare un canale di suo gusto.
Il barrio é così: umano. È il luogo dove i disoccupati si
organizzano e lottano giorno dopo giorno.
Il pane
Eravamo nella spazio comunitario del barrio La Fe, un magazzino costruito con
lamine e mattoni che funge da sede del "Movimiento de Trabajadores Desocupados"
del barrio, dove ogni giorno centinaia di disoccupati realizzano le loro
attività, si organizzano e lottano.
La mattina, dopo che i galli cantano e dopo che il freddo ti é entrato
nell'anima arriviamo al magazzino. In un lato ci sono due forni, uno preso in
prestito ed uno che appartiene al movimento, ci sono anche una bilancia e un
frigorifero che fanno parte del prezioso tesoro della panetteria, che é
ancora in fase di sperimentazione. Questi "mezzi di produzione", dal magazzino
ai macchinari, sono proprietà sociale del movimento. Questi concetti,
quello di proprietà e quello di benefici sociali sono al centro del
dibattito politico. Se le cose sono di tutti, frutto della lotta di tutto il
movimento, perché qualcuno potrebbe pensare di avere più diritti
di altri compagni?
Si beve mate al mattino, mentre arrivano i compagni e le cose che mancano: il
grasso auto-prodotto, 50 kg di farina, lievito, sale e molte braccia disposte a
impastare.
La pasta e fatta da tante mani, una forma di lavoro basata sulla
collettività e lo scambio di saperi. Si ride e si fa a gara a chi lavora
più velocemente. Il compagno ex-panettiere é escluso dalla
competizione. Lui muove le braccia come se stesse suonando un tamburo e affonda
le dita nel miscuglio di acqua e farina che in pochi minuti sarà pronta
per lievitare.
Mentre si aspetta che la pasta cresca, si fanno dei calcoli. Calcoliamo che se
vogliamo vendere quasi a prezzo di costo, senza speculare, il prezzo
sarà di 1,20 pesos. Con il guadagno compreremo dei lucchetti per la
libreria.
Alle 11 l'odore di pane riempie tutto il magazzino e distrae chi sta
partecipando a un corso di formazione in una sala adiacente. Noi ci ammassiamo
alla porta della panetteria per assaggiare il pane caldo appena uscito dal
forno. Non mi posso lamentare, per 30 centesimi compro il mio primo quarto di
pane prodotto dai lavoratori disoccupati.
Con il sole di mezzogiorno e un po' di pane caldo nello stomaco, adesso il
freddo ed io andiamo molto più d'accordo.
Come in un film di Loach
Nel frattempo sempre nel magazzino procede il corso di formazione. Mentre il
pane si cucina nel forno, loro stanno facendo un esercizio di una cosa che
chiamano dinamica, secondo i principi dell'Educazione Popolare. Il compagno che
coordina il corso ha disegnato un quadrato per terra e a turno ogni componente
dei due gruppi deve entrarci dentro. I gruppi sono formati da uomini, donne e
giovani, però uno ha un leader ipotetico e l'altro no. Si dibatte, si
ride, fino alla fine quando tutti sono entrati nel quadrato. Poi inizia la
seconda fase, ed il coordinatore disegna altri quadrati sempre più
piccoli. Alla fine del gioco nel quadrato rimarrà solo una persona, il
delegato del gruppo con il leader, mentre quelli del secondo gruppo decidono di
mettersi tutti insieme attorno al quadrato.
A questo punto inizia una discussione degna di un film di Ken Loach, concetti
semplici come solidarietà, collaborazione tra compagni, rispetto,
compromessi, vengono discussi da tutte le circa venti persone che fanno parte
del corso, e piano piano si arriva a delle elaborazioni e conclusioni
collettive.
Il piquete
Questa mattina, mentre noi facevamo il pane circa cento compagni sono andati a
piedi alla stazione di Lanús a una ventina di isolati dal barrio. Da
lì, in treno, sono andati a Glew, dove si sono coordinati con altri
compagni per andare a Guernica, dove si sono uniti ad altri gruppi di
disoccupati di altre zone.
"Oggi siamo venuti tutti senza bambini perché l'aria é
pesante".
L'uomo di potere della provincia é il capetto di transito, una persona
con un passato di torturatore nella ESMA e con vari trascorsi repressivi nella
zona. Lui controlla la polizia, i funzionari e anche i giudici. Si é
rifugiato qui in questa provincia, dopo anni al servizio della patria
assassinando e torturando la gente. Ultimamente, preoccupato per le
mobilitazioni dei piqueteros non si fa più vedere in faccia e al suo
posto dialoga un funzionario di terza o quarta categoria, parte del consiglio
locale.
Si negozia per la strada; i piqueteros non vogliono entrare in questo municipio
che sembra fatto apposta per tendere una trappola mortale. Mentre parlano di
fronte alle telecamere si forma un cordone di sicurezza per proteggere le
migliaia di persone che si sono assemblate per dare solidarietà.
La situazione é molto tesa, però non esce dalla routine degli
ultimi mesi di proteste. Non si sa mai quello che può succedere, ci si
aspetta di tutto, spari, provocazioni…
Al ritorno rientriamo in treno, tutti insieme, Nessuno compra il biglietto, e
ad ogni stazione appaiono striscioni, bandiere, bastoni. I passeggeri e il
bigliettaio non si scompongono visto che da mesi ormai, é normale che i
piqueteros viaggino in treno gratuitamente per spostarsi da una parte
all'altra.
Juan corre dietro ad un tamburo
Juan Arredondo, una persona robusta di 40 anni, tre figli, di professione
falegname, carpentiere, meccanico e piquetero per necessità e
convinzione. Le idee di Juan hanno superato una prova di fuoco. Letteralmente.
Circa due mesi fa durante una manifestazione di fronte al municipio di
Lanús un poliziotto in abiti civili gli ha sparato addosso.
Quando cadde a terra, con un proiettile di 9mm che gli aveva attraversato un
polmone, Juan decise che non voleva morire e da solo si prestò i primi
soccorsi. Con tutte le sue forze, aspettando che la polizia smettesse di
reprimere, riuscì a pigiare la spalla ferita contro l'asfalto per
evitare di morire dissanguato. Dopo un mese, Juan, era nuovamente per strada a
protestare.
Juan é entrato nel movimento circa un anno fa, dopo un anno di vita da
disoccupato. Come la maggior parte dei piqueteros, lo ha fatto per
necessità, e come molti ha continuato per convinzione.
Adesso Juan fa i miracoli per far andare un camion degli anni sessanta,
comprato con la cassa comune e che serve per trasportare macchinari e persone,
per fare provviste collettive per distribuire materiale e chissà, forse
anche per distribuire 100 kg di pane.
Il cantiere
Il camion riposa all'entrata del cantiere dove fabbricano mattoni e dove stanno
costruendo degli spazi per la falegnameria, il tornio e una sala per cucito.
Oggi al cantiere lavorano quattro persone, due anziani e due giovanissimi.
Parlano poco, sono abituati ai rigori del lavoro di cantiere, si scambiano
commenti sporadici in completa tranquillità.
Lavorano con tranquillità quasi accarezzando i mattoni. I più
giovani imparano e aiutano. Non esistono più gerarchie e la figura del
capo e stata completamente e felicemente soppressa, rimane solo il rispetto per
l'esperienza accumulata in anni di lavoro.
"Abbiamo costruito tutto le pareti, il tetto, abbiamo fatto l'impianto
elettrico. Siamo contenti perché adesso la gente ha un posto dove
andare. Stiamo costruendo alcuni appartamenti. Avanziamo lentamente,
però avanziamo".
Il conflitto con il governo
Quelli che se ne sono andati sono coloro che per paura o ignoranza "sono
passati dalla parte delle autorità municipali". Con il piano "Plan Jefes
y Jefas de Hogar" il governo ha lanciato un offensiva contro il movimento dei
disoccupati che é stata particolarmente feroce nel barrio la Fe. I
funzionari del governo sono andati in tutte le case distribuendo carte che
convocavano i disoccupati a lavorare per il municipio promettendo una possibile
riforma della legge che dovrebbe universalizzare gli aiuti sociali.
"Se non vieni con noi rimani senza mangiare" Questa é la minaccia
più usata dai funzionari del governo che si aggirano per il barrio
cercando di cooptare i disoccupati. Visto però che questo non funziona
usano anche altri metodi come le minacce, l'ostentazione di armi, i furti
etc…
Il loro "vieni con noi" implica due cose: pulire le strade della provincia e
infoltire le statistiche del governo. Si dice che quel che non uccide ingrassa,
e qui é successo esattamente questo: le minacce e le manovre del governo
hanno rafforzato il movimento. "Per noi autonomia significa conflitto con il
governo", dice un militante del MTD, un conflitto che é ormai una
realtà quotidiana.
Domani si ricomincia
Sono le 5 del pomeriggio e i bambini che escono da scuola bevono il latte. Non
c'è più pane fino a domani e i disoccupati dell'ultimo turno di
guardia si dividono in due gruppi, uno pulisce l'altro si occupa della
ferramenta.
Mentre scende la notte, tutti tornano verso le proprie case. Le figurine di
uomini, donne e giovani si perdono per le strade e poi dentro le casette di
legno, lamiera e mattoni e con le braci accese passerà un'altra
freddissima notte.
Domani, al canto del gallo, inizierà un nuovo giorno nel Barrio La Fe,
questo giardino di miseria dove fiorisce la lotta per la sopravvivenza e la
dignità.
Sebastian Hacher
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