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Da "Umanità Nova" n. 27 del 1 settembre 2002
inform@zione
Palermo repressione contro i senza-casa
Venerdì 12 Luglio le otto famiglie del Comitato di Lotta per la Casa che
non avevano accettato l'accordo-capestro imposto dalla prefettura e il
conseguente trasferimento di massa a Cerda (70 Km da Palermo), hanno dato vita
alla quarta occupazione della Cattedrale di Palermo.
Questa iniziativa volutamente promossa nei giorni caldi del "Festino" della
patrona di Palermo - Rosalia - è stata stroncata sul nascere da uno
sgombero coatto in seguito al quale alcuni membri delle famiglie del Comitato
hanno riportato ferite e contusioni anche di una certa gravità.
In seguito allo sgombero delle famiglie e di alcuni compagni del Forum Sociale
Siciliano, la Polizia ha proceduto alla denuncia a piede libero di tre compagni
(due anarchici e uno del CSOA ExKarcere) che, accorsi insieme ad altri per
sostenere l'occupazione, avevano tentato un blocco stradale.
Non era mai successo che la Curia a Palermo desse il bene stare ad un'azione
repressiva da parte della Polizia di Stato.
Un atto, questo, gravissimo che si innesta pericolosamente all'interno del
clima fascista creato dal prefetto Profili con una recente ordinanza che vieta
qualunque tipo di manifestazione pubblica in prossimità di sedi
istituzionali.
Ora anche le istituzioni ecclesiastiche palermitane, nella persona
dell'arcivescovo De Giorni, hanno preso posizione.
Le famiglie, per nulla scoraggiate e intimorite da questo voltafaccia cui loro
sono per propria natura più sensibili dato il retroterra cristiano che
le contraddistingue, hanno rilanciato la lotta presentandosi domenica 14 in
Cattedrale in occasione della messa solenne tenuta dall'arcivescovo.
Con magliette bianche con su scritti gli slogan della lotta, le famiglie hanno
occupato i banchi della prima fila riservati alle autorità.
La reazione delle forze dell'ordine si riassume nelle parole del questore di
Palermo Cirillo il quale, con tono minaccioso e spiccato accento napoletano si
è lasciato andare ad esternazioni di questo tenore: "Voi tenete una
città contro! Se voi combinate qualche cosa vi butto fuori a calci in
culo!".
Purtroppo il questore fa ancora finta di non capire che la città
è fatta anche e soprattutto delle famiglie che vivono sulla loro pelle
la mancanza di case e lavoro, e - a quanto pare - non ha nemmeno percezione di
come ci si debba comportare nel ricoprire ruoli istituzionali di una certa
importanza.
Dopo questo gustoso intermezzo la protesta è continuata.
Alla fine della messa (da rilevare la comica blindatura della navata centrale),
le famiglie hanno avuto un contatto ravvicinato con l'arcivescovo De Giorgi e
col sindaco Cammarata che in pochi secondi ha promesso un incontro, ha
dispensato sorrisi ed è fuggito con l'abituale nugolo di gendarmi e
creature simili.
All'esterno del sagrato è stato poi spiegato uno striscione ed è
stato effettuato un volantinaggio.
Lunedì 15 in occasione della processione delle reliquie di S. Rosalia,
una catena umana formata dalle famiglie e dai compagni del Forum Sociale
Siciliano, ha occupato un marciapiede di c.so Vittorio Emanuele rendendosi
visibile agli occhi dei passanti, dei turisti e dei partecipanti alla
processione: da più parti è stata registrata la
solidarietà nei confronti delle ragioni della protesta e dei metodi
attuati.
Al passaggio delle autorità (sindaco Cammarata, presidente della
provincia Musotto ecc.) un nutrito schieramento di finanzieri e poliziotti ha
cercato di coprire i manifestanti e le loro magliette con su scritto: "Senza
casa mai più", "Casa, acqua, lavoro", "Dove mancano le case c'è
la mafia".
Il messaggio è comunque arrivato anche grazie ad una buona copertura
mediatica e a una diffusa solidarietà dei palermitani all'iniziativa.
Il "Festino" di S. Rosalia è stato - per la cronaca - un vero
fallimento, e la notte precedente il sindaco è stato sonoramente
fischiato dalla cittadinanza, segno questo che a Palermo sono in molti ad
essere arrabbiati.
T.A.Z. laboratorio di comunicazione libertaria
Milano un'importante sentenza sull'esercizio delle libertà sindacali
L'Ospedale San Raffaele di Milano è uno dei più grandi ospedali
privati italiani. L'intraprendenza e, soprattutto, le amicizie (Craxi, prima, e
Berlusconi, poi) di Don Verzè, il suo padre padrone, hanno fatto del San
Raffaele e della Fondazione Monte Tabor che lo gestisce una piccola, ma non
troppo, potenza.
Il San Raffaele possiede persino una scuola privata che ne diffonde la
filosofia, è un luogo di ricerca scientifica e si pone come un vero e
proprio centro di elaborazione di una cultura cattolica tanto reazionaria nella
sostanza quanto innovativa nella forma.
Evidentemente, però, il buon dio fa le aziende ma non i lavoratori. Al
San Raffaele più del 50% dei lavoratori e 18 delegati RSU su 25 sono
organizzati dall'USI Sanità. Negli anni passati questa presenza
sindacale positivamente anomala si è manifestata, come riporta un
recente comunicato stampa dell''USI Sanità con "intense mobilitazioni
per i diritti contrattuali dei lavoratori e per il diritto alla salute,
battaglie sindacali ostacolate fortemente ed inutilmente con ogni mezzo dalla
dirigenza dell'Ospedale soprattutto in occasione degli scioperi."
In particolare, il buon Don Verzé ed i suoi collaboratori ritengono i
diritti sindacali un optional che non può essere riconosciuto ai
sindacati alternativi. I nostri eroi, di conseguenza, hanno per un verso, con
pervicacia, sostenuto che l'USI, in quanto sindacato "non rappresentativo, non
potrebbe agire in difesa dei lavoratori sulla base dell'articolo 28 dello
Statuto dei Lavoratori e, per l'altro, riportiamo sempre dal comunicato stampa
dell'USI, praticato una sistematica "violazione del diritto di sciopero
consistito nella precettazione arbitraria dei lavoratori (chiaramente in numero
superiore e diverso da quanto previsto dalla legge), nel rifiuto a concordare i
minimi secondo la normativa.".
Di fronte a questa situazione, i compagni del San Raffaele hanno ritenuto di
rivolgersi alla magistratura del lavoro che, con sentenza depositata il 27
luglio 2002, ha dato ragione all'USI e condannato il San Raffaele al pagamento
delle spese.
Sappiamo bene che l'essenziale nella lotta sindacale è la
capacità di mobilitazione diretta dei lavoratori che, peraltro al San
Raffaele non è mai venuta meno, ma non va sottovalutata una vittoria
come questa sul piano legale.
È, infatti, evidente che noi riteniamo che i diritti sindacali vadano
riconosciuti a tutte le organizzazioni dei lavoratori e che vada spezzata la
normativa liberticida imposta dal governo e dai sindacati di stato. La vittoria
dell'USI Sanità è un passo importante in questa direzione e il
riconoscimento del fatto che una forza che ha saputo conquistare sul campo un
ampio consenso fra i lavoratori di un'importante azienda non può vedersi
costretta ad una continua guerriglia legale contro un'azienda che fa carne di
porco delle libertà, tanto predicate dai personaggi della destra
cattolica quando è loro funzionale.
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