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Da "Umanità Nova" n. 28 dell'8 settembre 2002
Vertice di Johannesburg
Terra. Si salvi chi può!
Il Vertice
sulla terra che le Nazioni Unite tengono a Johannesburg dovrebbe segnare, a
dieci anni da Rio, una verifica delle pratiche di buona condotta che i paesi
più inquinanti avevano promesso di tenere per la tutela degli equilibri
ecologici del pianeta, offrendo così ai paesi in via di sviluppo - lungo
quella strada che porta all'inquinamento mondiale - una serie di aiuti
finanziari per evitare di imboccare quella via pericolosa per sé e per
tutti i popoli del globo terracqueo.
Peccato che la logica sensata di questi buoni intenti non risieda nei cervelli
di un sistema impazzito dietro alle dinamiche anonime ma umane, ossia non
riducibili a duecento persone cui imputare tutto il male possibile; la
complessità dei processi di inquinamento è tale che disinquinare
costa ed è lento, tanto è vero che i migliori propositi si
fermano a indicare soluzioni le quali potranno scatenare qualche controeffetto
positivo per la respirabilità umana della terra non prima di
cinquant'anni, e nel frattempo si salvi chi può, letteralmente, ossia
chi è ricco e può comprare diritti di emissione, acqua, terre
coltivabili, frutti sani, sulla pelle degli altri.
Tuttavia nemmeno di fronte a queste evidenze, discutibili e già
compromesse da interessi poco limpidi di mantenimento di quote di potere
globale, i leader delle nazioni più ricche e potenti fanno orecchie da
mercante, cioè mercanteggiano qualcosa che tra poco potrebbe rischiare
di non esistere più, di rarefarsi. Ed è questo ciò che
inseguono i predatori del pianeta, abituati a fare affari sui bisogni della
gente dopo aver manovrato affinché ciò che esiste divenga un bene
raro, mercificabile a suon di dollari. Infatti, clima, acqua e terre sono beni
mercificati già da adesso, anche laddove il padrone è lo stato e
non la multinazionale di turno, poche, invisibili, al riparo da scalate di
borsa, se è vero che quelle più importanti sono a regime
familiare e la loro ricchezza è tale da non aver bisogno di ricorrere
alle borse per reperire capitali finanziari.
Qualche esempio? Il mercato mondiale del cotone è controllato quasi al
90% da due società familiari non quotate, l'americana Dunavant (fondata
appena nel 1960) e la francese Louis Dreyfus (1961), con un fatturato
complessivo di circa 20 mld di dollari. Quel cacao che tanto piace a grandi e
piccini - e sul quale il Parlamento europeo è intervenuto per ridurne la
presenza nel cioccolato così da favorire le imprese invece dei
produttori ivoriani e caraibici - beneficia l'americana Cargill (di
proprietà familiare e non quotata, quindi non soggetta a quel minimo di
trasparenza delle leggi di controllo borsistiche) per oltre 50 mld di dollari
che movimenta metà del mercato globale. E via continuando.
Perché i padroni della terra presentano vocazioni così suicide
pure per i loro profitti? La loro miopia è dettata dalla fuoriuscita da
un capitalismo industriale tipico dell'era moderna, dove a produrre e a
consumare erano individui da tenere in vita comunque, magari al minimo, ma
sempre da manipolare sino a trasformarli in soggetti produttori e consumatori;
oggi il capitalismo postmoderno della finanza scopre che la moltiplicazione dei
profitti si gioca tutto sulle dinamiche psicologiche delle trame borsistiche,
nelle quali fare miliardi a palate senza immettere sul mercato alcunché
è pratica quotidiana della speculazione vertiginosa nei differenziali
indotti da effetti annunci, da comunicazioni insondabili e inverificabili, da
mosse accennate nel brevissimo lasso di tempo, infinitamente asimmetrico
rispetto ai cicli della produzione-distribuzione-consumo. Titoli azionari, beni
virtuali, divise, junk-funds, derivati e altro moltiplicano miliardi senza che
si venda alcunché, né nella old economy (appunto, società
industriali), né nella new economy (società industriali dei media
e società virtuali, in via di sgonfiamento).
Tuttavia, i soldi facili hanno facile impatto sugli equilibri di potere
politico, perché vengono immessi nelle istituzioni preposte alla
regolazione del sistema di potere politico, ossia armi per mantenere il potere
e procedimenti elettorali (le spese di propaganda mediatica per vincere
elezioni raggiungono vette abnormi per la presentazione di qualunque cittadino:
negli Usa uno dei pretendenti democratici a sfidare nel 2004 la presidenza
repubblicana ha già raccolto 22 miliardi di dollari!).
Forse il ceto politico firma la propria condanna a morte quando ritiene
opportuno assecondare la voracità ingorda di padroni dell'aria -
sarà la prossima sfida del capitale globale integrato, potete
scommetterci - che già da qualche parte intendono fare a meno dell'aurea
regola della divisione dei poteri. E peggio per la democrazia, stantia
anch'essa nella sua modernità invecchiata. Sarà anche stupido
pensare che con i soldi si compra sicurezza per pochi e panem et circenses per
molti, ma non è quello che già avvertiamo nel nostro italico
cabaret? La saldatura del capitale lungimirante (?) e della politica statuale,
da molti invocata come panacea contro l'armamentario del miope capitale
finanziario, è realtà in atto con tempi sfasati secondo i luoghi,
ed è su questo duplice fronte, e senza alleati di ritorno
(neosocialdemocratici, per intenderci) che dovremo fare i conti nel magma dei
movimenti globali, con una sorpresa interessante: che al sud del mondo
probabilmente le condizioni materiali (magari non la tradizione culturale)
sembra più vicina a essere più intransigente di quanto non
sembrino fare i movimenti del nord, figli di un privilegio culturale-politico e
di una rendita di posizione materiale, più duramente ostinati a
ripresentare una messa in scena della politica per un mondo diverso a misura
dei nuovi aspiranti leader. In tal senso, brutto segno è la procedura
organizzativa del prossimo Forum Sociale Europeo, in cui la rappresentanza per
delegati, con tanto di quotizzazione, rende burocratico e stantio sul nascere
un evento che dovrebbe segnare la miscela confusa e creativa di un incontro
vivo e aperto, e non ridotto a ceto politico aduso a celebrare assisi
congressuali.
Salvo Vaccaro
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