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Da "Umanità Nova" n. 28 dell'8 settembre 2002

Bartolomeo Vanzetti
Frammenti di storia locale

La notte tra il 22 e il 23 agosto 1927 a Boston, gli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono "giustiziati" sulla sedia elettrica per un delitto che non hanno commesso. In tutto il mondo si svolgono imponenti manifestazioni di protesta popolare mentre in Italia il fascismo impedisce ogni forma di dissenso. Ecco come riporta la notizia il Corriere di Saluzzo del 27 agosto di quell'anno, in un minuscolo trafiletto della rubrica Brevi dal Mondo: "Sacco e Vanzetti sono stati inesorabilmente giustiziati, proclamando la loro innocenza. Oltre gli effetti di irritazione che il supplizio dei condannati lascia in vasti ambienti proletari, sulla giustizia americana resta la macchia del sospetto che di una questione di serena giustizia siasi fatto una questione di puntiglio. È triste pensare che forse a due innocenti, dopo aver tanto sofferto nell'angosciosa aspettativa di una decisione liberatrice, non sia stata risparmiata l'irreparabile pena di morte, più triste ancora pensare che i due infelici si siano privati dell'unico conforto che lor rimaneva, quello della giustizia riparatrice e della misericordia divina, rifiutando il ministero del Sacerdote". Qualche coraggioso saluzzese tenta di esprimere la propria rabbia. Antonio Gianotti (Saluzzo, 1906), meccanico, viene condannato dal pretore di Saluzzo a 100 lire di ammenda perché "nella notte del 23.8.1927 si rese responsabile di grida sediziose: Viva l'anarchia, ecc...". Schedato dalla polizia sarà costretto ad emigrare in Francia dove continuerà a svolgere una intensa attività antifascista. Anche Michele Vassallo (Saluzzo, 1905 - Busca, 1972), meccanico e chaffeur, subisce la repressione da parte della polizia fascista; scrive la Prefettura il 27 ottobre: "è detenuto con altri 8 dal 23 agosto u.s. e denunziato al Tribunale Speciale per avere, in Saluzzo la notte del 22-23 agosto u.s. in correità tra loro, emesso replicatamente grida: Wiva l'anarchia, Wiva la rivoluzione, abbasso i governi borghesi, abbasso l'America, Wiva Sacco e Vanzetti". Verrà schedato e vigilato per 10 anni. Giacomo Aime (Cherasco, 1907), maniscalco residente a Saluzzo con la famiglia, viene anche lui arrestato e incarcerato perché con altri sei giovani urla "Viva Sacco e Vanzetti" davanti alla filanda di Cherasco.

Nonostante il fascismo, le vicende di Sacco e Vanzetti entrano nell'immaginario popolare e suscitano una spontanea solidarietà ...

In quegli anni le notizie arrivavano, ancor prima che attraverso i giornali, con i cantastorie che si esibivano nelle piazze i giorni di festa e di mercato. L'indimenticato Tavio Cosio in un suo scritto riporta il testo di una canzone diffusa all'epoca: "Tutto è finito, la morte è ormai decisa/ già il giorno e l'ora della pena è stabilito/a nulla valsero preghiere e pianti/dal mondo intero per i due emigranti./ Eran d'Italia Vanzetti il piemontese/pugliese Sacco con figli e la consorte;/vollero andare in quel gran paese/per lavorare, ma ne ebbero la morte./Sacco e Vanzetti due liberi pensatori,/pieni di vita e del lavoro amanti,/d'idee avanzate, dai lavoratori/di tutto il mondo lor furono rimpianti". Ricorda ancora il farmacista villafallettese: "La canzone in questione non ricordo se sia stata scritta nel 1927 o nel 1928, ma certamente dopo l'esecuzione dei due anarchici. Dai miei genitori fu acquistata nel mercato settimanale del giovedì a Villafalletto e fu inchiodata sopra la porta della cucina dove, ricordo bene, rimase affissa alcuni anni prima di andar distrutta dall'umidità. La canzone aveva la melodia della notissima Prendi il secchiello e vattene alla fontana. In famiglia dove da Pà e Mamma ai più piccoli - 10 nati - eravamo tutti ben intonati, la canzone la sapevamo a memoria e la cantavamo commossi a voce spigata nella libertà verde dei campi. Ma nei paesi era proibita, anzi il giorno in cui comparve a Villafalletto, mi diceva mia madre, gli agenti comunali o i carabinieri allontanarono il cantastorie dalla piazza della fiera, non si sa se per motivi politici o per risparmiare nuovo dolore alla famiglia di Vanzetti".

Questa ed altre versioni circolavano semi-clandestinamente nelle osterie del saluzzese perché anche una semplice aria popolare cantata in compagnia davanti ad un bicchiere di vino poteva essere un atto sovversivo sotto la cappa opprimente della dittatura.

Lele Odiardo



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