Da "Umanità Nova" n. 29 del 15 settembre 2002
I "soviet" della Carnia
Il maggio 1920 visto da "Umanità Nova"
A fine Febbraio del 1920 incominciava le pubblicazioni a Milano il quotidiano
Umanità Nova, diretto da Errico Malatesta.
Fin dal primo numero UN diede notizia delle attività del movimento in
Carnia, né la cosa deve stupire se consideriamo che questa zona,
geograficamente ed economicamente marginale, aveva visto un precoce e duraturo
sviluppo del movimento anarchico e socialista grazie ai costanti contatti
internazionali favoriti dall'emigrazione [1].
Dopo i massacri della guerra, nel clima infuocato del biennio rosso, anche in
quella zona gli anarchici avevano ripreso in pieno l'attività.
Il ruolo degli anarchici nella Camera del Lavoro della Carnia e del Canal
del Ferro
Nel luglio 1919 si erano tenute le elezioni alla Camera del Lavoro della
Carnia e del Canal del Ferro e il Consiglio Direttivo ne era uscito "nella
quasi totalità [...] composto di libertari ed anarchici" [2]; la presidenza dell'organismo era stata
assunta dall'anarchico Umberto Candoni. La CdL di Tolmezzo aveva preso una
posizione sempre più autonoma nei confronti della Confederazione
Generale del Lavoro e il 20 e 21 dicembre aveva persino partecipato al
congresso nazionale dell'Unione Sindacale Italiana tenutosi a Parma. La
proposta però di abbandonare la CGdL per passare all'USI aveva provocato
una spaccatura; dopo aspri dibattiti la Camera del Lavoro era rimasta sotto il
controllo socialista, mentre i libertari avevano costituito, agli inizi del
1920, un'attiva sezione dell'USI.
Ad un convegno tenutosi a Tolmezzo l'11 aprile 1920 presero parte
rappresentanti della Federazione Libertaria Carnica e dei gruppi anarchici di
Prato Carnico, Sutrio, Trava, Illegio, "Germinal" di Udine e "Germinal" di
Martignacco-Torreano; dopo la relazione introduttiva tenuta da Candoni si
deliberò di "costituire la federazione provinciale friulana con sede da
stabilirsi in Udine"; in polemica con PSI e CGdL che "con la loro opera di
incoscienza e tradimento danno tempo e modo alla reazione di farsi ognor
più forte" si decise di rafforzare l'opera di propaganda. Quanto al
campo sindacale "considerato che l'unica organizzazione attuale di lavoratori
che più risponde agli ideali libertari è la U.S.I. si dà
incarico ai singoli gruppi di portare forti adesioni alla già esistente
sez. carnica della U.S.I.". Infine fu inviato un telegramma al Consolato
Americano per protestare contro le persecuzioni a cui erano soggetti i compagni
del I.W.W. [3]
Nei giorni successivi il sindacalista Celentano, dell'USI veneta, tenne un
ampio giro di conferenze in zona "Parlò infatti a Tolmezzo dinanzi ad un
foltissimo pubblico sul tema `l'avvenire del proletariato'" insistendo sul
fatto che esso "potrà poggiarsi su basi saldissime solo quando i
lavoratori sappiano sperimentare congegni politici e sindacali arditi e
novissimi, come i soviet e i consigli di fabbrica a struttura libertaria" la
conferenza venne successivamente ripetuta a "Lauro [Lauco], Prato Carnico,
Rigolato, Cornegliano [prob. Comeglians] Ovaro, Enemonzo, Preone, Ampezzo,
Sutrio, Piana d'Arta, Ileggio, Gavazzo, Tarcento, Fusea ed altre
località" [4].
Dalla Carnia lo sfratto al Genio Civile
Intanto il problema della disoccupazione, da sempre endemico nella regione, si
andava aggravando oltre ogni limite.
Una delle poche prospettive occupazionali era data dai lavori pubblici affidati
alle numerose cooperative a guida socialista ma il Ministero delle Terre
Liberate (si chiamava proprio così: dopo Caporetto il Friuli era stato
occupato dagli Austriaci) incominciava a chiudere il rubinetto dei pagamenti
mettendo le cooperative in gravi difficoltà.
A metà marzo si erano avute grandi dimostrazioni di disoccupati nel
vicino Cadore "puntate [sic] dei nostri, discesi dalla Carnia e dal Canal del
Ferro, invasero l'ufficio del Genio Civile a Udine con lo scopo di cacciarvi i
burocratici piagnoni, ma le promesse di costoro per i lavori della strada
Carnica e Pontebbana fecero desistere i nostri dal lodevole proposito." [5]
"per difendere i suoi [sic] sacrosanti diritti"
Il 7 Maggio il consorzio delle cooperative carniche, privo ormai di
fondi, proclamava la serrata, gettando così "sul lastrico oltre seimila
operai, perché il governo non pagava i lavori eseguiti, nonché
collaudati" la Camera del Lavoro confederale con un manifesto cercava "di fare
l'interesse delle cooperative, predicando la calma [...] si pretende che i
seimila operai scendano in piazza per costringere il governo a dare i milioni,
pei suaccennati lavori, e i dirigenti dell'una e dell'altra istituzione se ne
stanno al sicuro" invece gli Anarchici e l'USI "indignati per tale contegno"
con un altro manifesto invitavano gli operai "ad essere uniti, forti e pronti
per scendere in piazza non per speculazioni altruistiche ma per difendere i
suoi [sic] sacrosanti diritti." [6] In altre
parole: la mobilitazione proletaria avrebbe dovuto essere finalizzata alla
rivoluzione, non alla soluzione del problema meramente transitorio dei
pagamenti alle cooperative.
Come scrisse più tardi Candoni "La serrata proclamata dal Consiglio
Carnico Cooperativo del Lavoro [...] non trovò l'appoggio dei
sindacalisti e degli anarchici per due motivi: primo perché questi pur
essendo quasi tutti soci delle Cooperative di Lavoro non furono mai chiamati
né prima, né poi a dare il loro parere in merito; secondariamente
perché essa serrata tendeva solo a fini particolaristici delle
Cooperative senza tener conto dei bisogni di tutta la massa proletaria
Carnica".
In tutta Italia la rivoluzione sembrava realmente alle porte
In quei giorni di Maggio, mentre in Parlamento si consumavano gli
stanchi riti della crisi di Governo che avrebbe portato Nitti a rassegnare
definitivamente le dimissioni il 9 giugno, il clima era incandescente in tutta
Italia e la rivoluzione sembrava realmente alle porte.
Nel Bolognese i contadini occupavano le terre, a Parma lo sciopero dei
contadini procedeva ad oltranza, a Verona si era mutato in sciopero generale
bloccando l'intera provincia con conflitti con le forze dell'ordine, il
sindacato dei ferrovieri secondari e dei tranvieri si apprestava a proclamare
lo sciopero, a Genova i metallurgici del porto entravano in agitazione.
In tutto il paese si verificavano scontri e carabinieri e guardie regie
aprivano il fuoco con un pesante bilancio di vittime a Canosa, a Roma, ad
Ortona, a Palermo
A Modena la presunta sparizione di alcune mitragliatrici da una caserma aveva
prodotto un'ondata di arresti negli ambienti sovversivi
In Carnia lo sciopero generale assume caratteri insurrezionali
In Carnia "la serrata fu snervante per la massa operaia che non sapeva
quale via prendere per risolvere la questione, tanto che dopo 10 giorni di
generale mutismo una voce si fece sentire: la dinamite, interrompendo la linea
Pontebbana, quella di Paluzza, la Udine-Gemona e la Udine-San Daniele
[...]
La sera del giorno 20 [maggio] venne arrestato De Cecco, segretario della
Federazione Socialista Carnica, ed il mattino del 21 fu arrestato il
sottoscritto [Candoni] ed il compagno Vergendo. [...]
In seguito a questi tre arresti e a copiosi mandati di cattura venne proclamato
lo sciopero generale in tutta la Carnia.
La vita fu paralizzata completamente ed anche i ferrovieri della Società
Veneta e dell'Alto But aderirono entusiasticamente al movimento, rifiutandosi i
primi a trasportare i carabinieri qui destinati"
Ed eccoci all'insurrezione dispiegata "non ostante l'arrivo di centinaia di
carabinieri [...], quasi tutti gli edifici comunali della regione [carnica],
furono conquistati dai ribelli che vi inalberarono la bandiera rossa cacciando
via sindaci e commissari regi. Le guardie rosse incominciarono a funzionare e
in qualche centro fu anche formato il consiglio degli operai"
Ma ecco l'intervento dei socialisti, il deputato Cosattini di Udine si
precipitò in Carnia e "dopo aver confabulato colle autorità
locali" riuscì a convincere gli occupanti ad abbandonare i municipi.
"i vari consigli operai e le guardie rosse credendo che quest'ordine fosse
partito di comune accordo con il comitato d'agitazione, in perfetta buona fede,
ma con le lacrime agli occhi, cedono il posto"
Dopo trattative tra autorità, comitato d'agitazione e l'on. Cosattini
gli arrestati furono liberati la sera del 22 e l'anarchico Vergendo "subito
chiamato a far parte del comitato d'agitazione".
Bisogna rilevare che mentre "la Camera del Lavoro di Tolmezzo, pur essendo
confederalista [aderente cioè alla CGdL], diede un magnifico esempio di
azione diretta" Udine, sotto l'influsso riformista, aderì allo sciopero
solo lunedì 24 maggio dopo le fiere proteste dei carnici per la mancata
solidarietà da parte del resto della provincia.
La mattina di lunedì 24 infatti Vergendo ed il socialista D'Orlando, in
rappresentanza del comitato d'agitazione carnico, "si portarono a Udine, ove la
sera stessa venne proclamato lo sciopero generale provinciale con l'adesione
compatta ed incondizionata dei ferrovieri dello Stato."
Alla Camera del lavoro si decide di proseguire la lotta e di "chiamare il
popolo friulano a comizi mandamentali, metterlo al corrente della situazione e
che esso decida sul da farsi" [7]
A Udine la partecipazione è imponente, trentamila persone. Poiché
le ferrovie sono bloccate "vi sono cortei che hanno percorso più di
trenta chilometri" a piedi. Data l'enorme partecipazione il comizio si
suddivide in quattro con tribune improvvisate su carri. Il corteo che segue
vede momenti di altissima tensione per un colpo di moschetto sparato da un
ardito [8].
"il mercoledì [26] hanno luogo comizi a Tolmezzo, Pordenone,
Spilimbergo, Gemona [...]. Ovunque si grida: siamo pronti per la Repubblica
Soviettistica.
Nello stesso giorno venne bruciato il ponte di legno sul Tagliamento; un
attentato alla dinamite sulla ferrovia Udine-Casarsa; a San Vito a Pordenone, a
Cividale e a Gemona venne proclamata la repubblica dei Soviet".
Ma ecco che contemporaneamente il comitato d'agitazione udinese (controllato
dai deputati socialisti Cosattini e Piemonte) deliberò la fine dello
sciopero!
Il giorno successivo però al comizio di chiusura in piazza Vittorio
Emanuele (ora piazza Libertà) gli arditi provocatoriamente raccolti
sulla salita del Castello, dopo alcuni tafferugli, fecero fuoco sulla folla: un
morto: il diciottenne Ferruccio Cargnelutti e diversi feriti.
"La folla si esaspera e si getta in un negozio di armi per rispondere con la
violenza a quella governativa. Il deputato Cosattini chiama questo atto
"passibile del codice penale" (testuali parole) persuadendo la folla alla
calma. In seguito a questo eccidio si protrae la cessazione dello sciopero"
I riformisti si adoperano per sopire l'ondata rivoluzionaria
L'attività dei riformisti si fece frenetica per dividere e sopire
il movimento e lo stesso "giovedì, 27, da Udine si telegrafa alle varie
Camere del Lavoro di sospendere i movimenti "per raggiunti accordi" [9].
Lo sconcerto fu enorme e nei comizi di chiusura tenuti il venerdì in
tutta la Carnia il popolo espresse nuovamente la propria volontà
rivoluzionaria.
A Prato Carnico la sezione edile confederale e la sezione USI riunite nella
Casa del popolo votarono il seguente ordine del giorno. "Il proletariato di
Prato Carnico, constatato che lo sciopero generale terminava per l'opera svolta
dal pompierismo riformista, che paventava il carattere insurrezionale che il
movimento aveva assunto, mentre depreca l'opera dei sullodati signori, eleva
indignata protesta contro la sanguinaria repressione nittiana che anche in
questa martoriata regione volle le sue vittime. Delibera la ripresa del lavoro,
pronto però a scendere in lotta non appena suonerà l'ora delle
rivendicazioni proletarie." [10]
Terminava così lo sciopero generale in Carnia e Friuli. Il clima
rivoluzionario avrebbe avuto il suo culmine nei mesi successivi nella rivolta
di Ancona (26-29 luglio) e nell'occupazione delle fabbriche (fine
agosto-settembre) ma l'incapacità di dare uno sbocco rivoluzionario alle
agitazioni di massa avrebbe ben presto lasciato lo spazio alla
"controrivoluzione preventiva" fascista.
Mauro De Agostini
Note
[1]Il primo numero di Umanità Nova
(UN) 26/27 febbraio 1920 pubblica il comunicato di indizione "di un convegno
comunista-libertario da tenersi in Tolmezzo il giorno 7 marzo venturo"
invitando a contattare Lodovico Vergendo. Sul movimento anarchico in Carnia
"Compagno tante cose vorrei dirti
" il funerale di Giovanni Casali
anarchico: Prato Carnico 1933 /Claudio Venza, Marco Puppini, Dianella Gagliani.
- Udine: centro editoriale friulano, [1983?]; Mezzo secolo di anarchismo in
Carnia nei ricordi di Ido Petris / a cura di Elis Fraccaro in Bollettino
Archivio G. Pinelli (Milano) n. 14, Dicembre 1999.
[2]Così annotava, con malcelata preoccupazione Il
Lavoratore friulano (LF) organo socialista di Udine del 4 Agosto 1919, che
riporta i nomi degli eletti: "Graighero Osualdo, Delli Zuani Adamo, Pellegrina
Pietro, Colosetti Rodolfo, Benedetti Silvio, Vergendo Lodovico, Pillinin
Giuseppe, Candoni Umberto, Beorchia Gaetano, Machin Italo, Cacitti Leonardo". I
numeri successivi del periodico consentono di seguire a grandi linee le vicende
della scissione. Sulla partecipazione al congresso di Parma Breve storia
dell'Unione Sindacale Italiana / Ugo Fedeli in Volontà, 1957 (poi
più volte ristampato). Cfr. Sindacati, Cooperative, Soviet nella
montagna friulana (Aprile 1919- Aprile 1921) / Marco Puppini in Qualestoria,
Settembre 1987.
[3]LF 25 Aprile 1920 "Convegno libertario"; crf. UN 16 Aprile
1920 "Movimento Anarchico".
[4]UN 9 Maggio 1920 "Dalla Carnia" e "Note venete".
[5]UN 28 Marzo 1920 E. Ribul, "Note venete - dopo i comunicati di
guerra"; cfr LF 21 Marzo 1920 "Dalla Carnia lo sfratto al Genio Civile".
[6]UN 15 Maggio 1920 V.L., "Grave situazione in Carnia"; cfr. LF
9 Maggio 1920 "La serrata cooperativa in Carnia per la lotta contro il
Governo".
[7]UN 6 Giugno 1920 U.C., "Perché morirono i soviet
carnici"; per la ricostruzione di parte socialista cfr. LF 6 Giugno 1920. Si
veda la biografia di Candoni scritta da Marco Puppini in Così vicina,
così lontana. La Carnia degli anni sessanta nelle fotografie di Umberto
Candoni. - Tolmezzo, 1995.
[8]UN 27 Maggio 1920 "Lo sciopero generale nel Friuli".
[9]UN 6 Giugno 1920 U.C., "Perché morirono i soviet
carnici".
[10]Il comunicato, a firma Italo Machin, è in LF 13 Giugno
1920; cfr. UN 5 Giugno 1920 Macchio, "dopo lo sciopero generale".
Umanità Nova dedicò agli eventi una copertura quotidiana spesso
in prima pagina.
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