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Da "Umanità Nova" n. 29 del 15 settembre 2002

Contratto scuola
Una partita aperta

Otto mesi dopo la scadenza fisiologica e sette mesi dopo la firma dell'accordo fra governo e CGIL-CISL-UIL sulle risorse da destinarsi ai contratti del pubblico impiego, si comincia a parlare del nostro contratto. Come è facile da comprendersi, è bene ricordarlo, il semplice ritardo nella stipulazione dei contratti ha un effetto significativo sui contratti stessi perché permette di far slittare la corresponsione degli aumenti e, di conseguenza, di ridurne la già modesta consistenza. Viene, a questo punto, da fare una considerazione ingenua, visto che i contratti non giungono a scadenza di sorpresa sarebbe perfettamente possibile aprire la contrattazione prima della scadenza stessa con l'obiettivo di chiuderli in tempi ragionevoli. Naturalmente non m'illudo per nulla che si tratti di una mutazione di facile conseguimento, il fisiologico ritardo nella contrattazione fa comodo sia all'amministrazione, che risparmia, che ai sindacati istituzionali che possono utilizzare il pagamento degli arretrati derivanti dalla differenza fra data della firma e data dalla quale si calcola la prima tranche degli aumenti come una sorta di ammortizzatore del malcontento derivante dalla modestia degli aumenti stessi. Quest'anno la situazione è complicata da diversi elementi che mi limito a ricordare: - Lo scontro sulla riforma dello statuto dei lavoratori, scontro assolutamente necessario, ha fatto passare in seconda linea i rinnovi contrattuali che si stanno concentrando alla fine dell'anno [1] - L'accordo del febbraio 2002 ha stabilito già le risorse per i contratti del pubblico impiego e, di conseguenza, per la scuola. Si è trattato di un accordo "classico", CGIL-CISL-UIL, dopo aver sfatto sfilare le divisioni metalmeccaniche, hanno ottenuto la piena conferma della concertazione nel pubblico impiego e, in sostanza, la garanzia che il loro potere e le ingenti risorse economiche che derivano loro da questo potere non saranno toccati e, in cambio, hanno accettato un'ennesima riduzione delle nostre retribuzioni; - Lo scontro interno fra CGIL, da una parte, e CISL e UIL, dall'altra, che si era aperto nella primavera del 2001 e che era stato sospeso in occasione della firma dell'accordo di febbraio, si è riaperto sulla vicenda dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La competizione fra i sindacati istituzionali è oggi decisamente vivace; - L'accelerazione, assolutamente prevedibile, dell'inflazione sta determinando tensioni crescenti fra i lavoratori dipendenti. Gli stessi sindacati istituzionali, la CGIL perché in rotta con il governo e CISL e UIL al fine di dimostrare la bontà della loro scelta di firmare il patto per l'Italia, chiedono al governo di modificare i termini dell'accordo di febbraio e di trovare nuove risorse per il contratto del pubblico impiego e della scuola; - Il governo, per parte sua, ha chiarito che non c'è trippa per gatti e che di nuove risorse non si parla nemmeno. Naturalmente la maggioranza ha due esigenze contraddittorie, quella di conquistare quote di consenso fra i dipendenti pubblici, tradizionale bastione della CISL, e quella di tagliare la spesa pubblica e alcune recenti dichiarazioni di diversi ministri hanno reso evidente questa contraddizione; - La questione delle retribuzioni si intreccia con quella degli organici. Quest'anno non vi sono state le promesse 30.000 immissioni in ruolo, si parla con sempre maggior insistenza di una nuova "razionalizzazione della rete scolastica" con i prevedibili effetti sull'organico, ulteriori tagli sono prevedibili a causa della riforma dei cicli; - L'intreccio fra taglio degli organici e compressione delle retribuzioni innesta una vera e propria logica cannibale. La pressione perché gli insegnanti prolunghino il proprio orario sembra essere, per il governo, la quadratura del cerchio. Aumenti effettivi non se ne concedono ma si permette ad una parte degli insegnanti della scuola secondaria di aumentare il proprio reddito portando il proprio orario sino a 24 ore la settimana con gli ulteriori prevedibili effetti sull'occupazione. Se quanto si è sinora detto ha un fondamento, ne consegue che siamo di fronte ad un contratto interessante per almeno tre motivi: 1) l'aumento proposto (3,1% in paga base ed una quota di risorse per il salario accessorio) non si avvicina in alcun modo, per usare un eufemismo) ad un primo passo in direzione delle sbandierate retribuzioni europee; 2) la vertenza contrattuale va, nei fatti, di molto al di là della categoria in considerazione del clima politico e sindacale che stiamo vivendo; 3) vi sono segni significativi di radicalizzazione degli oltre 150.000 precari della scuola (90.000 docenti e 60.000 ATA). A breve, quindi, verificheremo se emergeranno in categoria comportamenti e proposte adeguati allo scontro sindacale in atto. Cosimo Scarinzi


Nota

[1]Quasi la metà dei contratti collettivi nazionali è già oggi in attesa di rinnovo. Si tratta di 35 contratti di lavoro per un totale di cinque milioni di lavoratori coinvolti e del 45,2% dei lavoratori dipendenti considerato il monte retributivo complessivo. Il comparto dell'agricoltura ha il 100% dei lavoratori in attesa di un nuovo contratto e il 38,6% dei dipendenti dei servizi destinati alla vendita. Il settore del commercio, pubblici esercizi e alberghi hanno vertenze aperte per il 21,5% e il 34,9% nel comparto dei servizi privati.
Centrale è la pubblica amministrazione dove i contratti in attesa di rinnovo sono il 95,9% e il 92,8% nel settore dei Trasporti.
A loro, a fine anno, si aggiungeranno un milione e mezzo di metalmeccanici. In totale, fa circa sei milioni e mezzo di persone.



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