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Da "Umanità Nova" n. 30 del 22 settembre 2002

Giro, giro, girotondo... casca il mondo?
Il senso della giustizia

Centinaia di migliaia di persone che manifestano indubbiamente fanno una certa impressione. Non perché, come credono i maniaci della democrazia, la ragione stia dalla parte dei numeri: questa è una logica da ragionieri del tutto avulsa ad una sensibilità libertaria. Tuttavia quando in tanti si muovono risulta difficile non chiedersi quale sia l'elemento, quale l'alchimia che porta alla costituzione di una massa critica.

In questo caso a scendere in piazza è stato il cosiddetto "popolo della sinistra", entità magmatica e sfuggente, certamente irriducibile in modo univoco ad uno schieramento o ad una precisa opzione politica, ma piuttosto definibile per una sorta di nuance emozionale, che crea il collante tra storie e percorsi diversi accomunati da un senso di appartenenza che, con qualche approssimazione, ha a che fare con la comune aspirazione alla giustizia.

Stiamo alludendo, ovviamente, alla multiforme folla che ha animato piazza S. Giovanni sotto l'accorta regia di un autentico professionista dello spettacolo, che insistendo sulla propria condizione di dilettante della politica, obnubilava abilmente il proprio ruolo reale. Moretti infatti è stato il perfetto officiante di un rito collettivo i cui tempi, in un epoca che vede la politica ridotta a talk show televisivo, non potevano essere che quelli dello spettacolo, sia pure di massa, sia pure di piazza. Chi meglio di uno come lui, aduso a rappresentare i mal di pancia di certa sinistra, poteva garantirne un buon allestimento?

La miscela prodotta ha un sapore agrodolce che vale la pena di esaminare più da vicino, perché netta è la sensazione che i vari ingredienti fatichino ad amalgamarsi. In piemontese si userebbe l'aggettivo "drol" che non ha un preciso corrispettivo in italiano ed in cui si mischia lo strano con lo sgradevole e con l'inconsueto.

Il primo ingrediente è una folla autoconvocata che dice di non volersi far partito, ma di confermare la fiducia nel centrosinistra, senza più deleghe in bianco. È una folla che scende in piazza non per protagonismo proprio ma per "criticare" lo scarso protagonismo del centro-sinistra, rivelatosi incapace in cinque anni di governo di ridimensionare il controllo sulle televisioni del Cavaliere azzurro e, perché no, di legiferare in modo da garantirgli un futuro a spese sì dello Stato, ma in galera. Questa folla insomma prende la parola solo per rinunciarvi, per invocare, in sostituzione del logoro D'Alema, il burocrate sindacale Cofferati.

La tanto decantata "democrazia diretta", quella capace di rivitalizzare la politica, lungi dal tradursi in autorganizzazione dal basso, su base territoriale, si esprime in una mega adunata raccolta intorno ad una leadership dal carattere carismatico, autonominatasi "capopopolo", che mette in scena la penosa caricatura di un drappello di Masanielli da salotto buono, i vari Flores D'Arcais, Pardi... Moretti.

Il secondo ingrediente è la questione dell'informazione, i cui principali canali sono ormai in gran parte asserviti ai voleri ed ai capricci del premier e dei suoi luogotenenti. Peccato che la televisione "pubblica" sia sempre stata alle dipendenze del governo in carica, peccato che i grandi giornali siano oggi come ieri di proprietà di chi ha denaro e potere. Berlusconi piazza i suoi uomini e licenzia quelli dell'avversario? Chi mai si è comportato diversamente? Da sempre l'unica informazione "indipendente" è quella di chi, con fatica e senza chiedere sovvenzioni, cerca di aprire spazi di libertà fuori dal cerchio delle istituzioni. Se non si vuole ascoltare la voce del padrone di turno è sufficiente imboccarsi le maniche e, come dicono quelli di Indymedia, "diventare il proprio media" creando circuiti autogestiti, aperti, plurali. Quelli dei girotondi intorno alla RAI, autoconvocati ma incapaci di reale autonomia, preferiscono invocare Santoro.

Il terzo ingrediente è la richiesta di giustizia. La folla di piazza S. Giovanni, ormai dimentica del proprio DNA, non diversamente dai sostenitori dell'uomo di Arcore, invece della giustizia sociale invoca galere, polizia, secondini. Lontano anni luce il tempo in cui ai padroni non si rimproverava qualche bustarella o intrallazzo ma il fatto stesso di esistere, di derubare quotidianamente i lavoratori del frutto delle proprie fatiche, un tempo in cui il vero scandalo era il furto legalizzato di chi sfrutta il lavoro per il proprio tornaconto.

D'altro canto questa stessa piazza parla di dignità del lavoro ma chiude gli occhi di fronte alla terra bruciata sul piano dei diritti e delle libertà realizzata, con il pieno sostegno della CGIL di Cofferati, dal centro-sinistra, un centro sinistra tanto speculare alla compagine del Cavaliere che incentra la propria critica odierna sull'"efficacia" delle politiche del Polo e non certo sul loro merito. Come dimenticare l'ineffabile Livia Turco nell'atto di vantarsi della primogenitura, in realtà guadagnata sul campo, nelle politiche repressive nei confronti dei migranti? Perfetta ragioniera, l'ex ministra, in un'intervista di qualche mese orsono enumerava le migliaia di espulsioni e la decina di galere per immigrati realizzate grazie alla legge che porta anche il suo nome.

Certo pare che in molti nella piazza romana del 14 settembre abbiano affermato la volontà di lottare contro la figlia legittima della Turco-Napolitano, la famigerata Bossi-Fini. Come calorosa è stata l'accoglienza riservata all'intervento pacifista di Gino Strada, il chirurgo fondatore di Emergency. Peccato che quando le guerre le ha fatte il centro-sinistra gran parte del popolo di sinistra abbia indossato l'elmetto. Ma forse dimentico che le guerre per la sinistra si chiamavano "operazioni umanitarie" fatte per il bene di chi veniva bombardato, affamato, reso profugo.

Vedremo nei prossimi mesi se la massa "critica" adunatasi di fronte al regista di Ecce Bombo sarà solo un trampolino di lancio per il "nuovo" Ulivo in salsa Cofferati o se tra le migliaia e migliaia di manifestanti del 14 settembre v'era anche chi, non dimentico del senso vero della giustizia, saprà essere ancora in piazza. A fianco dei migranti rinchiusi nei lager, per una vera dignità del lavoro, per una giustizia che per essere tale le galere le elimina e non le invoca.

Mortisia



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