unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 31 del 29 settembre 2002

La finanziaria della banda Tremonti
Sanità, scuola, salari sotto l'accetta

Quando i lettori di U.N. leggeranno queste righe, i contenuti della finanziaria 2003 saranno noti anche nei dettagli. Attualmente dobbiamo invece contentarci delle prime anticipazioni che arrivano soprattutto attraverso le colonne di Repubblica, che non perde occasione di mettere in croce il governo in nome del rigore europeista molto caro alla sinistra borghese liberal.

Che i conti pubblici vivano una fase delicata l'hanno ormai capito tutti, a partire dal Presidente Ciampi, che vede demolire giorno per giorno il fragile edificio dell'ingresso italiano nell'Uem, come dire l'obiettivo di una vita. Per la prima volta da sette anni a questa parte ha cessato di scendere il rapporto debito/pil e quindi è suonato l'allarme generale, come se Annibale fosse alle porte. A settembre di ogni anno il governo deve presentare la finanziaria e cercare una difficile mediazione tra le varie lobby che lo sostengono o che lo fronteggiano: impresa quanto mai ardua dopo che è passato poco più di un anno da una campagna elettorale in cui l'Unto del Signore aveva promesso una nuova stagione di miracoli, a costo zero e benefici enormi.

Un anno impegnato alacremente per mettere a posto gli affari di famiglia e aggiustare i processi degli amici, nonché i propri. Un anno teso a sfondare sui diritti sindacali, come art. 18 e mercato del lavoro, e ad estendere la base fiscale, con il rientro dei capitali ed il condono per le aziende che escono dal sommerso. Manovre riuscite in parte: di capitali ne sono rientrati tanti, ma sono poche centinaia (in tutta Italia) i lavoratori in nero regolarizzati; Cisl e Uil hanno alla fine firmato un patto che nessuno si ricorda già più, ma la curva del conflitto si è impennata e la stagione che si apre con l'autunno promette nuove scintille; quanto all'indignazione borghese e civile per la legge Cirami basta leggere le cronache quotidiane.

Il governo ha cercato di rilanciare il ciclo economico con la Tremonti-bis, ma il giochetto ha funzionato soltanto sulla parte immobiliare degli investimenti d'impresa. Il mondo degli affari è alla ricerca di sicurezza, di ancoraggio ai beni reali, e nessuno se la sente di rischiare in nuovi macchinari o nuove tecnologie per produrre beni di cui non si può prevedere la reale domanda negli anni futuri. Le previsioni sui tassi di crescita sono state ripetutamente riviste al ribasso da due anni a questa parte e alla fine anche il nostro governo ha dovuto abbassare dal 1,3% allo 0,6% la prospettiva di crescita per il 2002, e dal 3% al 2,3% la previsione per il 2003. La recessione mondiale sembra assai più grave del previsto e in Germania stanno già studiando con attenzione il modello giapponese, dove dopo 12 anni l'indice Nikkei vale il 25% di quanto valeva nel 1990 e la banca centrale sembra orientata a comprarsi le partecipazioni azionarie delle banche per non vederle fallire. Quanto agli Stati Uniti, la locomotiva del mondo, nessuno osa più prevedere alcunché, dopo che la manovra monetaria si è dimostrata inefficace, la politica fiscale espansiva porta ordini e commesse solo alla lobby militare, il disavanzo fiscale e commerciale avanza, la leadership politica è a livelli inqualificabili e il paese vive in uno stato di guerra permanente.

In un momento del genere il governo si è trovato davanti due problemi: rattoppare i conti pubblici per il 2002 e impostare la finanziaria del 2003.

Il decreto legge teso al primo obiettivo ha fatto imbestialire gli industriali: attenuazione della Dit e Superdit (la legge di Visco che detassava gli utili reinvestiti), abolizione con efficacia retroattiva del credito d'imposta per i nuovi assunti al Sud, scure sulle assicurazioni che potevano accantonare riserve a fondo rischi senza pagarci le tasse, normative più stringenti sulle svalutazioni di partecipazioni in caso di fusione tra società. Per la Confidustria si tratta di una mazzata da 3 miliardi di euro, un regalino che rischia di rovinare il feeling quasi perfetto che durava da almeno un anno e mezzo, da quando a Parma Berlusconi era stato investito per acclamazione dalla platea degli industriali per rompere le reni "alle forze della conservazione" e riportare in alto la competitività italica. Al momento di fare cassa, evidentemente, non si può fare molta distinzione tra amici e nemici e per ora Confindustria deve accontentarsi del promesso abbassamento al 34% dell'aliquota Irpeg e del ripristino da gennaio del credito d'imposta per le assunzioni.

L'impostazione della finanziaria non dovrebbe discostarsi molto dalle anticipazioni fatte sin da inizio settembre: una manovra da 22 miliardi di euro, metà dei quali provenienti da un condono molto "tombale" ed il resto da un mix di nuove entrate e tagli di spesa. Per i primo versante si prevedono privatizzazioni, cartolarizzazioni di immobili, cessione residua di Eni ed Enel e scudo fiscale in seconda versione; sul secondo versante si apre il vaso di Pandora. Infatti il governo si era tenuto nel vago, sul fronte dei risparmi di spesa, mentre adesso è evidente che si va ad un pesante attacco alle prestazioni sanitarie ed un forte intervento sui lavoratori del pubblico impiego, con in prima fila la scuola. Le prime stime parlano di 70.000 maestri, 20.000 bidelli e 45.000 mila insegnanti in meno nei prossimi anni, sotto l'etichetta "riforma dei cicli scolastici". Nella sanità si va verso la fissazione di un rapporto di 5 posti letto ospedalieri ogni 1000 abitanti, con la conseguente chiusure di tutte le strutture eccedenti. Le regioni dovranno vigilare direttamente sulle prescrizioni mediche e ridurre il loro deficit di almeno il 3%. Gli amministratori che sforano saranno cacciati. Le cifre stanziate per il rinnovo dei contratti pubblici non bastano neanche a coprire l'inflazione programmata. Gli enti locali vedranno ridursi i contributi statali e dovranno alzare le proprie addizionali per garantire livelli minimi di prestazione.

Diventa sempre più chiaro da dove arriveranno i 7 miliardi di euro che il governo intende risparmiare sul fronte della spesa.

Ma la situazione è così seria che potrebbero esserci anche delle sorprese. La previdenza è una mina vagante che il governo si era impegnato a non toccare almeno per quest'anno, in attesa di far passare le leggi delega e quindi prenderla alla lontana. In realtà non è escluso che si decida di fare qualche intervento subito, tanto per tastare il polso all'opposizione sociale anche su questo terreno.

Ci troviamo quindi di fronte ad una importante stagione di sfida. Il contenzioso accumulato è già imponente, ma il governo è costretto, dall'involuzione del ciclo economico, ad alzare la posta.

La fase che si apre permetterà in ogni modo di compiere alcune prime verifiche:

sulla saldezza del governo nell'andare a toccare interessi costituiti che hanno trovato ampio spazio dentro il perimetro della coalizione, dal pubblico impiego alla Confindustria;

sulla determinazione della Cgil nel mantenere un atteggiamento conflittuale non solo contro il governo, ma anche contro le altre sigle e comunque dentro il sistema di regole che governano (o governavano) il patto sociale post-1993 (piattaforme di organizzazione, elezioni non unitarie delle Rsu, mancata firma degli accordi di ristrutturazione);

sulla tenuta di Cisl e Uil di fronte alla propria base sociale, investita in ogni caso dalla razionalizzazione della spesa, a prescindere dai patti fantasma firmati dai propri dirigenti;

sulla capacità dell'opposizione sociale e del sindacalismo di base nel tenere testa a questi cambiamenti di scenario e soprattutto al "ritorno" della Cgil come principale motore del conflitto.

Si tratta di compiere, tanto per cambiare, uno straordinario sforzo politico e organizzativo per rendere efficace la pressione delle lotte, rischiando come sempre di correre per gli altri e raccogliere pochissimi frutti del proprio lavoro. L'esperienza dimostra però che soltanto una situazione viva porta energie nuove, risorse, idee, strumenti e insegnamenti per il futuro. E allora "andiamo alla pugna con ardore". Abbiamo altra scelta?

Renato Strumia



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org