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Da "Umanità Nova" n. 31 del 29 settembre 2002

Letture
"La città degli unici. Individualismo, nichilismo, anomia"

Enrico Ferri, La città degli unici. Individualismo, nichilismo, anomia. Torino, Giappichelli (Multiversum), 2001


Tra i testi "classici" della tradizione del pensiero filosofico contemporaneo, L'Unico e la sua proprietà di Max Stirner viene a trovarsi in una condizione paradossale. La sua valenza di testo politico gli dona da sempre lettura e diffusione notevole negli ambiti più disparati, mentre l'insegnamento e la ricerca accademica - attenti talvolta a vere e proprie cineserie e/o ad autori che l'argomentazione filosofica in senso forte non sanno nemmeno dove sia di casa - si può dire che lo ignori pressoché completamente. Eppure i manuali di Storia della Filosofia citano unanimemente questo testo come un momento fondamentale della riflessione sui fondamenti dell'agire sociale portata avanti dalla cosiddetta "sinistra hegeliana".

Il motivo di questa esclusione/rimozione è in realtà facilmente comprensibile, purché si tenga conto della preminenza quasi assoluta, nella cultura contemporanea, della critica romantica del moderno. La società moderna, secondo questa diffusissima visione, sarebbe caratterizzata da valori puramente materiali quali la produzione, la tecnica, il profitto, la merce, ecc.: tale situazione precipiterebbe l'uomo in una condizione di alienazione, di perdita della sua essenza specificamente umana, di incapacità a riconoscere il vero senso della vita. Questa visione della modernità nasce per l'appunto nel movimento romantico,[1] ma si è rapidamente diffusa ed ha trovato una assai vasta rispondenza nella cultura contemporanea. Per parafrasare una nota canzone di Jovanotti, va dalle encicliche di Giovanni Paolo II ai marxisti più o meno ortodossi, dalla New Age al cosiddetto fondamentalismo religioso, dagli ambienti della destra estrema ai sedicenti rappresentanti delle "moltitudini"...

Tenendo presente una tale condizione, è comprensibile come qualunque voce che si ponga fuori del coro sia guardata con sospetto e sottoposta a meccanismi di esclusione/rimozione. Max Stirner, in effetti, sostiene la tesi esattamente contraria a quella appena esposta: a suo giudizio, lungi dall'essere dominata da valori puramente materiali, la società contemporanea è totalmente ideologizzata e sacralizzata. Secondo l'autore de L'Unico e la sua proprietà, infatti, noi non ci troviamo immersi nel regno dei valori materiali bensì in quello degli "spiriti", dei "fantasmi", delle "idee fisse". E, se ciò non bastasse, la tesi stirneriana ha come corollario diretto l'idea che i critici romantici del moderno non sono nemmeno dei critici ma, al contrario, gli ideologi (paradossalmente, nel senso marxiano del termine) maggiormente autentici della società contemporanea.

Un lavoro come quello di Enrico Ferri, perciò, non può che essere salutato con favore. Si tratta di un testo estremamente interessante, che compie - e molto bene - l'operazione di reinserimento dell'opera stirneriana all'interno della tradizione filosofica dell'Occidente, relativizzando e talvolta negando, con dovizia d'argomentazione, delle generiche affinità formali (Nietzsche, l'Esistenzialismo) che sono state tipiche delle poche letture operate nel passato. Chi scrive non condivide fino in fondo alcune impostazioni dell'opera - in modo particolare le distanze forti che egli legge tra l'"individualismo" stirneriano e l'anarchismo comunista "classico". [2] Ciononostante, ritiene questo libro il miglior lavoro finora compiuto sull'"individualismo" stirneriano, sul senso e la portata della riflessione stirneriana, sulle sue origini concettuali e sulle influenze tramandate al pensiero otto/novecentesco, sulle letture e sugli stravolgimenti che una tale opera ha ricevuto, a partire dall'atto stesso della sua pubblicazione. Un lavoro, insomma, che merita la più ampia circolazione, sia nell'ambito del pensiero libertario, sia in quello degli studi filosofici strictu sensu.

Shevek dell'O.AC.N./F.A.I.


Note

[1] Si faccia riferimento in particolare alle idee espresse da Coleridge, Ruskin, Southey, Ticknor e Stendhal. Sull'enorme influenza dell'economia politica classica nei confronti della riflessione romantica cfr. RANCHETTI, Fabio, La formazione della scienza economica, Torino, Loescher, 1977, pp. 13/14.

[2] Riteniamo, in particolare, che egli sottovaluti il senso, la portata e soprattutto le conseguenze logiche e pragmatiche del concetto stirneriano di "Unione degli Egoisti" relativamente ad un giudizio di valore sui rapporti con il successivo comunismo anarchico.



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