|
Da "Umanità Nova" n. 32 del 6 ottobre 2002
Volgari e forcaioli
41 bis, Bossi-Fini, becero razzismo
Non siamo certo noi anarchici a coltivare il mito della sacralità del
potere. E neppure crediamo che le istituzioni statali abbiano tale
dignità da richiederne altrettanta in chi le rappresenta. Abituati a
"vilipenderle", nelle parole e nei fatti, non ci scandalizziamo se, sempre
più ricorrentemente, molti dei più autorevoli esponenti del
sistema ambiscono agli stessi risultati, allorché si lasciano andare a
dichiarazioni o comportamenti incompatibili con il ruolo che dicono di
rappresentare.
Riteniamo, quindi, di non doverci indignare più di tanto per le
"sparate" di dubbio gusto e di pessima qualità che ministri e similari
si riversano addosso giorno dopo giorno. Se Castelli blatera su mestatori nel
torbido di carceri a quattro stelle, se Bossi sproloquia su vescovoni e
crocefissi, se Mancuso descrive l'ex ministro della difesa Previti come il
più pericoloso dei malavitosi, se Buttiglione dà dell'imbroglione
a Tremonti e ne viene abbondantemente ricambiato, se il premier manda
platealmente a fan..., in pieno parlamento, Oscar Luigi Scalfaro, in fin dei
conti tutto questo rientra nel gioco delle parti. Un gioco condotto con minor
dignità e senso della misura che in passato, ma non per questo meno
consueto e funzionale alla cosiddetta "dialettica parlamentare". Se andassimo
ad osservare, con il distaccato sguardo dell'antropologo, questo sconcio
spettacolo delle miserie della classe politica, questo reciproco volgare
sbeffeggiarsi, questo begare come oche nel cortile per razzolare qualche oncia
di pastone in più, tutto questo potrebbe addirittura diventare
istruttivo.
Meno distaccato, però, diventa il nostro sguardo, quando questa miseria
morale, priva di ogni umana decenza, lascia presagire strette repressive
destinate a ricadere non solo sulle teste degli involontari destinatari ma
anche sulle nostre esistenze.
A un giornalista de L'Unità che lamentava il recente spettacolo
del recupero dei cadaveri degli emigranti tunisini per mezzo di pedalò,
il capo del Governo Silvio Berlusconi, sfoggiando, immaginiamo, il migliore dei
suoi sorrisi, ha testualmente risposto: "Per raccogliere i cadaveri vanno bene
anche i pedalò, non mi pare che nessuno di loro si sia lamentato. Forse
avreste preferito che raccogliessimo i corpi con delle grosse navi?".
Qualcuno potrebbe pensare che Berlusconi, inguaribile e vanesio piacione, abbia
semplicemente voluto fare una delle sue squallide battute, convinto magari di
raccogliere qualche sorriso. Non lo crediamo, ma quand'anche fosse, nulla
toglie allo squallore. Anzi, ce ne aggiunge! Battuta che fosse, infatti, o
voluta offensività, nelle parole del premier si può leggere,
tutto intero, quel profondo, innato, connaturato, insopprimibile disprezzo che
lui, e purtroppo milioni di altri italiani come lui, nutrono nei confronti di
tutti coloro che vivono in condizioni di vera o presunta inferiorità.
Disprezzo che nasce non solo dalla paura del diverso, ma soprattutto da una
ignoranza di massa che decenni di scolarizzazione non sono riusciti ad
estirpare, e che fa sì che non si riesca, "geneticamente", a comprendere
le ragioni altrui.
Il problema, allora, è che questo disprezzo, abilmente coltivato,
diventa funzionale alle strategie del potere. Accompagnato ad un'astiosa
diffidenza, infatti, crea e riproduce una totale identificazione, su questi
temi, fra larghi strati della popolazione e la classe politica e questa
identificazione soccorre e rende più forte l'esecutivo. In un momento
come questo, nel quale il governo affronta le prime, vere, difficoltà
politiche e sociali (politica dei sacrifici, conti sbagliati, calo del
consenso, tensioni internazionali, incrinatura con i grandi gruppi economici,
processi milanesi e legge Cirami, contrasti interni, ecc. ecc.), anche la
meschinità qualunquista e forcaiola dei governanti, incessantemente
proposta, serve a ripristinare una fattiva identità di vedute fra
elettori ed eletti. Identità di vedute e poi unità di intenti
che, poggiandosi su un irrazionale processo di autoassoluzione per le proprie
mancanze (vissute come più veniali rispetto a quelle dell'altro), si
concretizza nella "razionale" volontà di reprimere tutti quei
comportamenti, anche se affatto criminali, che non coincidono con quelli propri
della nostra "civiltà". Forcaiolismo, razzismo più o meno
sottile, rancorosità repressa, spirito di vendetta, presunzione di
sé: un cocktail di nobili sentimenti di cui gli uomini di governo
fanno giornalmente man bassa, ingozzandosene come animali.
È questo mix di razionalità e irrazionalità che
contribuisce a militarizzare la nostra società. Una società che
produce una legge come la Bossi-Turco-Napolitano-Fini, che da un lato va
incontro alle inderogabili esigenze di una economia affamata di lavoro nero,
precario e a bassissimo costo, e dall'altro solletica le paure di una
componente quasi maggioritaria della nostra società; che estende
l'incivile e vendicativo articolo 41 bis del regolamento carcerario oggi anche
a politici e scafisti, domani chissà a chi altri; che blinda le
città per impedire qualsiasi forma di dissenso; che cerca di contenere
la fuga dalla miseria di milioni di diseredati con le cannoniere della marina e
i centri di detenzione preventiva. Che rispetto alle contraddizioni di un
pianeta globale attraversato da sperequazioni insopportabili, chiude gli occhi
di fronte alle evidenze dell'ingiustizia, si rimbocca le maniche, indossa la
mimetica e mette mano alla fondina.
E che ogni tanto si permette anche di fare delle battute.
Di merda!
Massimo Ortalli
| |