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Da "Umanità Nova" n. 32 del 6 ottobre 2002
Passata in Senato la delega al Governo su occupazione e mercato del lavoro
Il "Libro Bianco" di Maroni è legge
Mentre i girotondini assediavano il palazzo e il cinese tornava ad
essere un semplice dipendente Pirelli (dopo oltre 25 anni di distacco
sindacale) nonché presidente della fondazione Di Vittorio, il Senato
della Repubblica, in data 25 settembre 2002, approvava il disegno di legge n.
848, recante "Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro".
Il testo si compone di sette articoli e purtroppo non ha
meritato la diretta Rai come il dibattito sul legittimo sospetto, perché
su di esso non si sono accapigliati i nostri parlamentari e nessuno a
sbandierato la bandiera della democrazia in pericolo. Lo stralcio da questo
testo della parte sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ha fatto cadere il
silenzio sulle radicali modifiche del mondo del lavoro che in esso sono
contenute.
Va ricordato in primo luogo che siamo in presenza di una legge delega: il
parlamento stabilisce solo delle linee guida e toccherà al governo
riempirle di contenuto con un decreto legislativo. Questo governo fa ampio uso
di questo meccanismo di produzione normativa, che consente all'esecutivo di
avere quasi mano libera nel ridisegno del settore oggetto della legge delega di
turno.
In secondo luogo, il disegno di legge n. 848 si muove su un paio di linee
guida. La forma del rapporto di lavoro (subordinato, collaborazione coordinata
e continuativa, socio lavoratore) può essere la più diversa.
Davvero "la fantasia è al potere": contratti a contenuto formativo e di
tirocinio (art. 2); lavoro a tempo parziale (art. 3); lavoro a chiamata,
temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni
ripartite (art. 4). Accanto a questo, un meccanismo di "certificazione dei
rapporti di lavoro" (art. 5): viene previsto (anche per il lavoro in
cooperativa), la possibilità di certificare all'inizio del rapporto di
lavoro, la natura dello stesso e di poter quindi ricorrere in giudizio solo se
c'è stata difformità tra quanto concordato e le modalità
effettive di svolgimento del rapporto: ma in questo caso il giudice
dovrà accertare anche le dichiarazioni rese e il comportamento tenuto al
momento della certificazione. Di fatto, quindi, a meno che il lavoratore non
dimostri di essere stato incapace di intendere o di volere al momento della
stipula del contratto o di essere stato tratto in errore o minacciato, si
terrà la forma contrattuale che avrà "firmato".
Infatti tutto il disegno di legge n. 848 ruota attorno alla
"volontarietà". I lavoratori sono "liberi" di stabilire con il datore di
lavoro le più fantasiose forme di modalità della prestazione
lavorativa e di farsele pure "certificare" da apposito organo. Chi avrà
scelto il lavoro part-time, sarà libero di svolgere tutto il "lavoro
supplementare" (oltre l'orario concordato del part-time) che vorrà (art.
3, lett. a) o di scegliere "forme elastiche e flessibili di lavoro" (art. 3,
lett. b), in mancanza di contratti collettivi che regolino la materia. Al tempo
stesso, i disoccupati con meno di 25 anni e quelli con più di 45 anni
espulsi dal ciclo produttivo per le ricorrenti ristrutturazioni, potranno
rendersi "disponibili" a prestazioni "discontinue o intermittenti".
Veniamo quindi all'art. 1 del nostro disegno di legge n. 848. Leggendolo, per
chi ha un minimo di dimestichezza con il diritto del lavoro, si rasenta la
vertigine. In poche righe: 1) si consente a qualsiasi ente, associazione,
società, di occuparsi di collocamento e "fornitura di manodopera": basta
essere certificati; allo stato restano la gestione della fase del tentativo di
conciliazione prima della causa di lavoro (art. 410 del codice di procedura
civile), le competenze degli ispettorati del lavoro (sorveglianza) e il
controllo dei flussi dei lavoratori extracomunitari; 2) si abroga la legge
sull'intermediazione di manodopera (la legge contro i caporali, la n. 1369/60)
e la si sostituisce con norme tutte da scrivere, ma che devono rispettare la
totale libertà del nuovo mercato del lavoro; 3) si riforma l'art. 2112
codice civile che regola le cessioni di ramo d'azienda, abrogando il requisito
della preesistenza dell'autonomia funzionale del ramo cedendo, introdotta con
la L. 18/2001; per evitare che fossero ceduti solo gruppi di lavoratori, il
governo dell'Ulivo aveva (bontà sua) recepito l'insegnamento della
Cassazione che pretendeva che il ramo d'azienda da cedere avesse invece una sua
consistenza (attrezzature, avviamento, ecc.) già prima della cessione:
in futuro le aziende potranno creare "rami d'azienda" ad hoc con pacchetti di
lavoratori da cedere a società con le quali stipuleranno contratti di
appalto di... "manodopera". Magari queste società applicheranno
contratti collettivi diversi, magari dovranno comprimere il più
possibile i costi, magari saranno dopo poco tempo in difficoltà e
ricorreranno alla cassa integrazione e alla mobilità: così altre
imprese potranno utilizzare questi lavoratori in mobilità per
prestazioni "discontinue o intermittenti" (art. 4) nella stessa azienda, dopo
che sarà stato stipulato un contratto debitamente certificato (art 5),
grazie a un "fornitore di manodopera" (art. 1) che potrà essere
qualsiasi società, ente, associazione o "compagnia delle opere":
naturalmente... certificato!
Simone Bisacca
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