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Da "Umanità Nova" n. 33 del 13 ottobre 2002

Abbasso gli alpini, abbasso gli eserciti, abbasso le guerre!
Siamo tutti disertori

Qualche tempo prima che si svolgesse il G8, Genova ospitò l'annuale Festa Nazionale degli Alpini: ogni anno questa ricorrenza nazionalpatriottica si svolge in diverse realtà cittadine, mediamente grandi, al duplice fine di consentire a tutti coloro che hanno prestato servizio militare nelle "penne nere" di festeggiare, con fiumi di vino, un anno buttato al servizio della patria e, secondariamente (ma altrettanto importante), di veicolare in forma festaiola e godereccia alcuni temi reazionari: Dio, Patria e Famiglia. La triplice dicitura, infatti, apre da sempre lo striscione di apertura del corteo alpino che passa, casereccio e solenne, sotto il palco delle autorità costituite.

Ma chi è che non vuole bene, nel suolo italico, al corpo degli alpini? Vestono alla montanara, con le camice a scacchi, sono degli ottimi bevitori nonché buoni cantanti, sono dei compagnoni, invadono democraticamente le città senza contestare alcuno, pisciano ovunque, ma la loro piscia è patriottica, non come quella fetida ed antisociale dei punkabbestia, e poi regolarmente la fanno a casa, spargono lattine e bottiglie di vetro, ma è un caos regolamentato, ben accetto, non hanno zone di interdizione; importunano qualche ragazza, ma con quale spirito d'arma e d'amore! Genova, come tutte le città, li ha accolti come figli propri: i negozianti facevano a gara nell'attaccare stendardi ed adesivi: "W GLI ALPINI" ed i giornali si prodigavano in articoli a piena pagina che ci ricordavano le loro "gloriose" imprese combattentistiche. Anche sul quotidiano pacifista "Liberazione" sono apparsi articoli di elogio al corpo militare più amato dagli italiani/e, quasi come se questo strumento bellico fosse altro dal contesto, ovvero l'esercito italiano - NATO, ONU, entro il quale si inserisce e si trova ad operare.

E poi di colpo, quasi per "magia", grazie ad un ministro guerrafondaio, si scopre (qualcuno di noi lo sapeva già da un pezzo), che gli alpini sono a tutti gli effetti un corpo militare, che vestono delle divise, che sono gerarchicamente ordinati, che servono uno stato, quello italiano, attualmente in guerra, che impugnano armi non giocattolo e via dicendo. A differenza di un tempo, poi, in cui gli alpini vennero chiamati nelle peggiori imprese coloniali e belliche - dall'Etiopia alla campagna di Russia - e servirono, per lo più, da carne da macello al servizio di governanti tanto scaltri quanto criminali, ora sono tutti volontari, e cioè hanno scelto non solo materialmente (per la "paghetta") ma anche ideologicamente, di servire la causa bellica. Quale stupore per molti e quanta ovvietà, invece, per noi.

Le sturmtruppen italiane entrano quindi in azione in un terreno di guerra che aveva già avuto l'appoggio ed il consenso del parlamento e del maggiore partito del raggruppamento della sinistra, ovvero i DS (compresa la sua "sinistra" interna). Coerentemente, i post-democristani ulivisti hanno votato a favore dell'invio degli alpini ed incoerentemente (fortuna ahimé effimera) i diessini hanno votato contro: ben presto torneranno ad inquadrarsi nel più becero imperialismo guerrafondaio. Più che l'Ulivo, natura morta anti-berlusconiana, ciò che è defunto veramente è il più grande erede della storia togliattiana di questo paese, il PCI, ed il cadavere si chiama il Partito dei Democratici di Sinistra. La consunzione dei diessini è maturata in tempi ormai remoti quando, dopo aver comunicato per decreto il fallimento del socialismo (del loro socialismo non abbiamo alcun rimpianto), hanno fatto ingoiare, nel giro di tre anni, ai loro militanti ed elettori due guerre, di cui una diretta da loro, ed una serie di missioni che definire umanitarie sarebbe farlo in spregio alla stessa nozione di umanità.

Per conto nostro, ci tocca rammentare quello che già i nostri trisavoli anarchici sostennero, senza alcun indugio, in epoche passate: Abbasso gli alpini, abbasso gli eserciti, abbasso le guerre!

Pietro Stara

 



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