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Da "Umanità Nova" n. 34 del 20 ottobre 2002

Sciopero generale
Questo ottobre sia il nostro maggio

Lo riuscita, la radicalità, la chiarezza dei contenuti dello sciopero generale del 18 ottobre sono il banco di prova della tenuta e della capacità di sviluppo dell'opposizione sociale nel suo complesso. Questo fatto è assolutamente evidente.

Il governo ed il padronato hanno, in un certo senso, evocato questo sciopero con un'attitudine arrogante e con l'esibizione del convincimento che il movimento dei lavoratori fosse una realtà irrilevante.

Si tratta, quindi, in primo luogo di ricacciare loro in gola le dichiarazioni delle ultime settimane e questo si fa non con altre parole ma con l'azione.

Nel campo sindacale la situazione è certamente complicata. CISL e UIL hanno deciso di scommettere sulla tenuta del governo e sulla passività della maggior parte dei lavoratori. Una scommessa azzardata ma non irragionevole. Come è noto, i movimenti passano e le istituzioni reggono, questo insegna l'antica sapienza del potere.

Per fortuna sappiamo che non è sempre vero o, meglio, che la verità di questo convincimento si basa sull'atomizzazione e sulla subalternità dei subalterni. Quando lo scontro sociale cresce di intensità, quando la società civile proletaria si ricompone grazie a reti di solidarietà, confronto, individuazione di assi di lotta, la scienza politica fa cilecca.

Su questa possibilità, come sempre, scommettiamo.

D'altro canto, lo scontro interno ai sindacati di stato, la discesa in campo della CGIL, il rinnovellato mito di una FIOM classista e combattiva rischiano di incanalare il movimento di opposizione nella direzione del rinverginamento della sinistra statalista. Questo rischio non ci spaventa né ci scandalizza una CGIL che utilizza il movimento per rientrare alla grande nella concertazione. Lasciamo ad altri, a chi si lascia chiudere nella dialettica fottuti - fottenti e si compiace nel ruolo del fottuto, il dubbia piacere di "denunciare" il "tradimento" annunciato della CGIL.

Momenti come questo richiedono, e non è sempre facile, lucidità e determinazione.

Vi sono questioni precise che lo sciopero porta alla ribalta: la guerra, il salario, le libertà sociali, l'unità fra lavoratori al di là delle categorie, delle nazionalità, della collocazione giuridica.

Se dovessimo riassumere quello che lo sciopero rende evidente potremmo dire che si tratta della centralità della questione sociale. E su questa evidenza vi sarà molto da lavorare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Cosimo Scarinzi

 



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