Da "Umanità Nova" n. 34 del 20 ottobre 2002
Business is war-business
A chi serve la guerra?
Sommersi ormai da uno scenario internazionale che ha assunto in modo sempre
più evidente le caratteristiche di un campo globale di battaglia,
leggendo e ascoltando la cosiddetta informazione ufficiale si ha l'impressione
che le strategie imperialiste e le scelte belliciste siano conseguenza delle
decisioni scellerate del petroliere-cow boy divenuto presidente degli Stati
Uniti, e dei suoi alleati, facendo tutt'al più intravedere gli interessi
economici legati al petrolio o riesumando i mitici complotti delle lobby
ebraiche; in realtà dietro gli Stranamore di turno vi è una
molteplicità e una complessità di interessi capitalistici che
invocano la guerra come linfa vitale.
Non abbiamo infatti di fronte un mitico Impero, così come non è
la sete di dominio degli Stati Uniti a determinare sfruttamento e guerre, ma al
contrario è ancora l'economia capitalista a dettare una politica estera
sempre più aggressiva e più armata, funzionale anche al
rafforzamento dell'apparato statale.
Basti pensare alla notizia dell'industria militare Usa che da mesi sta
producendo a pieno regime o prendere in considerazione l'annunciato fantastico
business per la ricostruzione dell'Iraq "liberato" dal regime di Saddam Hussein
dopo le previste e ulteriori distruzioni belliche compiute in nome della
democrazia; si parla infatti apertamente di un imponente "Piano Marshall", con
grandi occasioni per i gruppi economici legati ai "liberatori", comprese le
imprese italiane che puntualmente, dopo aver fatto aurei affari post-bellici in
Libano, Somalia, Kuwait e Jugoslavia, stanno arrivando pure in Afganistan
assieme alle "nostre" balde truppe.
Non si tratta, sia chiaro, di analisi tendenziose dei soliti antimilitaristi,
ma di questioni di cui sui giornali d'informazione economica si riferisce
normalmente senza certo problemi di carattere morale, anche se
l'ex-ambasciatore Sergio Romano fa finta di non saperlo escludendo che la
politica Usa sia "dettata da meschine considerazioni economiche".
Utilizzando varie fonti, vale la pena tentare di offrire uno spaccato del
complesso di interessi che impongono lo stato di guerra permanente e ispirano
le politiche interventiste dei governi.
La terminologia talvolta può apparire troppo tecnica; ma non si
può credere di poter arrestare una guerra, senza avere presente cosa ne
mette in moto i meccanismi di morte e senza riuscire a sabotare gli interessi
che ne sono l'anima.
Le premesse della guerra totale
Ben prima dell'11 settembre, nel febbraio 2001, il responsabile
dell'Intelligence americana per i programmi strategici e nucleari Robert
Walpole dichiarava a Washington: "Noi pensiamo che, nei prossimi anni, il
territorio degli Stati Uniti potrebbe subire un'aggressione con armi di
distruzione di massa, forse più attraverso l'impiego di sistemi non
missilistici (più probabilmente per mano di entità non statali)
che attraverso i missili, innanzitutto perché i primi sono meno costosi
e più affidabili ed accurati. Possono anche essere usati senza una
chiara attribuzione di responsabilità".
Veniva quindi annunciato l'inizio di una nuova fase in cui, dopo la fine
dell'Impero del Male sovietico il terrorismo sarebbe stato il nuovo nemico da
battere.
Contro una simile indeterminata minaccia veniva fatto capire che nessuno scudo
stellare era in grado di garantire la sicurezza del popolo americano, mentre
venivano incrementate le spese militari, tanto che neanche ai tempi di Reagan
la congiuntura dell'industria della difesa americana appariva così
positiva come sotto Bush Jr.
A beneficiarne sono soprattutto i "magnifici cinque" gruppi industriali quali:
Boeing, Lockheed-Martin, Raytheon, Nortrop Grumman e General Dynamics.
In Italia invece il campo della ricerca industriale nazionale sta cercando di
adeguarsi alla filosofia del programma ETAP (European Technology Acquisition
Programme) prevista nell'ambito della cooperazione militare fra Francia,
Germania, Svezia e Gran Bretagna, basata sulla definizione del requisito
finalizzato all'obiettivo (colpire un target a distanza con una determinata
condizione ambientale, distanza e precisione).
Questo sistema non finalizzato allo specifico mezzo, permette l'uso di
tecnologie commerciali e civili con benefici economici e operativi.
Sono interessati vari campi tra i quali quelli riguardanti tecnologie radar,
nuovi materiali e strutture, tecnologie elettro-ottiche e spaziali,
nonché quello dei propulsori, ecc.
Per quanto riguarda i programmi internazionali è importante il dettaglio
degli accordi tra le nazioni per il coordinamento, basato sul concetto di
economicità e interdipendenza e non su quello della sovrapposizione.
Questo significa che chi è disposto a spendere nella ricerca riceve
parte del lavoro relativo allo sviluppo e alla produzione. Gli altri producono
puro lavoro senza condividere la tecnologia, si sta cioè costruendo in
Europa, un circolo di nazioni che contano e decidono.
L'Italia dovrebbe arrivare a spendere circa 500-600 miliardi di vecchie lire
all'anno per restare insieme alla Francia, Gran Bretagna e Germania; anche per
questo il governo Berlusconi appare interessato ad intese privilegiate con gli
Usa piuttosto che ad entrare in concorrenza.
Le industrie nazionali per l'aerospazio e la difesa costituiscono l'1% , pari a
14.000 miliardi di lire, del complesso della produzione industriale nazionale.
Ha un totale di 48.000 mila addetti pari allo 0,5 nazionale e concorre per un
saldo commerciale del 18%. Il comparto italiano è il 4deg. in Europa con
un valore della produzione pari a circa l'8% dell'industria europea del
settore.
I mercati nazionali europei, con la razionalizzazione e l'integrazione delle
maggiori imprese, appaiono peraltro in grado di competere con le corrispondenti
società americane. Esempi sono: nell'elicotteristica con
l'Agusta-Westland, nell'elettronica per la difesa con l'Alenia Marconi System,
nella missilistica con la Matra-Bae-Dasa-Alenia, e in campo aeronautico con la
joint-venture fra Finmeccanica-Alenia e EADS.
Questo non prescinde dalle politiche pubbliche che finanziano le spese di
ricerca e sviluppo, che ricadono nel bilancio del Ministero della Difesa e
delle Attività Produttive, e dall'adeguamento delle legislazioni e
regolamenti nazionali in standard europei. I paesi europei considerano le loro
industrie come asse strategico per la sicurezza, per l'economia e come supporto
di credibilità in politica estera. In Francia e in Gran Bretagna questi
stanziamenti sono considerati "investimenti strategici", ottimizzando gli
investimenti su pochi e grandi programmi indirizzati su consistenti
capi-commessa nazionali che trascinano l'indotto specializzato.
In Italia, dal 1995 il bilancio per le spese militari ha avuto in media una
crescita del 2% annuo, per raggiungere a livello previsionale 8.000 miliardi di
lire.
IL SETTORE AERONAUTICO
Il settore aeronautico rappresenta il core business di riferimento per
dimensioni in termini di offerta (industriale e servizi), sia per le ricadute
tecnologiche anche in campo duale, sia per l'impegno dei maggiori governi a
promuovere la competitività.
La ripartizione fra mercato militare (60%) e mercato civile (40%) indicano una
inversione verso la domanda di velivoli civili (33.000 unità pari a 1600
miliardi di dollari) rispetto a quelli militari (16.000 unità pari oltre
8.000 miliardi di dollari) nei prossimi due decenni.
La spesa istituzionale per gli investimenti in campo militare rimane stabile e
permette di proseguire le collaborazioni europee (Eurofighter), mentre gli USA
sono già nella fase matura dello sviluppo dei programmi di nuova
generazione.
Il settore aeronautico ha in termini di fatturato la quota maggiore dell'intera
industria aerospaziale (60% nei sistemi e cellule, 70% tra i segmenti di
prodotto oltre a missili e motori) e in linea con i principali costruttori
europei.
Le principali aziende italiane coinvolte sono la Finmeccanica, l'Alenia
Aeronautica, l'Aermacchi, la Piaggio Aero Industries, le Officine Aeronavali,
l'Agusta.
ALTRI SETTORI DELLA PRODUZIONE MILITARE
Nei settori navale e terrestre troviamo in particolare: la Fincantieri (Riva
Trigoso e Muggiano), la Intermarine, il gruppo Finmeccanica con la Otobreda e
le Officine Galileo, la IVECO del gruppo Fiat, il consorzio Iveco-Oto.
Nel settore motoristico l'Italia si presenta con un alto livello di
competitività sul mercato civile e militare attraverso il Polo
Motoristico Nazionale nato dall'integrazione di Alfa Romeo Avio in FiatAvio.
Nel suo centro di coordinazione di tutte le attività di revisione e
servizi ai sistemi propulsivi per motori aeronautici militari ha come clienti
Aeronautica e Marina Militare, Esercito Italiano, Polizia di Stato, Arma dei
Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Guardia Costiera.
Collabora con Itec/Honeywell per il motore dell'Aermacchi 346, con Lockheed
Martin e Alison per creare un centro autorizzato di manutenzione per il
velivolo C130J, con l'Aeronautica Tailandese, la Marina Greca, la Marina
Venezuelana, la Marina Australiana. Ha aggiornato la produzione degli
autopiloti dei sottomarini U212A delle Marine Tedesca e Italiana. Per gli
elicotteri collabora con i grandi motoristi General Electric e Prat &
Whitney Canada, costruisce motori per la Marina Canadese e la Polizia
Giapponese.
La Piaggio Aero Industries da parte sua ha concluso un accordo con il Consorzio
Light Helicopter Turbine Engine Company, partecipato da Rolls Royce e
Honeywell.
Il settore elettronico è uno dei più attrattivi con l'Elettronica
per la Difesa per la crescente importanza assunta dall'avionica di bordo dei
moderni aeroplani, molti dei sistemi avionici per il combattimento sono
condizionati nell'assolvimento della missione secondo un fattore moltiplicativo
che esalta le capacità di sopravvivenza in ambienti letali degli scenari
di combattimento moderno. Negli aerei militari la pervasività
dell'elettronica supera il 30% del totale.
Si ritiene necessario per le aviazioni europee di colmare il divario operativo
e tecnologico con le Forze armate USA, requisito per le cooperazioni fra le
Aeronautiche alleate della NATO negli scenari di peace enforcing.
I sistemi C4ISR (Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer, Intelligenze,
Sorveglianza e Riconoscimento) sono gli strumenti più importanti per
sostenere gli obiettivi di sicurezza e difesa NATO, della UE e delle singole
nazioni. È una priorità della Defence Capability Initiative e
negli impegni ratificati ad Helsinki per la Forza Integrata Europea di Reazione
Rapida. Questi sistemi sono menzionati fra quelli di assoluta priorità
nel Nuovo Modello di Difesa.
Per quanto riguarda il settore della sicurezza informatica e delle
comunicazioni, vanno citati i sistemi avionici CNI (Comunicazione, Navigazione
ed Identificazione) e i programmi internazionali: EFA, NH190, AWACS,
industrializzazione terminali con Francia, Germania; Italia e Spagna.
Resta confermata la leadership di Alenia Marconi Systems in importanti settori,
confermata anche per sistemi basati a terra per il controllo aereo dello spazio
e per sistemi imbarcati. La NATO ha lanciato il programma ACCS per un valore di
oltre 1000 miliardi di dollari per la realizzazione di nuovi centri e
l'ammodernamento dell'intero sistema di difesa aerea dell'Europa. che vede il
ruolo di primo piano affidato all'Alenia Marconi System.
Il settore della guerra elettronica è uno di quelli a cui viene
riconosciuta all'Italia una posizione internazionale eminente. Sostenuta per il
comprovato "Force Multiplier" in tutte le operazioni militari più
recenti. Anche in tempo di pace viene sostenuta la necessità di raccolta
informativa con mezzi elettronici.
Viene rappresentata dalla Società Elettronica, con Alenia Difesa e
Marconi Mobile per le tecnologie di punta per la guerra elettronica come: ESM
piattaforme aeronautiche, ECM a stato solido, tecnica di contromisure attive
Cross-Eye.
Per i collegamenti extraeuropei, l'industria nazionale di guerra elettronica ha
importanti rapporti con realtà industriali statunitensi, mirate ad
esempio all'Information Warfare.
Nel settore accessoristico si stanno creando gruppi integrati di
equipaggiamento: la Microtecnica è legata, in Europa, con RATIER - F.
NORD MICRO - D. FHL e MARST ON - UK. Produce impianti di azionamento e
attuatori per ipersostentatori di velivoli commerciali, valvole pneumatiche,
impianti di raffreddamento, Iron Bird per i sistemi di bordo.
Nel settore missilistico nell'ultimo biennio si è rafforzata
l'attività relativa ai sistemi missilistici - missili e componenti
elettronici - nell'ambito italiano e inglese della società Alenia
Marconi Systems. Italiano è il business relativo alla missilistica aerea
e antiaerea, antinave ed elettronica dei missili grazie a importanti contratti
multinazionali.
Nel settore spaziale l'investimento pubblico sia civile sia militare è
consolidato sui 35 miliardi di dollari (oltre il 40% correlato alla domanda
militare) La quota preminente è determinata dalle agenzie statunitensi,
mentre l'incidenza degli europei è principalmente nell'area civile.
Nel settore invece della logistica, è invece notizia recente che
attraverso una nuova joint venture tra Fata Group e Zust Ambrosetti verranno
forniti servizi ad alto contenuto strategico alle aziende italiane che operano
nel settore della Difesa, oltre che ai corpi armati dello Stato.
Business is war-business.
Uncle Fester
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