Da "Umanità Nova" n. 34 del 20 ottobre 2002
Robe da matti
Verso la riapertura dei manicomi
"O come è difficile restare calmi e indifferenti quando tutti attorno
fanno rumore" (F. Battiato - Bandiera bianca)
Quello che stupisce nella attuale maggioranza di governo è la
capacità di questi signori di far passare come assolute novità i
più biechi ritorni a un antico ordine gerarchico. La legislazione sul
lavoro, infatti, è pienamente improntata al ritorno di un "sano" ordine
dove i padroni comandano e i lavoratori ubbidiscono e stanno zitti, quella
sull'assistenza con l'introduzione dei LEA (vedi l'ultimo numero di Wild Cat) e
la reintroduzione del pagamento per i servizi e del ruolo garantito alla pelosa
carità cattolica non è da meno, per quanto riguarda la
sanità il buon Sirchia aveva proposto il ritorno alle mutue di
categoria...
Fedeli a questo principio un pattuglione di deputati di Forza Italia (ma con
adesioni, modernità oblige, ferreamente trasversali) si sono proposti di
dare l'ultima mazzata all'edificio faticosamente costruito della Legge 180.
Come è noto questa legge aveva recepito alcuni principi di
libertà che una generazione di psichiatri, rigorosamente nemici
dell'internamento e della soppressione dell'identità del sofferente
psichiatrico, aveva iniziato a sperimentare un decennio prima.
La legge 180, ovviamente, non recepiva interamente quell'impianto dal momento
che questo era basato sulla messa in discussione dei ruoli medici all'interno
della psichiatria e su una pratica di accoglienza del sofferente psichiatrico,
al quale non doveva essere tolta la libertà. La 180, però, aveva
comunque un merito: dichiarava illegittimo l'internamento su semplice richiesta
del medico curante, chiudeva quei lager innominabili chiamati manicomio e
prevedeva la possibilità della cura attraverso presidi sanitari e
ambulatori. Insomma il matto cessava di essere una strana bestia, degna al
contempo di orrore e pietà, da rinchiudere in appositi luoghi per non
turbare la serenità della società "normale", per diventare una
persona sofferente e in quanto tale depositaria del diritto a essere assistita
senza lederne la libertà.
Tutto questo non è mai stato applicato fino in fondo: nel centro e nel
sud del paese i manicomi non sono mai stati chiusi, i fondi per la
deistituzionalizzazione sono sempre stati pochi e risicati, le ASL, soggetti ai
quali competeva la costruzione di presidi e luoghi di cura, hanno sempre
evitato di attivarsi in questo senso preferendo investire denaro in affari
più lucrosi, non poche delle comunità sorte per sostituire i
vecchi manicomi sono state fin troppo simili ai vecchi lager...
Nonostante tutto questo, decine di migliaia di persone hanno finalmente trovato
una dimensione più umana nella quale vivere, alcune migliaia di loro
hanno iniziato un percorso che le ha portate a una maggiore o minore autonomia,
altre migliaia hanno potuto evitare la carcerazione a vita in quei luoghi
indecenti. Tutto questo non è andato bene a un sacco di gente: non
è andato bene agli psichiatri che, tranne le eccezioni che dettero vita
alla stagione antipsichiatrica, hanno continuato a maledire una legge che
toglieva loro l'assoluto potere sulle vite dei ricoverati, non è andato
bene ai custodi dell'ordine sociale che ritengono eretico pensare che una
società debba accogliere al proprio interno chi soffre proprio a causa
delle storture dell'ordine dominante, non è andato bene, infine, a tutte
quelle figure che campano sulle rigide suddivisioni tra "sani" e "malati", cani
da guardia dell'ordine sociale e mentale e ben decisi a perpetuarlo
all'infinito.
Queste figure e le lobby influenti alle quali hanno dato vita, hanno continuato
dall'emissione della legge 180 (1978) fino a oggi a soffiare sul fuoco delle
"povere famiglie abbandonate" che avrebbero dovuto gestirsi "il matto in casa",
evitando ovviamente di dire loro che se questo accadeva non era certo colpa
della 180 quanto del boicottaggio effettuato proprio contro di essa, lesinando
i fondi, impedendo gli inserimenti lavorativi, privando i soggetti
psichiatrizzati della possibilità di affittare casa, di avviare
relazioni stabili e, in generale, di vivere una vita non diversa dai "sani".
La distruzione della 180 è stata così avviata con la
complicità dei pennivendoli di regime, sempre pronti a denunciare i
delitti commessi dai "fuori di testa" e a richiedere l'immediato ritorno
dell'internamento coatto. I tagli sempre più forti e sempre più
mirati effettuati in questo decennio hanno fatto il resto, privando i progetti
di autonomia e di cura della sofferenza del terreno concreto sul quale
svilupparsi. Le ASL hanno sempre più lesinato i fondi per tutti i
progetti che non prevedevano la preminenza degli psichiatri nei percorsi di
cura, le comunità di eccellenza, quelle con pochi utenti e molti
educatori, sono state penalizzate mentre sono state premiate quelle che
ripetevano in piccolo lo schema dei vecchi manicomi. Per quanto riguarda i
presidi locali, poi, questi si sono trasformati in centri di spaccio di
psicofarmaci e dispensatori di "buoni consigli".
Le ultime leggi regionali che hanno riordinato in tutta Italia il settore
hanno, infine, privilegiato le riduzioni della spesa, la costruzione di
strutture residenziali per la cura della sofferenza psichiatrica gestite dalle
vecchie figure mediche e con presenza di personale educativo ridotta al minimo
e la centralità del ruolo dello psichiatra nel determinare il percorso
istituzionale dell'utente.
Dulcis in fundo è stata riordinata la figura dell'educatore il quale
è stato privato di tutte le competenze propriamente educative per
trasformarlo in una figura assistenziale non diversa dall'infermiere o
dall'assistente domiciliare. In pratica un altro controllore sociale sottoposto
agli ordini dello psichiatra di turno, senza possibilità progettuali e
incaricato di impedire qualsiasi progresso o autonomia delle persone
affidategli.
Insomma il "matto" è già tornato quello di prima: una bestia da
rinchiudere e sul cui fascicolo scrivere: "fine pena mai".
In questo quadro arriva la ciliegina finale con questa iniziativa legislativa
che permette la costruzione di luoghi di cura per centinaia di utenti segnalati
dai servizi psichiatrici e con la possibilità data agli psichiatri di
disporre internamenti coatti senza trovare opposizione legale da parte di
nessuno. In pratica niente di più e niente di meno del vecchio
ordinamento. Grandi strutture residenziali, monitorate da uno o più
psichiatri, con grandi camerate per dormire, mangiare e passare il tempo
(ovviamente per tutti, tranne per chi pagherà e potrà avere la
sua linda stanzetta...), tanti infermieri e assistenti domiciliari (che
costano poco, non rompono le balle e non hanno pretese educative) e qualche
educatore per fare finta che si persegua una qualche idea di riabilitazione.
Resteremo ancora zitti di fronte a tutto questo? Continueremo a pensare che le
disgrazie legislative sono come la grandine? Cercheremo ancora un percorso di
salvezza individuale sperando di lavorare in un qualche centro di eccellenza?
Oppure finalmente, di fronte a provvedimenti che sono antiumani e tolgono
qualsiasi senso al nostro lavoro, troveremo la forza di opporci a questa deriva
dichiarandoci non disponibili a essere complici dell'ennesima forma di
restaurazione dell'ordine sociale?...Ai posteri...
Giacomo Catrame
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