Da "Umanità Nova" n. 36 del 3 novembre 2002 Guerra a MoscaCi hanno raccontato che il terrorismo è ben altra cosa dalla guerra. In guerra vanno i soldati: sono loro che combattono, uccidono e vengono uccisi. La guerra è una faccenda che riguarda uomini in divisa: gli altri, i civili, la guerra non la fanno e non la subiscono. La guerra è un evento terribile ma, ci dicono, spesso necessario. Gli Stati trasformano l'aberrazione dell'omicidio di massa in azione lodevole, meritoria, "giustificata" da ragioni superiori: la difesa del suolo patrio, quella della propria civiltà, della propria religione, dei propri interessi vitali. Nella mostruosa alchimia statuale il mestiere dell'assassino si muta da delitto in azione valorosa: gli interessi dello stato rendono meritorie azioni altrimenti duramente sanzionate. Chi bombarda uomini, donne e bambini è un eroe, chi agisce in piccolo per i propri interessi solo un mostruoso assassino. È di questi giorni la storia del serial killer americano, che finirà sulla sedia elettrica per azioni che nella sua veste di soldato gli fecero guadagnare un lauto stipendio. Ci hanno raccontato che il terrorismo, ben diversamente dalla guerra, è la peggiore delle ignominie: i terroristi, uomini senza stato e senza divisa, sono individui senza scrupoli che uccidono le persone inermi per i propri scopi, sciacalli che non affrontano direttamente il proprio nemico ma scelgono di colpire nel mucchio per suscitare terrore e disorientamento. La guerra ed il terrorismo sono concetti opposti, tanto opposti che quella scatenata lo scorso anno dal presidente degli Stati Uniti viene chiamata "guerra al terrorismo" anche se viene combattuta contro un altro Stato. In questo caso lo Stato perde la propria connotazione "etica" per trasformarsi in fucina di terrorismo e l'azione bellica assume le vesti di operazione di polizia internazionale. In questo schema gli eserciti combattono, i terroristi uccidono civili senz'armi. Tuttavia le guerre moderne dimostrano chiaramente che seminare il terrore per fiaccare il consenso che circonda l'avversario è elemento imprescindibile dello scenario bellico. Le popolazioni dei paesi in guerra sono insieme le pedine e le poste di un gioco sporco in cui svolgono il ruolo non casuale di vittime privilegiate. Già nella seconda guerra mondiale milioni di persone sono morte sotto le bombe, nei campi di sterminio, di fame e malattie. Dopo è stato anche peggio: le vittime tra la popolazione erano la stragrande maggioranza. Nel '91, nel Golfo, nessun soldato americano morì in combattimento mentre gli iracheni ancor oggi continuano a perire sotto le bombe e per le conseguenze dell'embargo. Come in una sorta di compenetrazione degli opposti i terroristi di Al Qaeda hanno usato strumenti "bellici", bombardando le Torri Gemelle con aerei-bomba, che hanno seminato la morte e la distruzione tra la popolazione civile. D'altro canto la cosiddetta guerra al terrorismo usa gli stessi mezzi dell'avversario: in Afganistan migliaia e migliaia di contadini e pastori analfabeti, ignari persino dell'esistenza di un posto come le Twin Towers, hanno pagato il prezzo del terrore di Stato scatenato dal governo statunitense. A Mosca la scorsa settimana l'orrore andato in scena nel teatro dove un gruppo di terroristi ceceni aveva posto sotto sequestro diverse centinaia di spettatori ha dimostrato che la ferocia degli apparati statuali non si ferma neppure di fronte alla "propria" gente. L'uso di gas letali che hanno colpito sia i terroristi sia gli ostaggi dimostra che per il governo russo i civili, e non solo quelli ceceni oggetto di una ferocissima repressione, non sono che pedine nel gioco di potenza. Pedine che si può con noncuranza decidere di sacrificare per un interesse "superiore". In questo caso di fronte all'arma povera ma potente messa in campo dall'avversario, ossia la propria determinazione suicida, Putin ha deciso che occorreva alzare la posta, mostrare di essere all'altezza dell'avversario. L'uso del gas letale non è stata mera scelta tattica ma chiara indicazione strategica. Il ricatto kamikaze si è infranto di fronte alla esplicita decisione di mettere a propria volta sul piatto le vite degli ostaggi, compiendo un'azione di guerra. La solita sporca guerra degli Stati, quella che semina morte e distruzione indiscriminatamente. Ma questo non era il terrorismo? Maria Matteo
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