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Da "Umanità Nova" n. 36 del 3 novembre 2002
Anarchici e antimilitaristi
Firenze 9 novembre: perché saremo al corteo
Perché partecipiamo, senza aderire, alla
manifestazione contro la guerra che si terrà il 9 novembre prossimo
venturo? Perché non aderiamo all'European Social Forum?
Potrebbe esserci apparentemente un'incongruenza tra le due proposizioni:
ciò che tenterò di spiegare in questo breve articolo sono
fondamentalmente due cose, ovvero le nostre modalità decisionali, e,
secondariamente, la non contraddittorietà tra le due questioni poste in
precedenza.
Come anarchici ci chiamiamo federati, perché la nostra è
un'organizzazione federata di individualità e di gruppi, che seppur
rifacendosi ad un denominatore comune, ovvero al Patto associativo ed al
Programma "malatestiano" del 1920 (anno fondativo della Unione Anarchica
Italiana, diventata poi Federazione Anarchica Italiana), abbiamo la massima
libertà organizzativa e decisionale sul piano locale. Tanto per
intendersi, il comune riferirci al comunismo anarchico come prospettiva sociale
non ci dice nulla rispetto a quale sindacato aderire (anche se le preferenze
sono ovviamente dirette a quelli di base ed autorganizzati), né
addirittura se aderirvi, come non ci dice alcunché sul fatto se aderire
o meno ad un social forum, oppure se occupare case piuttosto che centri
sociali: il principio che ci tiene uniti è la sintesi di un sentire
comune, in una prospettiva di liberazione per tutti e tutte, ma sulla base
certa della responsabilità individuale delle azioni intraprese. Questo
ha portato diverse realtà ed individualità a scegliere opzioni
diverse su argomenti apparentemente similari. E torno a breve sui social forum
locali: ci sono alcune federazioni che non ne vogliono neppure sentire parlare,
altre che hanno dato vita a raggruppamenti diversi sia nominalmente che di
fatto, altre ancora che vi aderiscono. Come vi dicevo si tratta di esperienze
talmente differenziate a seconda dei territori che l'unica cosa che fa fede
è appunto quanto sostenuto dai compagni/e del posto. Siamo talmente
liberi che in alcune città compagni aderenti alla stessa federazione
nazionale hanno preso strade diverse. Quando poi ci troviamo collegialmente per
decidere comunemente sulle "sorti" della Federazione nel suo complesso, queste
diversità e divergenze, ovviamente, vengono alla luce e il tentativo
comune di tutti/e è sempre quello di portarle ad una sintesi superiore.
Quando questo non è possibile ci si divide e ci si conta (sarebbe bello
decidere sempre all'unanimità, ma ciò, nei fatti, risulterebbe
spesso bloccante) e le decisioni di maggioranza, sempre secondo uno spirito
libertario, non sono vincolanti per la minoranza: i termini "centralismo
democratico" ci fanno rabbrividire.
La commissione antimilitarista (siamo organizzati oltre che sul piano federale
anche per commissioni tematiche), di cui faccio parte, ha proposto al convegno
di Milano di partecipare alla manifestazione indetta dall'ESF contro la guerra
per la semplicissima ragione che è contro la guerra. Sappiamo bene
infatti che ciò che si muove intorno a noi non sempre coincide con
quanto pensiamo e vogliamo e, di volta in volta, decidiamo il da farsi sulla
base di quello che si prospetta: vi partecipiamo in maniera autonoma e visibile
perché i nostri contenuti sono, a nostro parere, più radicali e
più coerenti. Il generico pacifismo, che non metta in critica il
capitalismo come sistema di dominio di classe, l'esistenza stessa degli stati
con il loro apparati repressivi (carcere, tribunali, polizie...), il
clericalismo... per noi è monco e si presta, suo malgrado, ad essere
sponda dello stesso bellicismo che critica: proponiamo, infatti, un coerente
antimilitarismo, che vada ad unire tanto la lotta contro la produzione e la
distribuzione bellica, alla lotta contro gli apparati di diffusione ideologica
del militarismo (gli stati, gli eserciti....) alle lotte contro le guerre. E
qui ci stanno dentro i caratteri rivoluzionari della nostra prospettiva
sociale. Per fare questo non ci appelleremo mai alle Costituzioni di qualche
stato o agli avvalli di qualsiasi organismo internazionale (ONU, FAO...):
siamo contrari al militarismo ed alle guerre. Punto e basta.
Quindi partecipiamo alle intenzioni della manifestazione e non aderiamo se non
a ciò che pensiamo e facciamo.
Non faremo parte, come Federazione, ai dibattiti interni all'European Social
Forum: riconosciamo che molte delle spinte che là sono espresse sono
anche le nostre. Ma sappiamo anche bene che molti di noi non hanno alcuna
voglia di integrarsi in una struttura verticistica, burocratizzata, con
tendenze mal celate di autoritarismo e di carrierismo politico personale. Allo
stesso modo molti di noi, aperti al dialogo, non hanno alcuna intenzione di
farsi dire come discutere, con quali tempi, su quali argomenti e soprattutto
con relatori già predefiniti che occuperanno la scena, suddivisa per
ambiti di adesione partitica od associazionistica, lasciando pochi spazi
marginali alla discussione tra "semplici militanti". Già mi vedo come si
saranno suddivisi gli interventi nei dibattiti: "avete messo tre diesse in
questi dibattiti e per ciò vogliamo due di rifondazione, quattro di
lilliput, sei disobbedienti...in queste altre". No grazie.
Allo stesso modo a molti di noi alcuni argomenti di pura e semplice propaganda
mediatica (Tobin Tax, riforma della Banca Mondiale,...) non solo ci trovano
perplessi, ma addirittura contrari.
E poi, perché per esporre le nostre idee dovremmo pagare la somma di 150
euro?
In ultimo, ma non ultimo, alcuni no global di fresco o passato ingresso ci
stanno eufemisticamente sullo stomaco: guerrafondai riciclati (diesse e
affini), sindacalisti concertativi (CGIL...), moralisti anti-anarchici che
vorrebbero dividere tutti in buoni e cattivi, parolai e pompieri della
rivolta...
Alcuni di noi, liberamente, vorrebbero che la Federazione vi partecipasse
appieno, altri, liberamente, non metteranno piede a Firenze, altri ancora,
maggioritari, altrettanto liberamente parteciperanno alla manifestazione contro
la guerra il 9 di novembre.
Pietro Stara
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