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Da "Umanità Nova" n. 37 del 10 novembre 2002

"Che se ne vadano tutti!"
Argentina: autogestione di fabbriche e quartieri

Una profonda crisi economica, sociale e politica, che trova le sue radici nel malcostume politico diffuso e nei continui feroci interventi del FMI, stringe l'Argentina in una morsa da un paio d'anni almeno.

Il 19 e 20 dicembre del 2001 il popolo argentino, prendendosi le strade di Buenos Aires e del paese tutto, ha di fatto destituito e scacciato l'allora presidente Delarua al grido di "que se vayan todos". Le ormai storiche giornate di dicembre, che hanno preso il nome di "Argentinazo", hanno lasciato 35 cadaveri nelle strade del paese, vittime della furiosa repressione di quei giorni.

Dopo di lui Rodriguez Saa, messo alla presidenza per colmare il vuoto di potere, ha forzatamente concluso il suo mandato dopo 10 giorni, pure lui scacciato dalle continue manifestazioni popolari di ostilità verso la classe politica.

Nuovo vuoto di potere e nuovo presidente: Duhalde, attuale illegittimo ed illegale, in quanto non eletto dal voto popolare, capo di stato. Da allora la situazione politica é andata continuamente deteriorandosi e il paese é allo sbando.

Ma il popolo argentino non é restato a guardare e dalla rivolta del 19 e 20 dicembre, ha cominciato a costruire, o a consolidare, tutta una serie di percorsi di lotta che nel corso di quest'anno sono diventati una spina nel fianco del Potere.

Una delle lotte più importanti, a mio parere, é quella portata avanti dai movimenti dei disoccupati organizzati, i "piqueteros", che raggruppati in varie formazioni (i più importanti in quanto a potere di mobilitazione e lavoro di base: Movimiento Territorial de Liberacion - MTL, Movimiento Teresa Rodriguez - MTR, Polo Obrero, Movimiento Trabajadores Desempleados - MTD, Barrios de Pié, Corriente Classista Combativa - CCC, Coordinadora Anibal Verón) hanno pazientemente costruito contropotere dal basso, lavorando per cercare di compensare i bisogni dei disoccupati, portando avanti con fermezza la rivendicazione del diritto al lavoro, costruendo nei quartieri più poveri le mense popolari che giornalmente sfamano centinaia di persone, dando un minimo accesso all'istruzione con le biblioteche popolari. E la repressione non si é fatta attendere: il più radicale di questi gruppi di disoccupati autorganizzati, la Coordinadora Anibal Verón, il 27 giugno durante un blocco stradale, ha visto cadere sotto le pallottole della polizia, due compagni: Darío Santillan e Maxi Kosteki. Le intimidazioni e le minacce sono all'ordine del giorno.

Vero e proprio frutto della rivolta di dicembre 2001 sono le assemblee popolari. In tutto il paese sono ormai più di 120, concentrate principalmente nell'enorme tessuto urbano di Buenos Aires, ma non solo: ce ne sono a La Plata, Rosario, Cordoba, Mendoza, Mar del Plata... Formate da gente di tutte le età e provenienze politica (nell'arco della sinistra), hanno portato verso posizioni radicali, quando più quando meno, la classe media, tradizionalmente accomodante nei confronti del potere.

Riunite da gennaio nella "Interbarrial", una sorta di assemblea coordinatoria delle assemblee popolari, hanno dato vita ad nuovo passo nella loro lotta, dopo un primo momento entusiasmante ed un successivo assestamento, e da inizio luglio hanno iniziato a recuperare, occupandoli, spazi abbandonati, mettendoli a disposizione dei bisogni degli abitanti dei quartieri, dei loro bisogni. Sono oggi circa una quindicina gli spazi liberati a Buenos Aires e l'onda sta raggiungendo altre città, prima tra tutte Rosario. Mense popolari, teatri, dibattiti, mercati dei disoccupati, e molte altre sono le attività di questi spazi, parenti stretti dei nostri centri sociali autogestiti. Molti sono già in pericolo di sgombero. Anche qua non si contano ormai più le minacce ricevute dagli/lle assembleisti/e.

E l'autogestione é una splendida realtà anche in un'altra lotta importantissima che si sta portando avanti da un anno: le fabbriche ed imprese occupate ed autogestite dai lavoratori.

"Todo bajo control obrero" é il motto della Brukman, della Zanon, della Grissinopolis, della Chilaver, della clinica Junin, del supermercato el Tigre e di ormai moltissime altre imprese recuperate dai lavoratori.

Fabbriche svendute, in procinto di chiudere, svuotate dei macchinari, abbandonate da padroni che si danno alla macchia per non affrontare i creditori e i diritti degli/lle operai/e, che vengono occupate da lavoratori e lavoratrici che coerenti col desiderio di costruire qualcosa di radicalmente nuovo, oltre che salvare i loro posti di lavoro, coscientemente hanno deciso di non ricreare lo stesso sistema verticale che li opprimeva: niente capi né direttori, ora é amministrazione operaia autogestita. E anche qui la repressione si fa sentire: innumerevoli tentativi di sgombero, a cui si é finora resistito con l'appoggio attivo dei disoccupati (che stanno cominciando ad essere integrati nelle fabbriche, appena possibile) e delle assemblee popolari; la Zanon per esempio, nel giorno del suo primo anniversario di autogestione, é stata attaccata a pietrate da teppisti pagati per provocare la reazione degli operai e legittimare così uno sgombero per motivi di ordine pubblico. Non ci sono riusciti. Ma le minacce continuano...

É stato costituito un fondo di solidarietà nazionale con lo scopo di aiutare gli operai che già hanno occupato e quelli che intendono farlo.

Questo il panorama di un Argentina che va verso le elezioni dei prossimi mesi, che saranno verosimilmente massicciamente boicottate e che si ritroverà probabilmente quindi nuovamente con un presidente illegittimo. Un'Argentina dove ogni giorno di più si intensifica l'intolleranza verso la classe politica e la voglia di un cambiamento radicale.

Bossa

 



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