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Da "Umanità Nova" n. 37 del 10 novembre 2002
inform@zione
Milano: sanatoria insana
Il 23 ottobre nella sede di via Torricelli è stato organizzato,
dallo Sportello Sociale che lì opera, un incontro informativo e di
approfondimento sulla situazione che in questo momento stanno subendo gli
immigrati, anche per cercare possibili strumenti di difesa di fronte alle nuove
leggi approvate.
Per l'occasione ci si è avvalsi di avvocati, che si sono costituiti in
associazione denominata "Fuori dal coro", il cui scopo dichiarato è di
offrire un sostegno alle categorie più deboli, in particolare quella
degli immigrati.
Non tanto ci si è soffermati sulla Bossi Fini che mantenendo l'impianto
repressivo della vecchia legge, ne peggiora le parti peggiori, invece ci si
è addentrati sulla questione di grande attualità, quella della
sanatoria, che è di prossima scadenza.
La sanatoria in corso, che dovrebbe coinvolgere il lavoratore in nero ed il suo
datore di lavoro, sembra rivolgersi esclusivamente a quest'ultimo,
consentendogli di uscire dalla condizione di irregolarità per aver fatto
lavorare in nero cittadini stranieri privi del permesso di soggiorno.
Infatti la legge mette completamente in mano al datore di lavoro la
facoltà di "emersione" e quindi la conseguente regolarizzazione per
l'immigrato.
Quindi l'attuale sanatoria sta creando grande confusione e pressione nei
confronti degli immigrati irregolari, sicuramente è al di sotto delle
aspettative e molte volte si dimostra più dannosa che risolutiva.
Lo dimostra il fatto che, malgrado il numero di "kit" ritirati (90.000 per i
lavoratori subordinati e 85.000 per quelli domestici a Milano), solo poche
migliaia di domande sono state inoltrate.
Tutto ciò è la conseguenza della sanatoria impostata in modo da
mettere in mano la procedura al datore di lavoro, la non chiarezza sulla
garanzia della casa all'immigrato, la pretesa di un lavoro fisso, quando le
regole di mercato vanno in senso contrario, imponendo lavori flessibili e
precari.
Come conseguenza negativa molti lavoratori immigrati sono stati licenziati,
piuttosto che regolarizzati, ad altri è stato fatto il ricatto di
pagarsi di tasca loro l'imposta forfettaria da versare all'INPS e a volte
è capitato anche di peggio.
Una legge che dà tutti i diritti ai padroni e stringe ancor più
forte il ricatto nei confronti dei lavoratori stranieri, legando maggiormente
il permesso di soggiorno al contratto di lavoro.
Ma l'impostazione esclusivamente "datoriale" della sanatoria è stata
rovesciata da una sentenza di questi giorni presso il tribunale di Milano. Essa
ha dato pienamente ragione al ricorso di un immigrato clandestino che svolge
mansioni presso un'impresa di pulizie che si rifiutava di inoltrare la pratica
per il suo riconoscimento. "La sanatoria, per un imprenditore che abbia al suo
servizio un dipendente extracomunitario in nero, non è una
facoltà: è un obbligo", sostiene la sentenza, per cui il datore
di lavoro dovrà mettere in regola l'immigrato sia dal punto di vista
contributivo, sia dal punto di vista dei documenti, consentendo all'interessato
di concorrere alla regolarizzazione, prima della scadenza della sanatoria.
In altri due casi di immigrati clandestini è bastata solo la minaccia di
ricorso legale per ottenere un accordo che ha portato per un caso alla
riassunzione del lavoratore licenziato, nel secondo caso, visto che nel
frattempo il lavoratore in nero aveva trovato un'altra occupazione, il datore
di lavoro l'ha dovuto risarcire senza giusta causa. Adesso hanno potuto
intraprendere il percorso della sanatoria.
Dopo le dovute critiche alle leggi famigerate è necessario fare il
possibile per contrastarle, specialmente negli aspetti più negativi
della loro applicazione.
Lo sportello sociale si è dato altri appuntamenti per una più
dettagliata disamina critica della legge Bossi Fini.
L'incaricato
S. Maurizio Canavese: corteo antimilitarista
Sabato 2 novembre a S. Maurizio Canavese, piccolo paese dell'hinterland
torinese si è tenuta una manifestazione antimilitarista. Il corteo era
indetto dal Collettivo antimilitarista del canavese, che già lo scorso
anno organizzò una manifestazione antimilitarista a Caselle Torinese. La
Federazione Anarchica Torinese ha aderito.
Il corteo era aperto da due striscioni il primo dei quali ironicamente
sottolineava il carattere terroristico della NATO, il secondo invitava alla
diserzione. Chiudeva lo striscione della FAI. Il corteo era molto creativo:
compagni vestiti da soldati reggevano manichini e bambolotti insanguinati,
mentre un "mercante d'armi" esibiva la propria 24ore con il campionario.
Di fronte al comune, ove campeggia un monumento ai caduti e dove non era stata
consentita la sosta, il corteo si è fermato lungamente mentre un ignoto
ha issato sul pennone antistante il monumento una bandiera rossa e nera. Altri
si sono recati al cimitero (altro luogo "proibito") issando uno striscione sui
due cannoni che si trovano nello spiazzo antistante. Lo striscione è
stato subito rimosso da un solerte beccamorto, mentre in serata la bandiera
della FAI sventolava ancora dal pennone del comune di s. Maurizio. Una buona
accoglienza per chi il giorno successivo ha lì fatto le celebrazioni
ufficiali del 4 novembre. Buona la diffusione di UN tra la popolazione
locale.
emi e ma
Parma: negata l'accoglienza ai richiedenti asilo
Parma conferma la indisponibilità all'accoglienza nei confronti
dei richiedenti asilo, in particolare se Rom.
La scorsa settimana a Parma si è verificato l'ennesimo tentativo di
allontanare una famiglia Rom dalla città. La famiglia di richiedenti
asilo e un altro nucleo familiare occupano da tempo due appartamenti
appartenenti all'Azienda Casa Emilia Romagna, ex IACP, collocati in Vicolo
Santa Maria.
Da tempo ricevevano sistematiche visite, per accertamenti dell'identità,
da parte di polizia e vigili urbani, che spesso improvvisavano interrogatori,
interessandosi della vita, anche privata, dei membri delle famiglie. Il Comune
era quindi a conoscenza della richiesta di asilo presentata dalla famiglia.
Lo scorso luglio un tentativo di sgombero tentato dall'ACER ma senza mandato
formale era stato sventato dalla presenza di numerosi cittadini che, avendo
sottolineato la mancanza del mandato, hanno dimostrato l'arbitrarietà
della richiesta dell'ACER e in particolare del direttore, presente sia quel
giorno sia stamattina. Questa azione è stata seguita da una protesta in
Consiglio Comunale, seguita da un incontro con l'Assessore alle politiche
sociali, Maria Teresa Guarnieri, e con il consigliere con la delega per le
politiche abitative, Bigliardi, che sono stati informati nei dettagli della
situazione. In seguito i dialoghi con i funzionari dell'ACER hanno evidenziato
un cambiamento e l'assicurazione che prima di rimpossessarsi dei locali il
Comune avrebbe provveduto a trovare alla famiglia una abitazione alternativa.
Questo non è avvenuto, le minacce e le intimidazioni sono proseguite ed
è infine giunto l'intervento dei Carabinieri che, accompagnati da Vigili
Urbani e Vigili del Fuoco, hanno messo fine alla occupazione.
Alle 6,30 le famiglie sono state svegliate dalle forze dell'ordine che hanno
prelevato a gruppi di due o tre persone tutti quelli che erano presenti nello
stabile: tre tunisini sistemati al piano superiore, e i membri delle famiglie
di Rom macedoni, traducendoli al Comando di Parma con le auto dei Carabinieri a
sirene spiegate. Non è stato esibito nessun mandato nemmeno in questa
occasione, ma è stata rilasciata in seguito copia del mandato di
perquisizione dello stabile. Alle persone accorse è stato impedito
l'accesso al cortile e di parlare con le famiglie motivando che era in corso
un'operazione di polizia. Stessa risposta ha dato il funzionario dell'ACER che
ha affermato di non essere a conoscenza dell'operazione, ma, inspiegabilmente
era accompagnato, oltre che da due guardie armate dell'IVRI, da operai pronti a
montare cancelli all'ingresso per impedire il rientro delle famiglie.
Di nuovo numerose persone sono accorse, visti i trascorsi del Comune di Parma
nei confronti dei Rom: rimpatri nello scorso febbraio di famiglie irregolari
composte da lavoratori e minori inseriti nel percorso scolastico, che sono
stati prelevati dalle classi per essere deportati in Macedonia, e
allontanamento forzato dalla città di una famiglia di richiedenti
asilo.
La situazione nel corso della mattinata si è risolta: numerosi
cittadini, due consiglieri provinciali e due avvocati sono arrivati nel posto
di comando dei carabinieri, dove i Rom, nel cortile, attendevano di essere
identificati. (...) I fermati sono stati rilasciati nel corso della
mattinata.
L'impegno del Comune nei confronti dei richiedenti asilo è noto. Da
settimane due liberiani sopravvissuti allo sbarco a Porto Empedocle del 15 di
settembre attendono, in dormitorio, di essere inseriti nell'appartamento del
PNA (Programma Nazionale Asilo), com'è stato promesso al loro arrivo.
Altre due persone arrivate con loro e con loro inserite nel programma
rifugiati, vivono invece da tre settimane a Perugia, in appartamento, e hanno
cominciato, come prevede il programma, i corsi di italiano e l'inserimento
tramite borsa lavoro.
La mancanza di una legge quadro sul diritto di asilo, più volte
denunciata da ICS, Amnesty International e altre associazioni, fa pesare in
queste situazioni tutte le proprie conseguenze. Non esiste, infatti, una
divisione delle competenze, che determinino interlocutori e
responsabilità precise tra stato e comuni, e alcuni, come quello di
Parma, si fanno scudo di questo vuoto normativo per non ottemperare al dovere
di accoglienza e protezione.
Da un comunicato del Comitato antirazzista di Parma
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