![]() Da "Umanità Nova" n. 39 del 24 novembre 2002 Liberi tuttiPer esperienza diretta, noi anarchici sappiamo bene come vanno queste cose: si seleziona un personaggio, per qualche verso originale, con un certo modo di comportarsi, di dire le cose che pensa, esplicitamente schierato "contro", e gli si costruisce attorno un castello di falsità che lo rendano vulnerabile. Poi, se i tempi sono maturi e un certo grado di impunità garantito, si mettono le bombe e si compiono le stragi, altrimenti si aggiornano di volta in volta le coreografie e la sceneggiatura e le si accantonano per tempi migliori. I segnali premonitori di questo disegno c'erano tutti. Molti compagni che avevano partecipato al raduno di Genova venivano convocati dai carabinieri per rispondere a poche domande, tutte predisposte dal centro operativo dei ROS, di cui le compagnie locali dell'Arma non conoscevano le finalità, domande relative prevalentemente alla dislocazione logistica dei compagni nei tre giorni del raduno. Erano tutti molto gentili, ufficiali o graduati, chiamavano dottori i compagni dottori e signori tutti gli altri, li accompagnavano alla porta e per miracolo non porgevano gli omaggi alle signore, se si trattava di compagni legalmente sposati. Ricordo, a tale proposito, quello che un giorno mi diceva il compagno Giuseppe Pinelli sul conto del commissario Luigi Calabresi: "Sapevamo bene ambedue di militare dalle parti opposte della barricata, ma, in fondo, è un brav'uomo che mostra di aver letto qualche libro". Sappiamo tutti come finì: con il commissario dai capelli impomatati e la scriminatura marcata che osservava incuriosito la traiettoria che il corpo del compagno Pinelli compiva, dal piano alto della Questura di Milano all'impiantito dell'atrio interno. Ma tra la stagione delle stragi e l'attuale vi sono analogie ben più preoccupanti. Allora, il governo Rumor era in seria difficoltà, con una coalizione di governo inquieta e incapace di dare risposte credibili alle esigenze del Paese. Proprio come accade oggi al governo Berlusconi, prodigo solo di guasconate verbali ma assolutamente inetto di fronte ad una disastrosa deriva della nazione che non dà segni di arrestarsi. Allora, studenti ed operai riempivano le piazze per reclamare i diritti fondamentali di una società che aspirava ad essere civile e progredita, affrancata finalmente dalle scorie di un bigottismo morale astorico e improponibile ad un popolo, cui gli esiti di una guerra infame avevano finalmente tolto la benda dagli occhi. Proprio come vediamo accadere ai nostri giorni, con le piazze che si riempiono di donne ed uomini esasperati per le ingiustizie sociali, per i pericoli di nuove guerre e per l'amoralità di una compagine di governo che bada soltanto a risolvere i problemi personali del suo leader "carismatico" e degli uomini della sua corte. Poi, il processo di de-industrializzazione. Dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso, il "miracolo economico italiano" era già alle spalle e la grande industria entrava in una crisi irreversibile, dovuta alla miopia di una classe imprenditoriale restia ad impiegare le risorse accumulate per aggiornarsi tecnologicamente e per investire nei nuovi settori emergenti della produzione di beni e servizi. Oggi assistiamo all'epilogo del processo, con l'Italia che perde l'ultima grande industria del paese, la FIAT. Infine - ed è l'ultima analogia significativa, la più immediatamente pericolosa - il ricompattarsi dell'ala fascista e più reazionaria dello schieramento politico con i servizi segreti italiani e stranieri. Non è un caso che, nei giorni del raduno di Genova, Gianfranco Fini fosse ospite del centro operativo dei carabinieri, e che adesso - notizia di qualche giorno fa - Silvio Berlusconi avochi a sé il coordinamento dei servizi segreti. Il fatto nuovo e rilevante della vicenda che ha portato nel carcere di massima sicurezza di Trani Francesco Caruso e i suoi compagni è che un sostituto procuratore, Domenico Fiordalisi, e un giudice delle indagini preliminari, Nadia Plastini, che ha firmato gli ordini di custodia cautelare, abbiano avuto il coraggio di trasferire in un dispositivo accusatorio il demenziale teorema costruito dai ROS, senza che vi si rintracciasse tra le sue righe neppure l'ombra di un reato a carico degli inquisiti, se non quello previsto dal codice Rocco di "associazione sovversiva" finalizzata al sovvertimento dell'ordine economico e del mercato del lavoro e alla contestazione del processo di globalizzazione. Fatto nuovo ma non imprevisto. E' vero che, per trovare un orecchio sensibile, le centinaia di pagine messe insieme dalla logica distorta della "élite intellettuale" dell'Arma abbiano dovuto fare la spola tra Genova, Torino e Napoli, sistematicamente respinte ai mittenti per palese improponibilità giuridica. Ma è anche vero che, alla fine, il cervellotico elaborato dei ROS è finalmente approdata alla periferia dell'impero giudiziario, trovandovi il magistrato inquirente disponibile ad avviare il procedimento. Si può ragionevolmente pensare che in tutta questa vicenda non ci sia la mano del governo e, in particolare, del ministero degli interni? Ritengo di no, anzi, per dirla tutta, ritengo che, qualunque sia l'epilogo, si tratti di una ulteriore e più grave prova tecnica di terrorismo di stato, utile per saggiare la capacità di reazione del Movimento "new global". Se così stanno le cose, è inutile cullarsi sulle tutto sommato consolatorie interpretazioni degli arresti come di un atto di rivalsa dopo l'obiettiva sconfitta governativa, costituita dal raduno di Firenze. Occorre, a livello di Movimento, porre mano senza indugi ad approntare strumenti efficaci di difesa, che durino nel tempo e la cui attività non conosca pause. So bene che non si tratta di impresa facile: ci saranno da superare particolarismi, interessi di bottega e velleità egemoniche, come sempre, del resto, quando c'è di mezzo un movimento dalle molte anime e dalle variegate visioni politiche. Ma se si abdica alle ragioni della diversità, temo non si andrà molto lontano. Dal nostro punto di vista e per la realizzazione delle nostre aspirazioni, l'Italia è l'anello debole della catena. Retta da un governo reazionario, appiattito sulla politica di potenza degli Stati Uniti, offre il terreno più favorevole allo spiegamento di tutte le forze, nazionali ed internazionali, che mirano alla sconfitta definitiva del movimento di contestazione. Le quali forze debbono pure fare in fretta, perché crescono ovunque le tensioni sociali, il terzo mondo acquista ogni giorno nuove energie e consapevolezza del proprio stato, più ricorrenti di susseguono i segnali di debolezza del sistema di produzione capitalistico. Tutti eventi, questi, che rendono insopportabile, per le logiche di dominio, la presenza di un fronte di contestazione attivo e organizzato. Quindi, diamoci subito da fare per tirare fuori dalla galera i compagni imprigionati, ma attrezziamoci anche per respingere le provocazioni future. Antonio Cardella
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