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Da "Umanità Nova" n. 39 del 24 novembre 2002

Il papa in parlamento
La ritualità della sopraffazione

Con il consueto coraggio che li contraddistingue i politici nostrani hanno dato il calcio del somaro agli ultimi brandelli di laicismo in Italia invitando il papa in parlamento.

C'erano proprio tutti, il presidente della repubblica, i presidenti di camera e senato, il presidente della corte costituzionale, il presidente del consiglio, i membri del governo, anzi no, mancava solo il redivivo re, reduce da un infortunio procuratosi da solo in un rally, con un bel progresso da quando impallinava ignari turisti in barca.

Niente di nuovo sotto il sole, già al giubileo dei parlamentari si era vista la preponderante presenza dei membri del parlamento italiano (oltre la metà dei parlamentari presenti). I maggiori esponenti di governo e d'opposizione (D'Alema in testa) hanno presenziato alla santificazione di Escrivà de Balaguer, il capo dell'Opus Dei. La settimana scorsa il comune di Roma aveva attribuito, con una cerimonia svolta alla presenza di tutti i consiglieri comunali, la cittadinanza onoraria al papa.

Il papa ha tenuto un solenne discorso, di quelli che si fanno in queste circostanze, interrotto di frequente dagli applausi dei parlamentari stessi.

Ha chiarito subito che, a differenza di chi la presentava come visita di cortesia di uno dei tanti capi di stato esteri di passaggio in Italia, lui era lì come "Successore di Pietro" e capo dei cattolici.

Ha omaggiato i parlamentari presenti, con un preciso riferimento ai membri del governo ("attività nobile mossa da un autentico spirito di servizio ai cittadini", "presenza nell'animo di ciascuno di una viva sensibilità per il bene comune"). Li ha però dovuti richiamare al rispetto dei valori cristiani mettendoli in guardia dal "rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo etico", sorvolando sulle sue preferenze per l'alleanza tra totalitarismo e dogmatismo cattolico.

Ha criticato il divorzio e le coppie di fatto ("La famiglia è la società naturale fondata sul matrimonio": cosa c'entri la natura con la carta bollata però non l'ha spiegato). Ovviamente non ha lesinato strali sull'aborto, messo in relazione con la crisi delle nascite ("Grave minaccia che pesa sul futuro di questo Paese" per fortuna che c'è "l'azione pastorale a favore dell'accoglienza della vita").

Si è messo il cappello in mano chiedendo altri soldi per la scuola cattolica (e di fare qualche ulteriore passo per lo sfascio totale di quella pubblica).

È arrivato quindi al fulcro del discorso riguardo "I valori cristiani dell'Europa": vuole che, nella futura costituzione europea ci sia un riferimento a "quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l'Europa nei secoli" (con il relativo corredo di inquisizione, guerre di religione e colonialismo verso le popolazioni infedeli). Vuole insomma provare a fare, a livello europeo, il giochetto che gli è riuscito tanto bene in Italia con l'articolo 7 della costituzione. Tra l'altro pare proprio che ci stiano riuscendo, grazie alle pressioni di quei paesi (Italia in testa) in cui la chiesa conta qualcosa.

Non volendo essere da meno di Bush, che chiude i suoi messaggi pubblici con la frase "God bless America", il papa ha cercato di farne l'imitazione proclamando "Dio benedica l'Italia" (e stramaledica gli inglesi, come diceva il suo predecessore in tempo di guerra).

La parte più disdicevole però non è stata tanto negli applausi, che hanno sottolineato ognuno dei passaggi citati, quanto nel baciamano finale. Una ottantina di politici, i maggiorenti di tutti gli schieramenti politici (con la lodevole eccezione dei cossuttiani), si sono inginocchiati davanti al papa ed hanno celebrato il rito del bacio dell'anello. Questo rito non è che la versione aggiornata del bacio della pantofola medioevale che sanciva la sottomissione al pontefice di sovrani e nobili. Nel vedere tutti quei politici proni dinanzi al papa sembrava davvero di assistere all'annuncio del medioevo prossimo venturo.

Non che ci fosse bisogno di un ulteriore dimostrazione di sudditanza da parte del parlamento ai voleri di santa romana chiesa, almeno a giudicare dalle leggi emanate nelle ultime legislature, ma i politici ci hanno tenuto tanto, magari per avere qualche aneddoto (più o meno inventato) da raccontare agli elettori cattolici del proprio collegio ed avere la titolarità per poter celebrare la commemorazione funebre, a breve, del papa stesso.

Tutta la cerimonia è stata consegnata alla storia dalle telecamere della Rai, che ha svolto, come di consueto, il suo compito al servizio del padrone dello stato e delle televisioni.

Fuori dal parlamento, nonostante i megaschermi montati per far seguire in diretta l'avvenimento non c'era nessuno tranne qualche scolaresca in gita e qualche turista.

C'erano invece gli omosessuali a Piazza Navona, a contestare la cerimonia, memori dello scempio liberticida tentato dal Vaticano durante il gay pride e preoccupati dall'ultimo documento ecclesiastico (sull'accesso al sacerdozio agli omosessuali) che confonde, come di consueto, omosessualità e pedofilia.

Nelle carceri c'era attesa per il discorso papale, nella speranza dell'indulto. In effetti si sono sentite parole di "sensibilità", "clemenza", ovviamente condivise dalle massime autorità dello stato. La condivisione della preoccupazione per il sovraffollamento nelle carceri è stata così elevata che il giorno dopo hanno provveduto a spedirci dentro venti compagni.

Francesco Fricche

 



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