Da "Umanità Nova" n. 39 del 24 novembre 2002
Guerra in Iraq
In attesa del detonatore
D: Signor Presidente, crede che il tempo giochi a suo
favore o contro di lei?
R: Il tempo gioca certamente a nostro favore. Dobbiamo prendere altro tempo
perché così potrebbe sfaldarsi l'alleanza USA-GB per motivi
interni e per la pressione dell'opinione pubblica americana e britannica. I
popoli sanno la verità e possono capire di più rispetto ai
governanti allineati ai piani sionisti che creano mass media in grado di
realizzarli. Non sono ciechi i popoli."
Così rispondeva Saddam ad una delle tante domande poste
dall'intervistatore della TV "Al Jazira" il giorno 2 novembre 2002.
Era abbastanza chiaro, anche per chi non avesse letto quest'intervista, che il
dittatore iracheno avrebbe accettato la risoluzione ONU, fosse anche soltanto
perché l'attuale regime non ha alcuna possibilità di salvare i
destini personali, ancor prima di quelli politici, se mai ve ne fosse
l'occasione, se non attraverso il prezioso scorrere dei giorni. Dal punto di
vista internazionale, che si tratti o meno del "superamento" del trattato di
Westfalia, risulterebbe ben difficile proporre un attacco militare contro uno
stato totalmente sottomesso ai dettami degli Stati Uniti. Sarebbe, e questo
è vero, incomprensibile ai più, anche ai peggiori guerrafondai.
Ma gli Stati Uniti per quale motivo avrebbero dislocato ingenti truppe militari
in quelle zone, nonché alta tecnologia, mezzi e vettovaglie, se non per
fare la guerra? Perché, e questo mi pare altrettanto chiaro, un
investimento finanziario ed umano di tale portata sarebbe incomprensibile se
venisse utilizzato esclusivamente come minaccia potenziale in vista dei
controlli ONU e, una volta che questi fossero finiti, si ritornasse tutti
allegramente alle proprie dimore.
La guerra, e spero ardentemente di sbagliarmi, non è in discussione.
Il problema per gli Stati Uniti, in questo momento, è quale detonatore
utilizzare. La scelta, da questo punto di vista, è estremamente
variegata e gli esperti strateghi militari hanno tutte le carte in mano per
giocarsela.
Intanto, il desaparecido Osama Bin Laden, puntale come un orologio a pendolo
svizzero, fa la parte del portavoce ufficiale degli intenti del governo
statunitense: quando serve, eccolo lì che minaccia a destra e manca
ritorsioni micidiali e morti a caterve. Il fatto che poi non esista, se non
mediaticamente, serve al duplice scopo di accrescerne la pericolosità e
di non poter essere in alcun modo controllabile (neppure su ciò che
afferma). Insomma, ci si dovrebbe fidare o di lui o almeno di chi gli scrive le
veline.
Contemporaneamente la "mitica" FBI ci allerta [1] sulla possibilità non tanto remota di un altro
attacco spettacolare e terrificante di Al Queda: Stai Uniti, Francia,
Germania,...?
A Londra, nel frattempo, qualche terrorista prezzolato si organizza per
compiere attacchi con gas nervini all'interno della metrò, ma la
più diligente Scotland Yard sventa accuratamente il complotto.
E i giornali, le tv...? Spingono nella direzione "giusta": la loro!
Pietro Stara
[1] FBI: temiamo un attacco spettacolare, in "Il sole24ore" di sabato 16 novembre 2002, pag.7
|