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Da "Umanità Nova" n. 39 del 24 novembre 2002

L'altra America
Il risveglio del movimento radicale

Il popolo americano si sta lentamente risvegliando.

Tutti ben sappiamo come dopo l'11 settembre il paese abbia subito una intensiva propaganda governativa fondata sul "pensiero unico antiterrorista" e ripetuta all'infinito dai media. Intimidatoria quanto invadente, questa propaganda era mirata ad inquadrare la popolazione sotto le bandiere di un isterico spirito patriottico capace di criminalizzare ogni punto di vista critico e radicale, ma è servita anche a far dimenticare la corruzione e le cantonate dell'amministrazione Bush, dalle elezioni rubate agli scandali finanziari e all'inefficienza di FBI e CIA. Ma soprattutto la propaganda serviva a nascondere che l'"America minacciata" è uno Stato terrorista e guerrafondaio, il più grande pericolo per la pace e la sopravvivenza del pianeta

Ma dopo un primo momento di schock molti americani cominciarono a porsi delle domande e a mobilitarsi. Già all'indomani dell'attacco alle torri si svolsero a New York e in altre città importanti manifestazioni pacifiste, organizzate spontaneamente a seguito delle bellicose dichiarazioni di Bush contro l'Afganistan. Ma in generale lo schock dell'11 settembre ha paralizzato a lungo il movimento radicale; l'arcipelago alternativo - no global, ecologisti radicali, difensori dei diritti dell'uomo, antimperialisti, pacifisti, antirazzisti, comunità etniche - ha dovuto riorientarsi all'interno della nuova realtà post 11 settembre.

NO GLOBAL A NEW YORK

Nel febbraio 2002 si è svolto a New York un importante summit dei dignitari della globalizzazione capitalista: il Forum mondiale economico. Il movimento radicale, finalmente riorganizzato e attivo, contrappose manifestazioni di piazza e seminari contro la globalizzazione capitalista che attirarono manifestanti anche dall'estero. Ma il grosso dei contestatori era costituito da militanti dei movimenti locali newyorchesi: gruppi di immigrati, sindacati di sinistra, comitati di quartiere impegnati nei vari ambiti, studenti noglobal, socialisti e anarchici. La manifestazione gettò nel panico le autorità che militarizzarono il centro cittadino dispiegando migliaia di poliziotti in assetto antisommossa. Ma al di là degli scontri con la polizia che difendeva la "zona proibita", la contestazione si dipanò in una serie di incontri e dibattiti che caratterizzarono il movimento in senso egualitario e anticapitalista.

CENTOMILA A WASHINGTON PER IL POPOLO PALESTINESE

Due mesi più tardi, il 20 aprile, almeno 100mila persone manifestarono a Washington e in altre dieci città per la pace e per la causa palestinese. La solidarietà al popolo palestinese divenne il tratto caratterizzante della manifestazione in contrapposizione al clima ufficiale che identificava il "palestinese" con il "kamikaze terrorista, nemico di tutti gli americani". Il grande significato della manifestazione di Washington è che essa rappresentò il momento unificante di due diverse coalizioni che avevano entrambe proposto una manifestazione nella capitale. Altro aspetto positivo fu la partecipazione di gruppi di arabi e di musulmani americani che vivono la tragedia del popolo palestinese come un qualcosa di personale che segna la loro vita quotidiana.

Il coraggio mostrato da queste 100mila persone non era poco: decine di elicotteri passavano sulle loro teste e li fotografavano mentre le centinaia di telecamere disseminate nelle vie del centro inviavano le loro immagini a computer programmati per identificare le persone. Ricordiamoci che molti dei manifestanti erano musulmani e immigrati che per le nuove leggi "antiterroriste" fatte approvare da Bush possono essere arrestati sulla base di sospetti e tenuti in carcere a tempo indefinito. Altri manifestanti militavano in organizzazioni no global che per le stesse leggi "patriottiche" sono sospettati di essere dei terroristi. La manifestazione del 20 aprile assume un grande valore anche perché è stata organizzata con pochi mezzi e sotto il black-out dei media.

IL CLIMA STA CAMBIANDO

La manifestazione di Washington ha avuto almeno due importanti conseguenze. La prima è che nei campus universitari si è sviluppato un forte movimento di solidarietà al popolo palestinese. Attualmente gruppi di solidarietà sono attivi in almeno cento università. Anche qui grande diversità all'interno del movimento: tutti condannano l'occupazione israeliana, ma esistono divergenze e discussioni sugli attacchi omicidi, sulla legittimità dello Stato ebraico, sulla percezione dell'antisemitismo. All'interno dei collettivi si ritrovano spesso studenti arabi e ebrei che lavorano insieme per rompere il silenzio, per denunciare la politica di Bush e per far pressione sulle Università perché ritirino gli investimenti fatti con le aziende impegnate in Israele.

La seconda conseguenza è che il movimento radicale sembra aver fatto breccia anche all'interno dei media ufficiali. Giornalisti "seri" si permettono di mettere in discussione la politica e la persona di Bush e dei suoi, finora avvolti nella santa aureola della crociata post 11 settembre. L'America sembra anche aver ritrovato il gusto della risata. Nel libro più venduto quest'anno, 16 settimane in testa alla classifica dei best sellers, intitolato "Stupid White Men" (Stupido uomo bianco), l'autore, il cineasta radicale Michael Moore, comincia chiedendo all'ONU di intervenire negli Stati Uniti per organizzare libere elezioni democratiche visto che Bush è stato eletto fraudolentemente...

(liberamente tratto da una corrispondenza dell'internazionalista newyorchese Richard Greeman, pubblicata da Le Monde libertaire del 19-25 settembre. L'articolo è quindi precedente alla grande manifestazione contro la guerra svoltasi alla fine di ottobre. A cura di Denis).

 



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