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Da "Umanità Nova" n. 40 del 1 dicembre 2002

Il filo spinato della vergogna. La libertà dei migranti è la libertà di tutti: chiudiamo i CPT!

Se dovessimo spiegare a un ignaro visitatore proveniente da un'altra galassia, con un solo esempio, il grado di ottusa crudeltà col quale la civile società italiana sta oggi affrontando il fenomeno delle migrazioni di massa, penso che non potrebbe esserci scelta migliore che descrivergli cosa siano i Centri di Permanenza Temporanea.

Se è indubbio, infatti, che i nostri governi - così attenti alle richieste dei loro elettori - stanno dando alla questione dei migranti una risposta che risente di un'impostazione altalenante fra spinte repressive e interessate attenzioni alle regole dello sfruttamento, pardon, del mercato del lavoro, è altresì indubbio che i CPT compendino in sé la vera "filosofia" della nostra classe dirigente. Quella, cioè, che considera gli individui appartenenti a società considerate "inferiori", non come soggetti giuridici legittimati a godere di quei minimi diritti civili che non si negano, ormai, nemmeno agli animali, bensì come entità astratte e metafisiche sulle quali poter esercitare ogni forma di vessazione.

Per capire meglio, cerchiamo di seguire, anche se controvoglia, il loro ragionamento: la questione dei migranti è un problema di ordine pubblico e non una emergenza sociale; ai problemi di ordine pubblico si risponde con metodi repressivi; i metodi repressivi, per definizione, devono punire i delinquenti; essendo tutti i migranti "clandestini" dei delinquenti, con loro le regole democratiche non valgono; se non valgono le regole democratiche, tutto è lecito. E questo è esattamente quanto accade nei CPT.

Quanto accade, infatti, si situa al di fuori di ogni principio giuridico degno di tal nome, e faticheremmo molto per far capire all'ospite extraterrestre, sempre più confuso, come questo possa accadere nella cosiddetta patria del diritto. E per fargli capire anche, come mai, ai tanti garantisti da due centesimi al chilo che affollano il nostro paese, non interessi assolutamente nulla dei diritti umani, prima ancora che civili, dei reclusi nei CPT: si è mai sentito, tanto per non far nomi, uno di quei radicali sempre pronti a cazzeggiare allegramente con le proprie urine, spendere una parola per questi detenuti?

Da tempo, ormai, parliamo di CPT, e su questo giornale sono numerose le informazioni su di essi e sulle lotte per chiuderli. E non è un caso che ce ne siamo occupati spesso. Non solo per quell'insopprimibile senso di naturale solidarietà, umana e politica, che ogni anarchico sente di dover dare a tutte le incolpevoli vittime dei meccanismi repressivi del potere, ma anche perché, e ci pare di sentirlo con sempre maggiore chiarezza, i CPT possono prefigurare, orwellianamente, molti scenari della futura società. Insomma, oggi a loro e domani... chissà?

È indubbio che le tensioni sociali interne e quelle internazionali siano destinate, nei prossimi anni, ad inasprirsi. L'attuale crisi economica, e quelle che seguiranno (a proposito, invito i lettori a prendere in mano l'inquietante e suggestivo Forza, Italia! del nostro Toni Iero) non potranno non trovare dure risposte popolari, così come i venti delle prossime guerre non soffieranno solo sui deserti del medio oriente, ma anche sulla nostra rabbia, e su quella di altri milioni di persone. È altrettanto indubbio, quindi, che il potere dovrà dotarsi di mezzi di coercizione e di limitazione degli spazi di libertà sempre più ampi, e che questi mezzi non risponderanno, necessariamente, ai criteri giuridici fin qui utilizzati. Anzi, più ce ne sarà bisogno, e più la risposta degli stati sperimenterà nuove strade che ignoreranno ogni parvenza di garantismo costituzionale. E se da noi si fanno le prove generali con i CPT, prendendo a cavie indifese gli ultimi degli ultimi, dall'altra parte dell'oceano gli statunitensi ci sbattono in faccia la base-prigione di Guantanamo, per farci presagire cosa ci può aspettare.

Appare così più che plausibile che, nella creazione dei CPT, non si realizzi soltanto l'insopprimibile afflato repressivo di una classe dirigente pronta ad assecondare quanto di peggio la ispira e la sostanzia, ma ci si ritrovi anche la volontà di una "sperimentazione" che funzioni da laboratorio sociale creando un modello diversamente applicabile a scenari futuri. Ecco quindi che nelle varie vie Corelli, Mattei e Brunelleschi non si vogliono solo punire i diseredati caduti nelle mani di un sistema di controllo privo di garanzie, ma si gettano le basi, temiamo, per comprimere mille altri soggetti sociali nelle regole della kafkiana Permanenza Temporanea.

Abbiamo lottato, e lottiamo tutti i giorni, contro questi mostri giuridici, combattendone la dichiarata funzione di incatenare senza processo i tanti disgraziati sans papier fuggiti dalle loro terre per trovare ospitalità nella nostra. Sono convinto che abbiamo anche altri, nuovi motivi, per continuare la nostra lotta.

Massimo Ortalli

 



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