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Da "Umanità Nova" n. 40 del 1 dicembre 2002

Cosenza: contro la repressione "democratica"
Mera quantu simu!

Oih cò, pensavanu ca ni facianu paura, ca ni sparpagliavanu, ma si su minati `a zappa supa i pedi, mera quantu simu". Così si esprimeva gioioso un manifestante a Cosenza, sabato 23 novembre. Ed aveva proprio ragione. A Cosenza eravamo in tanti, anzi tantissimi, soprattutto se si considera che nonostante la manifestazione fosse stata decisa lunedì 18, a tutto mercoledì ancora circolavano voci che forse si sarebbe tenuta a Napoli, mentre i mass media di regime la menzionavano a malapena continuando tra un tg ed un altro a fare confusione sul luogo.

Infatti, i burocrati di sindacato e partiti di regime della risorta sinistra istituzionale a Cosenza volevano concedere solo l'assemblea nazionale da tenere il Venerdì 22 all'Università, mentre il corteo volevano farlo ad ogni costo a Napoli, adducendo motivazioni tipo "a Cosenza rischiamo di non avere nessuno, perché sabato ci sono in Italia ben due manifestazioni dell'ulivo". In realtà, da girotondini e paladini delle toghe, non volendo forse guastarsela con la "solerte" magistratura cosentina intendevano relegare la protesta dentro le mura dell'università. Fatto sta: una partecipatissima assemblea di movimento, animata da una forte spinta emotiva, raccogliendo il desiderio comune di un'intera città che ormai palesemente dissentiva dall'operato della locale procura e voleva pubblicamente manifestarlo, mette all'angolo i politicanti di mestiere, concorda sulla proposta del resto già lanciata da ampi settori, compresi gli anarchici, sin dal giorno dopo gli arresti nel corso del sit-in davanti al tribunale, e decide che ad ospitare tutte e due le manifestazioni (assemblea nazionale e corteo) dovrà essere Cosenza.

L'assemblea

Venerdì pomeriggio all'università, l'aula magna è strapiena di giovani e meno giovani. Nei volti di tutti si legge la gioia: alcuni dei compagni sono stati scarcerati. Ma il ricordo che altri stanno dentro porta un pizzico di amarezza e di rabbia, perché non ci vuole molto ad intuire come il potere voglia continuare a giocare con l'arma della divisione. Giovani e meno giovani ascoltano con profonda emozione il padre di Carlo, disdegnano però la passerella di politicanti e burocrati che oggi all'opposizione parlamentare si scoprono noglobal e contro la repressione dimenticandosi di Napoli e della guerra al Kosovo quand'erano invece al governo. Ma a ricordarglielo ad Achille Occhetto sono grida e fischi spontanei che si levano immediatamente dalla sala non appena inizia a parlare.

Sono in molti a restare disgustati di tanta ipocrisia e se la sala non si svuota completamente al fastidioso suono di quelle ipocrite parole che il bonzo parlamentare tenta di sciorinare, lo si deve semplicemente al fatto che in molti si ricordano di essere lì per testimoniare la loro solidarietà ai compagni incarcerati e per chiedere con la lotta l'immediata scarcerazione. Nell'ambito dell'assemblea interviene anche un compagno della Federazione Anarchica di Spezzano Albanese che esprimendo ai compagni incarcerati la solidarietà della Cdc della FAI e delle strutture anarchiche e libertarie calabresi, i cui comunicati erano stati del resto già letti in assemblea, mette a nudo gli aspetti paradossali dell'azione repressiva, smaschera l'autoritarismo delle istituzioni democratiche, sottolineando che un altro mondo possibile lo si può costruire solo con un agire locale e pensare globale che si ponga fuori e contro la logica capitalistica e le gabbie istituzionali facendo propri nella prassi concreta i valori dell'utopia e del comunalismo libertario.

Il corteo

In mattinata i giornali commentano la scarcerazione di Claudio Dionesalvi e di Gianfranco Tallarico esaltando l'abiura, facendoli passare come dissociati, come rinnegati e poco manca che come definitiva purezza per il genere umano invochino anche la "cintura di castità" ed il "ius primae noctis" di altrettanta medioevale memoria. Ma i pennivendoli non riescono a guastarci la festa, anzi ci danno una ragione in più per portarci in piazza, soprattutto sapendo che Claudio e Gianfranco saranno con noi.

Alle ore 13 non eravamo in tanti, e noi anarchici circa un centinaio. Cominciavamo ad essere pessimisti. Ma man mano che passavano i minuti la piazza si riempiva di gente proveniente da ogni parte d'Italia ed anche noi anarchici eravamo cresciuti di alcune centinaia quando il corteo cominciava a muovere i suoi primi passi. Soprattutto anarchici e libertari calabresi, con nutriti gruppi di compagni siciliani e pugliesi ed altri compagni provenienti dalla Campania e da alcune località del centronord. Apriva lo spezzone lo striscione della Federazione Anarchica Italiana, seguivano poi lo striscione degli anarchici e libertari calabresi e quello dei compagni siciliani. Ad un terzo del percorso eravamo forse già un cinquecento compagni e davanti a noi si erano aggiunti compagni e compagne con le bandiere dell'unicobas, mentre il corteo nell'insieme si ingigantiva sempre di più: trenta, quaranta, cinquanta mila erano queste le cifre che si davano. Ma ormai poco ci importava conoscere il numero, sapevamo di essere in tanti e non solo al corteo ma anche sui balconi, sulle strade, ed uno scroscio di applausi, di saluti di pugni alzati ci accompagnava nel percorso.

Una Cosenza certamente antifascista ma a tratti anche libertaria faceva rivendicare dai balconi ad alcune vecchiette e vecchietti il loro passato partigiano e salutare con simpatia le bandiere rossonere e nere degli anarchici. Il nostro ricordo non poteva andare che al compagno ferroviere anarchico Nino Malara che negli anni bui del fascismo tanto si spese in città nella sua militanza antifascista. Sarebbe stato bello averlo noi, quando stavamo per raggiungere piazza Fera ed il nostro spezzone si era ormai nutrito sempre di più: settecento, ottocento, poco conta il numero eravamo in tanti, ed il vecchio Nino sarebbe stato felice di aver così tanto seminato, lui a combattere il fascismo durante il fascismo, noi oggi a lottare contro una repubblica democratica che incarcera i compagni appellandosi al codice Rocco. Ma sarebbe stato anche bello per Nino vedere come la sua Cosenza antifascista ha gioiosamente accolto i manifestanti, un variegato popolo di giovani e di lavoratori che giorno dopo giorno si convince che un altro mondo non solo è possibile ma è soprattutto necessario, e che noi anarchici aggiungiamo, un mondo che solo si può costruire fuori dal recinto istituzionale, a diretto contatto con la gente, con una rete planetaria di comunità autogestite ed autogestionarie.

Il giorno dopo

Partiti, istituzioni tutti gioiscono. I giornalisti esaltano l'aspetto pacifico del corteo, ma alcuni non cessano di godere continuando a puntare il dito sull'abiura di Claudio e Gianfranco, nonostante questi compagni abbiano chiarito di non poter abiurare ciò che non hanno mai condiviso, pensato, praticato; i pennivendoli sono però un po' stizziti... avrebbero voluto almeno una vetrina rotta: in tal caso si sarebbero accorti della nutrita presenza anarchica e con immensa gioia avrebbero potuto ulteriormente giocare sul distinguo tra buoni e cattivi. Così non è andata, ma gli anarchici ed i libertari c'erano. Cosenza li ha visti in piazza contro la repressione, così come Genova li ha visti contro i G8, Firenze contro la guerra e come ovunque nel mondo continueranno a vederli accanto agli sfruttati, agli oppressi, agli immigrati per insieme lottare per una società di liberi ed uguali.

D. Liguori

 



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