Da "Umanità Nova" n. 41 dell'8 dicembre 2002
Carlo Giuliani
La verità non si archivia
L'elenco era già lungo; vengono in mente i nomi di Saverio Saltarelli,
Giuseppe Tavecchio, Franco Serantini, Roberto Franceschi, Giannino Zibecchi,
Roberto Boschi, Pietro Bruno, Mario Salvi, Francesco Lo Russo, Giorgiana Masi:
sono solo alcuni degli assassinati dalle forze dell'ordine in scontri di piazza
negli anni Settanta.
Ed assieme ai nomi, tornano alla memoria scene altrettanto tragiche di quelle
viste in Piazza Alimonda a Genova.
Per tutti questi omicidi, così come per le centinaia di vittime
innocenti della Legge Reale ai posti di blocco, corrispondono altrettante
consolidate impunità per gli esecutori e i mandanti.
Infatti la richiesta d'archiviazione presentata dal giudice Franz riguardo
l'imputazione del carabiniere Mario Placanica è la premessa di
un'ennesima quanto prevedibile "assoluzione" per le conseguenze mortali
dell'operato di un agente in servizio d'ordine pubblico.
Forse per pudore, il magistrato ha glissato sull'ipotesi incredibile del
proiettile cal. 9 parabellum deviato fortunosamente da un calcinaccio lanciato
da un dimostrante, optando per la tesi della "legittima difesa" basata sulla
stessa figura del giovane carabiniere Placanica in preda al panico che,
vedendosi perduto, ha sparato dall'interno del Defender uccidendo un ragazzo
che lo stava minacciando con un piccolo estintore vuoto.
Si potrebbe obiettare che il diritto all'autodifesa andrebbe anche riconosciuto
alle migliaia di persone che il 21 e il 22 luglio 2001 furono aggredite,
massacrate, seviziate, incarcerate e persino denunciate da chi difendeva il
vertice del G8, ma questa è una considerazione di parte, inoltre
lasciamo ad altri sia l'illusione di chiedere diritti al potere che il rispetto
delle istituzioni, magistratura compresa. Comunque piuttosto che parlare
astrattamente di giustizia, vale la pena sottolineare quella che rimane l'ombra
più oscura che si è affacciata nelle ricostruzioni dei fatti.
Nessun processo evidentemente potrà stabilire se fu proprio uno dei
colpi esplosi da Placanica ad uccidere Carlo; infatti lo stesso carabiniere in
questi mesi ha continuato a rilasciare dichiarazioni quanto meno
contraddittorie che assomigliano quasi a messaggi trasversali; anche
nell'ultima intervista, pubblicata su La Repubblica del 3 dicembre scorso,
è tornato a dire: "E non vorrei - lo ripeto - che abbia sparato anche
qualcun altro".
È stato ipotizzato che questo "qualcun altro", anch'esso a bordo del
Defender, possa essere un appartenente a reparti speciali, eccellente tiratore,
che è riuscito a centrare Carlo in una situazione e ad una distanza in
cui era tutt'altro che facile "fare centro".
Ci sono alcune foto che sembrano avvalorare tale ipotesi ed anche alcune
testimonianze, eppure rimane una presenza inquietante che sembra destinata a
rimanere "coperta" e depistata per ordini superiori; evidentemente la sua
identità, il suo ruolo e il suo curriculum contrasterebbero troppo con
la versione ufficiale dei fatti.
D'altra parte, dai documenti processuali è emersa una verità che
fa pensare: in Piazza Alimonda è stata accertata la presenza di almeno
due superaddestrati "specialisti" del Battaglione carabinieri-paracadutisti
"Tuscania", veterani della missione in Somalia e degli scontri a fuoco nelle
vie di Mogadiscio.
Per quanto riguarda invece Carletto non abbiamo assoluzioni morali da invocare:
la sua scelta di stare dalla parte del torto ci basta per farcelo sentire come
carne della nostra carne.
Anti
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