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Da "Umanità Nova" n. 41 dell'8 dicembre 2002
Critical Mass
Una coincidenza organizzata
"Difendere l'America vuol dire difendere il sistema di vita americano.
Quelli che ci attaccano dicono che siamo colpevoli di vivere in case calde
d'inverno e fresche d'estate e di spostarci su macchine comode... chi ci
vorrebbe impedire di difenderci con le armi, vorrebbe farvi andare al lavoro in
bicicletta, come i cinesi"
Dan Quayle, ex vicepresidente USA, durante la campagna elettorale 2002
Il traffico, secondo un recente sondaggio, è la principale
preoccupazione degli abitanti delle maggiori città italiane, che
ritengono che l'eccessiva circolazione di automobili peggiori la qualità
della loro vita molto più di quanto non riescano a fare la
criminalità grande e piccola, la disoccupazione, la crisi economica e
l'immigrazione clandestina che vengono percepiti come "problemi" distanti dalla
propria quotidianità. Del traffico, viceversa, vengono visti come
immediatamente negativi i suoi effetti in termini di inquinamento, rumore e
perdita di tempo, gli vengono attribuiti disturbi fisici e psichici
(dall'insonnia alla gastrite) e fenomeni come la perdita di socialità e
il degrado di vasti spazi urbani e viene indicato correttamente dalla quasi
totalità degli intervistati come la più frequente causa di morti
violente ed invalidità permanenti.
Secondo altre statistiche, un automobile di cilindrata 1100 (tra
ammortizzazione dell'acquisto, tasse, benzina, riparazioni etc) si mangia da
sola un quinto dello stipendio di una persona che guadagna 1000 euro al mese.
La diffusione dell'automobile nell'ultimo secolo ha accompagnato la diffusione
su tutto del pianeta del capitalismo industriale. L'industria automobilistica,
fin dagli anni '30 del secolo scorso, è stata l'industria più
aiutata dai governi di tutto il mondo, sia attraverso sovvenzioni economiche
dirette e creazione di infrastrutture sia attraverso la riduzione dei servizi
di trasporto pubblico. Secondo lo storico Howard Zinn, il "sistema-automobile"
si è imposto negli anni '40 e '50 negli Stati Uniti, quando le compagnie
di trasporto urbano delle città furono privatizzate e vendute alle
industrie automobilistiche che non esitarono a smantellare aziende spesso in
attivo. Questo processo continua in Europa come in Sud America come in India.
Emblematico il caso dell'Italia, dove i manager e i dirigenti del settore del
trasporto pubblico - a partire da quelli delle Ferrovie - provengono quasi
tutti dall'industria automobilistica ed in particolare da mamma Fiat.
Critical Mass è una "coincidenza organizzata", un appuntamento tra
ciclisti che decidono di farsi un giro tutti insieme per le strade della
città. Non è una manifestazione di protesta contro il traffico o
una manifestazione in bicicletta - è una massa critica di ciclisti che
fanno un pezzo di strada insieme. È un'idea semplicissima: non
c'è bisogno di gruppi e di riunioni, basta che chi ne ha voglia sparga
la voce con i propri mezzi, il passaparola più o meno tecnologico (da
due chiacchiere al bar agli SMS, alle mail, alle fotocopie) in genere fa il
resto.
Nata a San Francisco nel '92, Critical Mass si è sparsa rapidamente in
tutto il pianeta ed oggi è un appuntamento che raccoglie a scadenze
più o meno fisse migliaia di persone dalla California a Zagabria, da Tel
Aviv ad Hannover, da Amsterdam a Sidney. In Italia c'è arrivata un po'
tardi, ma si sta diffondendo anche qui, in città grandi (Milano, Torino,
Roma, Genova) e piccole (Bergamo, Pisa, Feltre, Andria, Varese).
Critical Mass è una manifestazione che realizza immediatamente il suo
obiettivo, pedalare in buona compagnia in strade sgombre dalle macchine. Il
momento più bello è quando parte la massa e si entra nel traffico
e in poche decine di secondi i viali e le strade dove fino ad un minuto prima i
ciclisti erano relegati in un angolino stretto e puzzolente di gas di scarico,
improvvisamente diventano grandi piste libere dalle scatolette d'acciaio e
persino l'aria sembra più pulita. Dietro, intanto, partono i clacson
delle automobili, mentre qualche motociclista un po' irresponsabile cerca
d'infiltrarsi tra i ciclisti, rischiando di provocare incidenti.
Si va avanti così, tra gli insulti e le proteste dei prigionieri delle
quattro ruote, qualche goffo intervento della polizia (che in genere non sa
cosa fare e non capisce bene cosa sta succedendo), gli applausi e gli
incoraggiamenti dei pedoni liberati dalla puzza e dal pericolo. Critical Mass
è tanto pacifica quanto rischiosa. Anche nelle città più
piccole la sua storia è costellata di aggressioni, ciclisti investiti,
pesanti complimenti alle mamme dei partecipanti.
In una società in cui "l'uso dell'automobile è prima di tutto un
dogma culturale" (Wolfgang Sachs), un gruppo di ciclisti che per un giorno
occupano il posto delle macchine è una sfida blasfema per chi non si
rende conto di essere vittima e complice di un sistema che lo costringe a
spendere un quinto del proprio stipendio per riempire di inquinamento e di
rumore la propria vita.
A Critical Mass partecipano persone di tutte le età - dai liceali ai
pensionati - e dalle varie e incerte appartenenze politiche. Non ci sono capi,
non ci sono organizzatori (basta mettersi d'accordo su un'ora e un posto, a
fare pubblicità ci pensa chi ne ha voglia, con i mezzi che preferisce),
non ci sono sponsor e di portavoce non se ne parla nemmeno. Sicuramente non
sarà il trampolino di lancio per futuri leader e probabilmente non
avrà mai le luci della ribalta, oltrepassando il muro degli articoli di
costume. Intanto, nuove masse di ciclisti continuano a darsi discretamente
appuntamento in altre città e sul sito di Critical Mass
(www.inventati.org/criticalmass) la lista dei luoghi dove viene fatta aumenta
ogni settimana.
Lunga vita a Critical Mass
robertino
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