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Da "Umanità Nova" n. 42 del 15 dicembre 2002

Liberi tutti!
Corteo a Genova sabato 14 dicembre

Appena dieci giorni fa si temeva che il peggio potesse avvenire e che, anche se i segnali c'erano tutti, il disegno complessivo di una svolta autoritaria richiedesse tempi ancora relativamente lunghi. A distanza di appena una settimana, sembra che il peggio ci sia piombato addosso pesantemente e con tutte le sue implicazioni peggiori.

C'è una traccia profonda ed evidentissima che lega gli avvenimenti della settimana appena trascorsa. Gli arresti, le perquisizioni, gli avvisi di garanzia che hanno colpito i compagni del movimento new global si collegano organicamente alla soluzione data alla crisi della Fiat, al disegno della Confindustria, alla devoluzione, infine al preannuncio di Berlusconi sui compiti che lui personalmente e la sua corte si assumono per il 2003.

Vediamo, quindi, qual è il disegno complessivo di questo tentativo strisciante di colpo di stato.

Della persecuzione contro i compagni, parleremo più avanti.

Preliminarmente diremo che la fase che governo, magistratura, servizi segreti e alcuni corpi di pubblica sicurezza, ROS in testa, hanno avviato è quella di dividere, di rendere conflittuale l'intero contesto nazionale, nella presunzione, forse ottimistica ma tutt'altro che infondata, secondo la quale, alla fine, il popolo italiano è disposto a sacrificare tutto al quieto vivere, alla celebrazione delle feste comandate, alla vacanza estiva al mare o in montagna.

Veniamo così a leggere, secondo quest'ottica, le vicende sopra indicate, che non sono le uniche ma certamente le più significative.

Vicenda FIAT. Nel momento stesso in cui governo e azienda approntano un piano comune per tirarsi fuori dalla grave crisi sociale innescata, e lo approntano provocatoriamente senza consultare il loro interlocutore principale, il sindacato, sanno bene di giuocare una carta rischiosa, ma sanno altrettanto bene che le tre anime del sindacato italiano formano un fronte tutt'altro che monolitico sicché vale la pena tentare. Sinora sembra che il tentativo non sia perfettamente riuscito, ma non è impossibile che, cessata la tensione, Pezzotta e Angeletti cedano alla tentazione di sedersi al tavolo con governo ed azienda per salvare quello che, per la loro vocazione all'accomodamento, è il salvabile, ratificando, così, lo status loro imposto da governo e padronato. Il pericolo di una spaccatura del fronte sindacale, quindi, è tutt'altro che tramontato e, ove avvenisse, così come suggerito e auspicato da Fini, il giuoco sarebbe fatto.

Politica della Confindustria. È difficile non accorgersi che, approfittando di una congiuntura politico-economica confusa e di chiaro segno reazionario, la Confindustria punti a realizzare il massimo vantaggio per liberare le grandi imprese italiane, in evidente difficoltà sul mercato interno ed internazionale, dai condizionamenti di un proletariato ancora agguerrito e che non si lascia emarginare. Proliferano così i piani di ristrutturazione industriale, di ridimensionamenti quando non addirittura di dismissione, come alla Marconi di Caserta e nell'industria chimica in Sicilia, per citare solo due esempi. Il disegno è omologo a quello perseguito nel caso FIAT: trasferire sulle spalle dei lavoratori e di tutti i contribuenti italiani il peso di una crisi dovuta alla pochezza di un'imprenditoria che con gli aiuti di governi compiacenti e di sindacati distratti, ha vivacchiato nel limbo dell'inefficienza e delle gratificazioni indebite. A tutto questo occorre aggiungere che, liberando quote significative di manodopera qualificata, si abbassa la capacità contrattuale del lavoro e si innalza la conflittualità tra lavoratori occupati e quelli che premono per ottenere un lavoro.

Infine, la devolution e il presidenzialismo, che sono due modi diversi di perseguire il medesimo obiettivo: realizzare un regime politico autoritario in cui sia possibile governare la crisi profonda del sistema Italia con mano pesante e senza dover rendere conto alla comunità amministrata.

È chiaro che la situazione attuale concede poco alle esigenze di uno stato sociale che richiede un trasferimento di risorse dalle zone più ricche alle più povere del tessuto nazionale. Se alle difficoltà obiettive si aggiungono gli egoismi localistici di un ceto socio-politico di stampo leghista che tende a monopolizzare le risorse a favore delle regioni del nord, nella presunzione che siano le più attrezzate a sostenere la concorrenza con il resto d'Europa, lo scenario che si prefigura è quello di un'Italia spaccata in due, con un Nord più o meno velleitariamente proteso verso la globalizzazione dei mercati e un Sud definitivamente emarginato e condannato al sottosviluppo.

E veniamo, infine, alle persecuzioni contro i compagni, che sono il tentativo di operare un'ulteriore spaccatura, forse meno mediaticamente rilevata, ma certo - per il potere - più importante ai fini dello scontro decisivo.

La procura di Genova si è spesa senza risparmio per sostenere, con dichiarazioni e interviste, che i provvedimenti restrittivi non derivano da alcun teorema giudiziario, ma colpiscono solo i responsabili di atti specifici e, a suo giudizio, provati. Secondo il sostituto procuratore Daloiso, quindi, le sue decisioni, quelle già prese e le altre che verranno, vanno nella direzione di un aiuto concreto al movimento di contestazione, perché lo liberano delle frange estreme violente e pericolosamente inclini a comportamenti eversivi, coinvolgendo nelle loro azioni dissennate l'intero movimento, che viceversa è costituito da bravi ragazzi. Il termine "eversivo" che ricorre frequentemente nelle pagine di motivazione delle sentenze indica la direzione che si vuol dare all'azione repressiva. Il tentativo, ancora una volta, è quello di creare una frattura tra coloro che scendono in piazza per contestare "queste" istituzioni e ne ipotizzano altre migliori, e coloro che vogliono costruire un mondo che abbia logiche aggregative diverse, che neghi la necessità di una struttura piramidale della società e di un assetto economico-politico fondato sul sistema di produzione capitalistico.

È chiaro che un disegno autoritario, quale è quello che si tenta di attuare in Italia, miri a recuperare i primi e a criminalizzare i secondi, contro i quali vanno utilizzati tutti gli strumenti di un sistema repressivo che abbia nel codice Rocco il suo modello procedurale. In questo quadro vanno inscritti e i teoremi di associazione sovversiva rispolverati dalla procura di Cosenza e il reato di "compartecipazione psichica" elaborato e introdotto nel codice penale da quella stessa procura di Genova che, per bocca della Daloiso, affermava di voler perseguire solo reati comuni e individuali.

Ma al di là delle vicende giudiziarie, ci sono i segnali concreti delle intercettazioni telefoniche, delle "cimici" poste negli spazi autogestiti dai movimenti libertari all'interno delle Università e delle perquisizioni a tappeto (che sono testimoniate nelle pagine di questo stesso numero di UN), a dare la misura del livello dello scontro. Che non è soltanto uno scontro in ambito nazionale. Il movimento new global è il vero ed unico obiettivo da neutralizzare perché possano attuarsi quelle misure, antipopolari e repressive, idonee a superare la fase recessiva dell'economia occidentale e a tentare di rimuovere, con la guerra, tutti gli ostacoli che si frappongono all'instaurazione a livello mondiale della logica di dominio.

È necessario, quindi, prendere coscienza della identità e dell'entità del pericolo da fronteggiare, attrezzandosi adeguatamente senza ulteriori indugi.

Antonio Cardella

 



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