![]() Da "Umanità Nova" n. 42 del 15 dicembre 2002 Torino. Lavoratori Fiat in lottaLa mobilitazione degli operai e dei lavoratori torinesi è cresciuta in modo esponenziale a partire dal corteo istituzionale e confederale del 22 novembre. In quell'occasione un gruppo di delegati e lavoratori combattivi, appartenenti al Sin-Cobas e alla sinistra Fiom, decisero di occupare i binari della stazione principale della città subalpina: Porta Nuova. La logica che ha mosso in quell'occasione circa quattrocento operai FIAT è stata quella di rifiutare di continuare una mobilitazione fatta di cortei funeralizi e di promesse vane degli amministratori pubblici. La partecipazione dei lavoratori a questa azione decisa ancorché spettacolare non è stata massiccia, ma il risultato è stato ottenuto lo stesso dal momento che è stata dimostrata la possibilità di azioni di lotta di questo genere anche a Torino, così come già avvenuto a Termini Imprese e ad Arese. La scarsa adesione iniziale dei lavoratori FIAT torinesi alle mobilitazioni di questi giorni è spiegabile con la diversa situazione di questi ultimi rispetto ai loro colleghi siciliani e lombardi. A Torino l'azienda ha garantito che non si arriverà alla chiusura di Mirafiori e gli operai di questo stabilimento (fatte salve le avanguardie di fabbrica conosciute e già destinate al "sacrificio") possono illudersi che "tocchi a qualcun altro". A questo si deve aggiungere la mai superata sindrome da Autunno 80 che vede le mobilitazioni di fabbrica torinesi svolgersi sempre sotto la cappa di una sconfitta epocale mai elaborata in profondità e, quindi, sempre in procinto di ripetersi. La dimostrazione di radicalità dei primi quattrocento unita alle notizie sempre peggiori che arrivavano dalle trattative tra azienda, sindacato e governo ha, però, iniziato a mutare le cose. Nella settimana successiva all'occupazione del 22 alcuni operai e delegati, nel silenzio fragoroso dei media interessati più ad accendere i riflettori sulle "imprese" dei Disobbedienti nuovi pupilli della stampa, hanno ripetutamente bloccato le linee della Punto buttandosi sulle linee di produzione e rischiando il licenziamento immediato. Questa forma di lotta è particolarmente importante, dal momento che colpisce la FIAT nei suoi interessi impedendo l'uscita dell'unico modello che l'azienda torinese riesce a piazzare sui mercati. Inoltre un segnale di questo genere è particolarmente significativo nel momento in cui la FIAT ha deciso di giocare i lavoratori di Termini contro quelli di Torino e viceversa, decidendo prima di trasferire a Torino tutta la produzione della Punto e poi, sotto l'incalzare delle richieste del governo bisognoso di calmare le proprie clientele siciliane, di ritrasferirla a Termini Imprese. Nel frattempo si sono moltiplicate le azioni spettacolari come l'occupazione della tangenziale torinese, necessarie per mantenere l'attenzione della città sulla mobilitazione operaia. Il numero di lavoratori coinvolti in queste azioni è progressivamente cresciuto, coinvolgendo anche delegati e operai di tutte le sigle sindacali che fino a quel momento erano rimasti in una posizione di attesa. In questo clima di tensione in crescendo si è arrivati allo sciopero di venerdì 6 dicembre, il giorno successivo alla rottura delle trattative e alla firma dell'accordo tra FIAT e governo. Quel giorno Torino è stata invasa due volte (la sera e la mattina) da cortei operai che da Mirafiori raggiungevano la stazione ferroviaria di Porta Nuova per occuparla. I cortei del sei hanno interessato cinque-seimila operai per volta, raggiungendo così, nel complesso, una cifra di adesione che ha toccato più della metà dei lavoratori FIAT degli stabilimenti torinesi. Questa è stata l'adesione maggiore fino a questo momento alle mobilitazioni che hanno interessato l'azienda torinese. Ora si apre una nuova settimana che inizierà con un primo sciopero di otto ore sui due turni diurni, continuerà con la formalizzazione del coordinamento cassintegrati e con il voto operaio sull'accordo FIAT-governo e dovrebbe chiudersi con uno sciopero generale sulla vicenda, anche se non è ancora chiaro se quest'ultimo sarà del gruppo FIAT, di categoria, cittadino o nazionale ed esteso a tutte le categorie. Nel frattempo si è costituito un comitato di appoggio alla mobilitazione dei lavoratori della FIAT che coinvolge compagni del sindacalismo di base, come la CUB e il Sin-Cobas, iscritti FIOM e di varie realtà politiche e culturali cittadine tra cui la FAI torinese. Questo comitato nasce con l'intenzione di non lasciare l'iniziativa completamente in mano ai sindacati concertativi la cui unica proposta è per ora quella di sostituire la cassa integrazione a zero ore con quella a rotazione (richiesta tra l'altro respinta dalla controparte che vuole mano libera sulla cassa, sulla mobilità e sui futuri licenziamenti). Le parole d'ordine del comitato sono quelle di estendere e unificare le mobilitazioni dietro la parola d'ordine del rifiuto della cassa integrazione, al cui posto propone una secca riduzione d'orario a parità di salario allo scopo di ridistribuire il lavoro nel settore dell'auto non alle spese dei lavoratori ma a quelle della FIAT e delle banche. L'azienda torinese e i principali istituti bancari nazionali sono, infatti, i primi responsabili di questa situazione che hanno costruito da un quindicennio a questa parte con una politica industriale fatta di zero investimenti e di massicce operazioni speculative. Flora Purim
|