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Da "Umanità Nova" n. 42 del 15 dicembre 2002

Dibattito: Botta...
"Sul novembre fiorentino"

"La opportunità che dalla occasione ci è porta, vola; e invano quando ella è fuggita si cerca poi di ripigliarla" (Machiavelli, Istorie fiorentine, Rivolta dei Ciompi, III, 13).

Rispetto alle tre opzioni emerse a Riotorto e poi a Bologna ("andare a Firenze", "andare al mare", "fare altro"), nei mesi scorsi abbiamo rivendicato la necessità di essere "altrove" rispetto all'ESF, anche magari a Firenze con un corteo autonomo, ma comunque e con chiarezza "altrove". Dal momento che per quest'ipotesi non c'è stato spazio, non siamo andati a Firenze, se non al limite come osservatori, a vedere. Vorremmo tuttavia riaffermare, ora che nessuno potrà dire che "remiamo contro", quelle che erano e sono le nostre ragioni, riflettendo sull'evento ESF e sulla manifestazione del 9 novembre, visti di lontano, non con il pathos di chi vi ha preso parte.

Firenze non è Genova. Nonostante la partecipazione alla manifestazione del 9 sia stata anche più cospicua di quelle di Genova, tra l'altro con tantissime persone fuori dai ranghi, una differenza radicale balza agli occhi. Uno degli elementi forti di quello che si è poi definito, con formula livellante e centralista, il "movimento dei movimenti" era il rifiuto di operare dall'interno una distinzione pregiudiziale tra "buoni" e "cattivi", ammettendo un ventaglio ampio di possibilità d'intervento, di modi di lotta, di prospettive e discorsi diversificati. Al di sotto del divismo dei portavoce e dell'unanimismo dello spettacolo, contro cui si è rivendicata l'azione sociale andando a San Pier d'Arena, c'era qualcosa che legava realtà altrimenti del tutto distanti. Lo sosteneva anche Naomi Klein, non certo in un'ottica di estremismo e non guardando solo l'Italia: "la brutalità della polizia si nutre del silenzio e dell'indifferenza dell'opinione pubblica. Bisogna sottrarsi a qualunque tentativo di dividere il movimento in buoni e cattivi, non violenti e violenti". Anche in un movimento a dominante socialdemocratica come quello che si è espresso a Genova, è una solidarietà che, per quanto fragile, certo ha fatto paura, che occorreva spezzare.

Per questo Firenze, fin da subito, non è Genova. Non solo non c'è un G8, e dentro la sottile "zona rossa" della Fortezza da Basso si può accedere a pagamento, accreditandosi con il proprio stand di materiali. Ma c'è anche un modello diverso di ordine pubblico che prevede dall'interno una distinzione preventiva tra "buoni" e "cattivi". Mentre dentro la Fortezza si fa parlare Amedeo di Savoia duca d'Aosta che dice, sì, che anche lui è un no global, perché non solo è duca ma anche un contadino..., mentre tutti i "buoni" sono buoni, fuori la strada è lo spazio fluido del "nuovo modello" dell'ordine pubblico "invisibile" vantato dai giornali. Prendiamo solo "La Stampa" del 9 novembre, p. 8: "La filosofia del prodigio fiorentino (per ora) è riassumibile, dal punto di vista tecnico, nella pratica di un modello di ordine pubblico <<mobile e invisibile>>, affidato alla <<sinergia>> tra forze di polizia e quei momenti di <<autotutela>> del meeting stesso (presidi, banchetti)". Che cosa vuol dire "sinergia"? Significa che, fin dal controllo alle frontiere, i saperi di movimento sono stati messi a disposizione di chi doveva selezionare, disciplinare, porre ordine. "Ma è con le proteste degli anarchici che si è materializzato il <<miracolo>> fiorentino: la loggia del Porcellino poteva essere <<occupata>> dalle forze dell'ordine per impedire <<il festival dei Black bloc>> e invece, pur essendo in zona gli uomini della Digos, la loggia è stata <<occupata>> dall'Arci, una tra le sigle promotrici del meeting" ("La Stampa", 9 novembre, p. 8). Anche se la notizia è inesatta giacché l'Arci si è subito spostata, sarebbe stupido non riconoscere quella parte di verità che sta in bocca al nemico: perché mai l'Arci avrebbe dovuto "occupare" in una città in cui non aveva affatto bisogno di spazi, se non come forma di filtro e di controllo?

Non si tratta però soltanto del fatto che le frange più istituzionali divengono gli occhi, i mediatori, i garanti, forti della mano invisibile e discreta di "quei nuclei dai nomi impronunciabili, Gir e Rop, gruppi di intervento rapido e riserve ordine pubblico, a cui era affidato il compito di <<operare>>" ("La Stampa", 9 novembre). È che a un intero movimento viene chiesto di vigilare, di serrare i ranghi, di mobilitarsi contro il nemico invisibile, di espellere tutti coloro a cui si possa attribuire l'etichetta di "cattivi". Non è un caso che, dentro queste strettoie, anche i contenuti risultino oggettivamente schiacciati entro un "buonismo" generico, ora melenso e caritatevole, ora al limite pittoresco: cancellazione del debito, Tobin Tax, pace pace pace, lacrime sulle sofferenze del mondo, i telefonini che grondano sangue, le tombe etrusche, le "gentilezze anarchiche" nei negozi del centro... Alla fine, "molti del Social Forum Europeo sono stati invitati in Questura per un aperitivo da bere insieme ai responsabili delle forze dell'ordine" ("L'Unità", 11 novembre, p. 4). Veramente, come ha detto il sindaco di Firenze, "possiamo dire che il fantasma di Genova è finalmente lontano".

Per concludere, quell'involucro socialdemocratico che a Genova poteva essere impalcatura e sostegno a un movimento in crescita, a una rete orizzontale e aperta di esperienze molteplici che si intersecavano attivamente, già da tempo è diventato un'ingessatura costrittiva, che riconosce solo chi si rende utente di iniziative politiche preconfezionate, che promuove la passività, l'essere comparsa, moltitudine, spettacolo a beneficio delle istituzioni in crisi della sinistra. A noi pareva e pare che a volte si tratti anche di sottrarsi, di essere appunto "altrove" e di rivendicarlo con forza. Dire che "un altro mondo è possibile" non può voler dire dipingere la réclame ridicola e sgargiante di un Paradiso riformista per assicurarsi un posto in Municipio o in Parlamento sotto l'ala di partiti, CGIL e chiesa progressista. Quale "altro mondo"? C'è solo questo e chi non lotta qui e ora per cambiarlo non ne avrà nessun altro!

Subito dopo l'estasi "buonista" di Firenze, hanno arrestato con accuse pretestuose e pesantissime una ventina di compagni profondamente radicati nelle loro realtà sociali e dunque, nella logica dello stato, profondamente "cattivi". La nostra solidarietà alla Rete del Sud Ribelle, a tutte e tutti gli arrestati ed inquisiti.

Viva la sovversione sociale!

Cassandre Felsinee

 



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