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Da "Umanità Nova" n. 42 del 15 dicembre 2002
Dibattito: ... e risposta
"Anarchici nei movimenti"
Care compagne Cassandre Felsinee,
Le questioni che voi ponete all'attenzione dei lettori di UN sono di indubbio
interesse e meritevoli di attenzione e riflessione. E, al di là del
fatto contingente cui vi riferite (il novembre fiorentino dell'ESF), rimandano
ad un ambito problematico di ben più ampia portata. In particolare
ineriscono l'eventualità e le modalità della partecipazione ai
movimenti sociali da parte degli anarchici. Come ben capirete si tratta di
tematiche tutt'altro che irrilevanti.
Prima di entrare nel merito vorremmo tuttavia sgomberare il campo da alcune
imprecisioni, nelle quali, certo non volutamente, siete incappate e che rendono
difficile al lettore, che non avesse seguito tutte le fasi del dibattito
interno al movimento anarchico, comprendere il processo che ha portato la gran
parte degli anarchici italiani a disertare l'appuntamento del Forum Sociale
Europeo ed a limitarsi ad una massiccia partecipazione alla manifestazione
contro la guerra del 9 novembre.
Voi dite: Firenze non è Genova. Certo. Ma, a nostro avviso, Firenze
è cominciata a Genova. Le ambiguità, i tentennamenti, le
ipocrisie che hanno caratterizzato Genova si sono date una chiara forma
politica a Porto Alegre prima ed a Firenze poi. Non è un caso che
l'intero movimento anarchico in TUTTE le sue componenti sia rimasto estraneo al
Forum Sociale Europeo. Ma forse dimenticate che era rimasto estraneo anche al
Genoa Social Forum?
Voi parlate di più opzioni ma in realtà queste opzioni non si
sono mai date: infatti nessuno, in nessuna occasione, ha sostenuto che fosse
opportuna una partecipazione al Forum di Firenze. E, non a caso, nessuno vi ha
partecipato. Non vi hanno preso parte i fiorentini del MAF che hanno dato vita
ad una tre giorni autonoma, fuori e contro la dimensione istituzionale,
riformista e gerarchica dell'ESF. E, consentiteci una breve notazione, ci pare
ingeneroso mescolare l'iniziativa contro la TAV alla tomba etrusca con la
melassa buonista dell'ESF e con il folclore di un pazzarello con l'A cerchiata
che ha fatto opera di ringraziamento ai negozianti con le saracinesche alzate.
Ed all'ESF non hanno preso parte neppure i fiorentini del G.E.T.E.M. che si
sono limitati ad affittare un banchetto per fare da punto di riferimento
informativo per i tanti compagni arrivati a Firenze dall'estero, oltre a fare
un'eccellente diffusione della nostra stampa. Non vi hanno preso parte i
compagni del gruppo di lavoro No-global della FAI, che hanno diffuso per le
strade di Firenze uno stampato significativamente titolato "Il nostro forum
è il mondo intero".
A Firenze i compagni si sono astenuti dal prendere parte ad una kermesse
mediatica il cui unico scopo era la legittimazione della leadership moderata e
riformista sul movimento no-global europeo.
Vi hanno invece preso parte attiva, essendo impegnati nell'organizzazione
dell'evento, le aree del movimento no-global meridionale cadute sotto le
pesanti attenzioni repressive della magistratura cosentina di lì a due
settimane.
Gli anarchici, rispondendo all'appello della Commissione Antimilitarista della
FAI, hanno invece in svariate migliaia preso parte alla grande manifestazione
contro la guerra, una manifestazione che avendo come propria parola chiave il
rifiuto della guerra "senza se e senza ma" era in piena sintonia con
l'impostazione antimilitarista che caratterizza da sempre l'approccio dei
libertari.
Certo la compagnia non era delle migliori. A quella manifestazione hanno preso
parte gli (ex?)guerrafondai della sinistra diessina, dei Verdi, della CGIL in
versione "sbirri del movimento". Ma vi hanno partecipato anche, e in
proporzione certamente maggioritaria, centinaia e centinaia di migliaia di
persone che si opponevano, senza riserve di sorta, alla guerra che è in
procinto di scoppiare contro l'Iraq.
La scelta della gran parte degli anarchici di essere a fianco dei tantissimi
che manifestavano contro la guerra è in sintonia con la volontà
di ribadire la propria internità ad un movimento che, nonostante la
pretesa di molti di ridurlo a serbatoio elettorale per le varie sinistre
istituzionali (da Rifondazione ai DS per finire al partito ombra di Sergio
Cofferati) si mostra sempre capace di autonomia e vivacità tali da
sfuggire alle maglie rigide in cui in troppi vorrebbero ridurlo.
In definitiva la questione che si pose a Firenze in occasione del corteo contro
la guerra è la medesima che ci troviamo innanzi ogni volta che si
sviluppa un movimento di opposizione sociale. Ogni movimento trova presto
recuperatori che cercano di ridurlo a mero supporto di politiche nella migliore
delle ipotesi onestamente riformiste, nella peggiore vergognosamente
indirizzate a garantire potere e voti. Ogni nuovo movimento vede altresì
la partecipazione di migliaia e migliaia di persone che con entusiasmo si
avvicinano alla politica con lo spirito di chi vuole essere protagonista e non
pedina in un gioco deciso altrove. Un gioco nel quale spesso purtroppo un ruolo
decisivo lo svolgono i media che fanno indossare e dismettere a seconda delle
necessità del momento gli abiti chiari o quelli scuri ad un movimento
che è stato e continua ad essere caratterizzato da molteplici nuance.
In questo senso avete ragione: Firenze non è Genova. A Genova TUTTI
dovevano essere "cattivi" mentre a Firenze TUTTI dovevano essere "buoni", ma la
realtà a Firenze come a Genova, fortunatamente sfugge a qualsiasi
pretesa di ingabbiarla in schemi precostituiti e, soprattutto, resiste
tenacemente alla volontà di pochi di ridurla alla propria
rappresentazione. Un breve noterella: a Torino persino i tifosi della Juve la
chiamano "la busiarda"... stiamo, è ovvio, parlando de "La Stampa".
Essere al corteo contro la guerra sfilando accanto al sindacalismo di base ci
pare una scelta del tutto analoga a quella che il 18 ottobre in occasione dello
sciopero generale ci ha portato in piazza con quello stesso sindacalismo di
base. La Commissione FAI "La questione sociale" in quell'occasione si è
mossa in modo simile a quanto ha fatto la Commissione Antimilitarista. D'altro
canto i sindacati di base erano tra le componenti dei social forum il 18
ottobre come il 9 novembre.
Si tratta del tutto evidentemente di questioni molto complesse in cui l'operare
dei libertari dovrebbe, senza spirito polemico ma con serena volontà di
confronto, trovare spazi ed ambiti di approfondimento.
Quella che entra in gioco è la partecipazione degli anarchici ai
movimenti di opposizione sociale, movimenti, che in versione sindacalista non
più e non meno che in versione no-global, o ambientalista o
antimilitarista sono variegati, complessi, spesso innervati da componenti
autoritarie, moderate, incapaci di una reale volontà di cambiamento
dell'assetto sociale, politico, economico. Ma i movimenti, specie nella fase
aurorale, tendono a sfuggire all'istituzionalizzazione aprendo spazi di
intervento importanti alla critica ed all'azione dei libertari. A Genova nel
2001 come il 15 febbraio, il 16 aprile o il 18 ottobre per finire al 9 novembre
a Firenze o il 23 a Cosenza il movimento anarchico, nella sua grande
maggioranza, ha scelto di portare i propri contenuti nelle varie piazze
puntando ad una crescita delle sensibilità libertarie all'interno di un
movimento che si poneva come rete e non come piramide, come luogo di
sperimentazione fuori dai perimetri rigidi dell'istituito. Sapevamo e
continuiamo a sapere che la partita è difficile: sempre agli anarchici
si cerca di far indossare l'abito dell'Uomo nero o quello del pagliaccio per
eludere la corrosività radicale di una critica irriducibile alle
compatibilità del riformismo nostrano. Ma, d'altra parte, non vi
è un "altrove" dove effettuare improbabili esodi. All'epoca
dell'informazione totale il controllo sul senso "pubblico" del nostro agire,
del nostro esserci o non esserci, dello stare qua o là ci sfugge quasi
completamente. L'unica sottrazione possibile è nella creazione di
circuiti comunicativi autonomi, la cui efficacia non è nella potenza del
"mezzo" ma nel porsi in rete di chi sceglie di essere fuori dai circuiti
informativi ufficiali. La questione, ancora una volta, dipende dalla nostra
capacità di allargare le crepe di una contraddizione aperta, una
contraddizione che, di fronte all'ondata repressiva delle ultime settimane non
potrà che ulteriorizzarsi. La sinistra con l'elmetto, quella delle bombe
sulla Serbia ed il Kosovo, quella dei lager per migranti, quella "legge ed
ordine" del marzo napoletano del global forum, quella con le pettorine del
servizio d'ordine nel novembre fiorentino, quella "buonista" ma feroce è
la vera intrusa nel movimento no-global.
Scegliere di stare nei movimenti significa anche cogliere la sfida e la
difficoltà che questo comporta mirando a portarvi i nostri contenuti
antiautoritari e libertari senza tema di sporcarsi le mani, evitando
l'isolamento nel quale da ormai un anno e mezzo vogliono cacciarci i buonisti
filoistituzionali.
I buonisti, loro sì, sono "altrove": sono pesci del proprio lago, quello
delle istituzioni, dei partiti, dei sindacati di stato. Noi, anarchici, siamo e
resteremo nelle piazze, quelle stesse piazze dove nell'ultimo anno sempre
più ampia è stata la presenza e la capacità propositiva
dell'anarchismo sociale, quello che, non a parole ma nella quotidianità
e nella coerenza della propria azione "lotta qui ed ora" per cambiare il mondo
intollerabile in cui siamo forzati a vivere.
Maria Matteo, Emilio Penna, Rosaria Polita
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