Da "Umanità Nova" n. 2 del 19 gennaio 2003 Wanted! Sceriffi a GenovaLa storia è nota: il sostituto procuratore Pellegrino, per conto della Procura di Genova, acquista uno spazio sul quotidiano genovese "Il secolo XIX", del giorno mercoledì 8 gennaio 2003, in cui si richiede di fornire informazioni sull'identità di due persone, un uomo ed una donna, ritratte all'interno di una foto che risale agli scontri di Genova del 2001 e che fa riferimento, in particolare, all'assalto dei black blokers ad una filiale del Credito italiano, che si trovava nei pressi del concentramento della Confederazione Cobas (e di altre organizzazioni politiche) della mattina di venerdì 20 luglio. Le foto vengono estrapolate da una telecamera fissa che riprende 2 sequenze di 20 secondi, una separata dall'altra, in cui si trovano "implicati" i due soggetti in attesa di riconoscimento. Proviamo ora ad affrontare alcune questioni di merito, come minimo spinose se vogliamo usare un eufemismo: Una Procura nazionale, che ha mezzi e strumenti di indagine impressionanti e che si avvale di collaborazioni "qualificate" di polizia e carabinieri, si trova "costretta" a pubblicare su di un quotidiano nazionale la foto di due esponenti molto riconosciuti, e non solo all'interno dei Cobas, per arrivare ad una loro identificazione. Un quotidiano, accetta la pubblicazione dell'annuncio e quindi si comporta, consapevolmente, da strumento politico/poliziesco. Forse nulla di nuovo per chi è abituato a leggere politicamente le funzioni degli strumenti di comunicazione di massa, ma questa volta possiamo affermare, senza più alcun dubbio, che "il re è nudo". Il processo, quello di piazza, è già partito: l'opinione pubblica ha modo di avvallare, grazie anche alla diffusione delle notizie sui maggiori canali televisivi, i teoremi pre-costituiti della magistratura, delle forze armate (I Ros dei carabinieri) e delle forze di polizia che indagano sul movimento in generale e sui fatti di Genova in particolare. In ultimo la difesa della Confederazione Cobas, dei suoi esponenti indagati e di altre componenti del movimento. Vorrei ricordare, banalmente, alcuni elementi che ci aiuterebbero a focalizzare la questione in corso e che, se possiamo dirlo, la pre-determinano. Il primo fra essi è che la magistratura è un Corpo Politico dello Stato, che esercita un Potere effettivo non solo di giudizio e sanzionatorio, ma anche di indirizzo e di dibattito ideologico. Lo sono allo stesso modo i corpi militari e di polizia che sostengono le indagini: essi non sono esclusivamente chiamati a portare "prove", ma anche a costruire il montaggio di un film, che potrebbe avere esiti diametralmente opposti. Anche loro quindi sono Corpi politici dello Stato con funzioni di indirizzo ideologico e politico. All'interno di questi corpi statuali naturalmente vi sono scontri di potere interni e logiche di apparati che sfuggono alla conoscenza dei più. Il Potere Politico per eccellenza governa, dialetticamente, il rapporto con queste forze, a volte scontrandosi con esse, a volte avvallandole, a volte dirigendole direttamente. La domanda che dovremmo porci, almeno inizialmente, dovrebbe toccare almeno due questioni: Quale scontro è in atto all'interno della Procura di Genova e quali scontri sono in atto tra diversi apparati repressivi dello Stato? Giungono, infatti, notizie sulle mancate collaborazioni alle indagini da parte delle Digos nazionali e locali e giungono voci, al contrario, che questi supporti non siano mai stati chiesti. Altri quotidiani "ben informati" come "il Manifesto" e "Liberazione" spingerebbero a far credere che la pubblicazione delle foto sia dovuta essenzialmente alla ricerca di infiltrati della polizia: beati loro che ci credono! Io sono tentato dal pensare, invece, che, forse, la questione delle collaborazioni tra diversi apparati dello Stato sia un "fuoripista" e che la ragione vera di quella pubblicazione sia eminentemente politica: la dimostrazione teoretica di una connessione nelle azioni tra Black Bloc, Confederazione Cobas e assimilati, volta, in un secondo tempo a colpire, in questo mirabile disegno, altre componenti del movimento e a dimostrare, una volta per tutte, non solo l'internità del Black Bloc al movimento, ma l'internità della violenza di piazza alla gran parte delle componenti dei vari Social Forum. Il passo per distinguere i "buoni" dai "cattivi" è presto fatto e l'assoluzione postuma della violenza poliziesca è presto servita: dimostrato il teorema, si dimostra che la necessità di essere intervenuti militarmente e con violenza, nelle strade, nella scuola Diaz e per andare avanti sino alla caserma di Bolzaneto era del tutto giustificato dalle connessioni tra i gruppi, all'interno dei quali alcuni avrebbero avuto il ruolo di reggi- moccolo ed altri di appicca- fuoco. Sembra, però, che in pochi si rendano conto di tale realtà combinatoria, o, invece, che una volta appurati i fatti, rispondano nel peggior modo possibile: invece di difendere quanto hanno fatto, e di fornire le ragioni politiche delle loro scelte, attaccano l'unico capro espiatorio contro cui il movimento si può attaccare, i Black Bloc. Ecco qui che Genova, l'Italia, l'Europa ed il mondo tutto hanno la loro nuova "Al Queda anarchica", l'impalpabile "terrorismo di piazza" che non ha capi, né volti, né riconoscimento alcuno: introvabili e pertanto utilizzabili a desiderio. Della loro storia o delle loro storie, in fondo, non interessa ad alcuno. Penso, infine, che l'unico modo per non cadere nel ridicolo o nell'infamia sia quello di rivendicare ciò che si è fatto e le ragioni per cui lo si è fatto, e di sapere che quando si espone il proprio giudizio politico su prassi, teorie e modalità a noi differenti o distanti non lo si fa per consegnare qualcuno o qualcosa alle maglie repressive delle Stato o al pubblico giudizio. Per le forche ci pensano già quanto basta i nostri nemici. Pietro Stara
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