Da "Umanità Nova"
n. 2 del 19 gennaio 2003
Il massacro della Diaz
O poliziotti o delinquenti
Era la notte del 21 luglio 2001, dopo due giorni di inferno, quando
un reparto di polizia antisommossa di Roma e agenti della Digos fecero
irruzione nella scuola Diaz, dove stavano dormendo un centinaio di persone
che avevano preso parte alle manifestazioni contro il G8. Seguirono scene
di pura violenza con un bilancio di 61 feriti gravi, alcuni gravissimi,
e 93 arrestati.
Uno dei malcapitati dirà di aver pensato ad un colpo di stato,
ad una situazione da squadroni della morte, un funzionario di polizia
in seguito la definirà testualmente "un'azione da macellai".
Immediatamente, per dare una parvenza di legalità alla rappresaglia,
venne orchestrata una serie di argomentazioni per le quali l'intervento
poliziesco sarebbe stato legittimo: si parla di una indimostrata sassaiola
avvenuta in precedenza nei pressi contro una pattuglia mista delle forze
dell'ordine, si vocifera della presenza di appartenenti al Black Bloc
dentro la scuola (come se ciò potesse giustificare qualcosa), un
poliziotto si inventa di essere stato accoltellato e viene denunciato
per questo, si farnetica riguardo una supposta resistenza alla "perquisizione",
mostra alla stampa un improbabile arsenale costituito da coltelli da campeggio,
strumenti di lavoro di proprietà di una ditta che sta effettuando
dei lavori edili all'interno della struttura, nonché alcuni attrezzi
della palestra scolastica ed altri oggetti vari.
Il pezzo forte è rappresentato da due bottiglie molotov che però
si scopre essere state portate dagli stessi agenti per cercare di incastrare
i fermati.
La montatura appare costruita con notevole superficialità come
se fosse normale prefabbricare delle prove a carico, confidando sulla
totale copertura da parte del governo e nella compiacenza dei cosiddetti
mezzi di informazione e dei magistrati; stavolta però non si tratta
di fregare il solito tossico, un ladruncolo qualsiasi o il "clandestino"
di turno, e così scoppia un caso che non può più
essere insabbiato.
Così inizia il rimpallo delle responsabilità tra i vari
livelli dirigenti responsabili dell'ordine pubblico a Genova e i diversi
funzionari presenti al momento dell'assalto e del massacro.
Davanti ai magistrati incaricati delle indagini sull'accaduto passano
celerini, graduati, comandanti, funzionari ministeriali, superpoliziotti
dell'antiterrorismo, vicequestori, generali...
Dato che quasi tutti i picchiatori in divisa - circa un centinaio -
erano a volto coperto, l'ipotesi di reato per lesioni gravi passa per
l'articolo 40 secondo comma del codice penale, che incrimina ogni agente
presente per non aver impedito tale reato; a questa imputazione si è
aggiunta, dopo lo smascheramento della messa in scena delle molotov, quello
di falso ideologico e calunnia per i 13 firmatari del verbale d'arresto
e gli altri funzionari presenti (19 in tutto), incastrati da un video
e dalle dichiarazioni di due poliziotti che hanno deciso di parlare.
Alla fine dell'anno il capo della polizia De Gennaro, in una lettera
al quotidiano genovese Secolo XIX, ha sostenuto che "la verità
è che le forze di polizia (...) credono nei valori della nostra
Costituzione, detestano la violenza, ricorrono all'uso della forza solo
quando è assolutamente indispensabile".
Una verità che si scontra con quanto avvenuto in quella calda
notte di luglio: c'erano già stati un morto, centinaia di feriti,
migliaia di intossicati da gas ed ormai la "pace" era tornata a Genova,
eppure alla Diaz si è voluto compiere una rappresaglia a freddo,
nel corso della quale degli agenti, in evidente stato di alterazione,
sono stati capaci di una violenza inaudita e inquietante contro degli
inermi.
L'asservimento al potere dominante e l'obbedienza agli ordini hanno
da sempre coinciso con la disumanizzazione degli esecutori, ma questo
non può spiegare tutto: quanto di ideologico, quanto addestramento
alla sopraffazione, quanta assuefazione al sangue, quanta sicurezza nell'impunità
sono stati iniettati in quelle divise?
Per quanto riguarda invece l'uccisione di Carlo Giuliani in piazza Alimonda,
sarà discussa il prossimo 18 febbraio la richiesta d'archiviazione
per legittima difesa dei procedimenti a carico dei carabinieri Placanica
e Cavataio, da tempo presentati come delle vittime e persino come degli
eroi.
"O poliziotti o delinquenti", commentava Cesare Pavese.
KAS
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