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Da "Umanità Nova"
n. 2 del 19 gennaio 2003
Letture:
"Virgilia D'Andrea. Storia di un'anarchica"
Francesca Piccioli, Virgilia D'Andrea. Storia di un'anarchica, edizioni
del Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo, Chieti 2002, pp.190, euro
10
Ecco un volume di impianto scientifico e di piacevole lettura, esordio
delle nuove edizioni CSL Camillo Di Sciullo (cas. post. 86, 66100 Chieti;
<fab.pal@libero.it>). L'autrice ci propone una documentata biografia
di Virgilia D'Andrea (1888-1933), poetessa, giornalista e militante. Sul
piano metodologico le questioni che sempre si pongono ad ogni narratore
di storie di vita, quelle della sequenza e dell'integrazione efficace
tra parte événementielle e descrizione dei contesti ("il
problema dell'attore"), sono qui risolte in modo originale e brillante.
Vicissitudini personali a forte valenza formativa per una "maestrina"
abruzzese nel primo novecento, passioni sociali che certo sono alimentate
e segnate da sofferenze per le ferite mai rimarginate, dalle tragedie
familiari patite nell'infanzia, dalla solitudine, male oscuro e inguaribile,
ma anche dalla felicità in età adulta per la lotta e per
la condivisione di amore e ideali di redenzione umana: è il filo
di un racconto che attraversa la prima metà del XX secolo, fra
Europa e America. Orfana di entrambi i genitori, il padre vittima di un
delitto passionale, a sei anni Virgilia è già rinchiusa
in un collegio gestito da religiose, un'istituzione insopportabilmente
rigida verso la quale maturerà presto la sua avversione. Il conseguimento
del diploma magistrale le consente almeno di rifugiarsi nello studio e
di affinare le sensibilità. Le letture di Leopardi, Ada Negri,
Mario Rapisardi e Carducci sono il suo primo rifugio, il suo aprirsi ad
un mondo che teme ma che vuol conoscere. L'"incontro" con gli anarchici
avviene in occasione del regicidio di Monza, all'età di dodici
anni e... in convento, ossia dalla percezione del fatto che le suore le
trasmettono. Il distacco definitivo da quel luogo e dalla natia Sulmona,
siamo ormai nel 1909, suscita nella giovane sentimenti contrastanti: gioia
per l'affrancamento, ma anche paura per il futuro. E un'intensa malinconia.
"..Allorché mi avvicinai timidamente a Suor Giulia, - ne scriverà
nel suo 'Torce nella notte'- ella mi pose le mani sulle spalle. Pareva
tremasse... E non fu capace di pronunciare una parola. Restò a
guardarmi alcuni istanti con una espressione di umiltà e di dolore
quasi volesse chiedermi perdono se per colpa d'un regolamento rigido e
severo, non aveva potuto darmi un poco della tenerezza d'una madre..."
.
Insegna per alcuni anni in varie scuole elementari dell'Abruzzo, poi
conosce Armando Borghi con cui condividerà il resto della vita
ed un'attiva militanza nei ranghi del movimento. Le conferenze di propaganda
e gli articoli nei giornali di lotta, momenti topici dell'acculturazione
proletaria novecentesca, sono ragioni della sua esistenza, grido di amore
e di altruismo. E c'è una spinta etica che la spinge inesorabilmente
verso l'azione febbrile, a ribellarsi alle ingiustizie sociali, per il
riscatto umano degli ultimi. Poetessa della rivolta e agitatrice indomita,
vive a pieno le stagioni esaltanti dell'antimilitarismo e dell'impegno
sindacale come attivista e dirigente dell'USI. Rimane fortemente impressionata
dai moti spartachisti in Germania. Nel 1920, dopo il tragico "Natale di
sangue" a Fiume e la fine di ogni speranza per la velleitaria repubblica
sindacalista dei consigli, scrive a D'Annunzio: "Ma sotto le rovine del
vostro sogno crollato cinquecentomila morti, o poeta, sono rimasti sepolti
per la seconda volta". Incarcerata per cospirazione contro i poteri dello
Stato e per incitamento all'insurrezione oppone all'ottusità dei
ferri e delle catene la sua lirica, anelito di libertà che non
può essere contenuto dalle sbarre della cella (Non sono vinta!).
E la rivoluzione sociale è concepita nei termini di liberazione
di tutte le energie compresse.
L'analisi sul fenomeno fascista - violenza contro civiltà - e
sul rivoluzionarismo mussoliniano delle origini, è ben delineata
in un manoscritto inedito della D'Andrea (reperito presso l'Archivio Berneri
di Reggio Emilia). Diverse pagine del libro sono dedicate alle pregnanti
questioni del terrorismo rivoluzionario, del tirannicidio. Per la poetessa
i bombardieri del Diana altro non sono che "proiettili caricati dalla
ingiustizia della società e dal cinismo e dalla viltà della
reazione". Il sacrificio di Anteo Zamboni e quello di Michele Schirru,
angeli vendicatori del popolo oppresso, ci appaiono in tutto il loro significato
simbolico. Vim vi repellere!, ossia respingere la violenza con la violenza,
e quindi spezzare le catene è la scelta obbligata per ritrovare
il "libero cammino". Contro la dittatura dunque, sempre e senza tregua.
Per lei "attaccare il fascismo significa difendere il presente e l'avvenire
dell'umanità". Le sorti tragiche di Sacco e Vanzetti, e le battaglie
per salvare i due anarchici innocenti dalla sedia elettrica, da "una morte
legalmente eseguita", saranno poi un altro fronte del variegato impegno
militante della D'Andrea.
L'esilio, in Germania e Olanda, in Francia e negli Stati Uniti, costituisce
la sua esperienza formativa in età matura. A Parigi (Nel covo dei
profughi), città che ama moltissimo, conosce da vicino il mondo
dei perseguitati e degli sradicati d'Europa. Attraverso i suoi scritti,
i testi delle innumerevoli conferenze e le collaborazioni alla stampa
anarchica internazionale è facile notare - come sottolinea anche
la stessa Piccioli - che le emozioni non possono essere considerate irrilevanti
per la storia, oppure relegate, aggiungiamo noi, a certi ambiti della
storia di genere. E il parallelo con Emma Goldman, proposto a margine
del volume, assume una certa rilevanza.
Virgilia muore di cancro a New York, accanto a lei c'è Armando
Borghi, amore della sua vita e inseparabile compagno di lotta.
"L'apostolato di Virgilia D'Andrea è stato breve, - ne scrive
Auro D'Arcola sull'Adunata - perché breve è stata la sua
vita: ma è stato intenso. Vi ha portato il senso squisito di un'arte
bellissima; il coraggio di tutte le temerarietà; la tenacia dell'eroismo;
e un pensiero profondamente umano che tutto comprendeva e tutto abbelliva".
Giorgio Sacchetti
P.S. Avanziamo un lieve dissenso sulla visione pessimistica della Piccioli,
esposta nell'introduzione al libro, rispetto allo stato della storiografia
sull'anarchismo. Sulle storie a dimensione regionale, per fare un esempio,
i primi studi risalgono agli anni ottanta e non a oggi. Ugualmente, nel
decennio successivo, un'importante casa editrice ha pubblicato una voluminosa
ricerca a carattere scientifico sul Sindacato Ferrovieri Italiani (dando
spazio consono al ruolo degli anarchici all'interno dello stesso).
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