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Da "Umanità Nova"
n. 3 del 26 gennaio 2003
La grande abbuffata
Stretto di Messina: la banda del Ponte si rifà viva
Il 14 gennaio, con due mesi di anticipo sulla scadenza prefissata, il
Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina ha
approvato il progetto preliminare e la valutazione di impatto ambientale
inerente il ponte sullo stretto, i cui lavori, a questo punto, secondo
governo e società incaricata del progetto, potranno iniziare nel
2005 e terminare nel 2011.
Rispetto al progetto iniziale, l'attuale - di cui si conoscono solo
i contorni - ha subito alcune modifiche, mentre immutate sono le questioni
di fondo: quella finanziaria in particolare, con la famosa ripartizione
40% (Finteca, azionista di maggioranza della "stretto di Messina") - 60%
(privati e mercati).
In realtà non solo il progetto è altamente insufficiente
e incompleto, ma la questione del denaro è profondamente in alto
mare.
L'opera è unica al mondo, la sua lunghezza (3000 metri) sarà
oltre il doppio del ponte di Brooklyn, e la campata unica si reggerà
su due torri più alte della Tour Heiffel; per la larghezza sarà
quanto sessanta campi di calcio messi in fila, con sei corsie autostradali,
più una per camion, più due per l'emergenza, e ancora due
binari più altri due d'emergenza. Le fondamenta saranno di proporzioni
gigantesche, per costruire le quali occorrerà sventrare interi
territori per recuperare oltre un milione e mezzo di metri cubi di ghiaia
e sabbia; si sa solo che in Sicilia saranno messe le mani sull'Etna; mentre
non si sa dove andrà il materiale di risulta. Un'altra cosa che
si sa è che in Sicilia e in Calabria, la maggior parte delle società
di movimentazione terra sono appannaggio della mafia.
Quest'opera sbalorditiva (in tutti i sensi) non potrà neanche
sostituire definitivamente la flotta impiegata nell'attraversamento dello
Stretto; infatti uno dei maggiori fattori di rischio per il Ponte è
rappresentato dai venti, sono questi la vera incognita, in quanto studi
fisici su strutture di questo tipo non sono mai stati fatti se non a tavolino,
poiché non ne esistono, e la potenza dei venti è un pericolo
non completamente prevedibile. Si calcola già che i giorni di chiusura
del ponte per forte vento potrebbero anche essere oltre 150; ad ogni modo,
anche se fossero solo una ventina, ciò imporrà che la flotta
debba essere parzialmente attiva, sempre pronta ad entrare in funzione;
molto probabilmente il sistema a imbuto rappresentato dal ponte, comporterà
tanti e tali rallentamenti da costringere gli automobilisti a preferire
in determinati periodi l'attraversamento tradizionale con nave traghetto.
Non risolto è anche il problema del bradisismo, poiché
le due sponde, che hanno livelli di innalzamento dal mare di entità
diversa (la Calabria si alza di un centimetro l'anno in più che
la Sicilia), si allontanano tra loro di 10 centimetri ogni dieci anni;
il fenomeno terremoti potrebbe essere sopportato solo se le scosse non
superassero i livelli medi.
Insomma le incognite tecniche rimangono tutte, e quelle economiche sono
delle autentiche voragini: i 2,5 miliardi di euro "certi" si affiancano
agli ipotetici 3,5 miliardi di fantomatiche società private che
ancora non si sono fatte vive; queste potranno riprendersi i capitali
con la gestione dei pedaggi: calcolando una cifra pari a 10 euro a passaggio,
con diecimila passaggi al giorno (senza considerare i giorni di chiusura),
ci vorranno almeno cinquant'anni per azzerare l'investimento e cominciare
a recuperare profitti: una prospettiva non certo allettante.
Insomma, l'ottimismo di Berlusconi rispecchia la felicità di
quei grandi appaltatori sin da ora certi di partecipare al banchetto della
costruzione; per il resto: rischi e incertezza, ulteriore aggravio sulle
casse pubbliche (e quindi su tutti i cittadini), svendita del patrimonio
artistico-monumentale, distribuzione di appalti alla mafia, devastazione
ambientale sia dello stretto vero e proprio e del suo fragile equilibrio,
che delle due sponde (decine e decine di chilometri di strade e ferrovie
per raggiungere il livello delle rampe d'accesso al ponte), sono le uniche
certezze di quest'italica impresa.
Il tutto per recuperare un'ora di attraversamento; un grande investimento
fuori dalla norma, incorporato in un sistema arretrato di strade, autostrade
e strade ferrate, per migliorare il quale basterebbero sicuramente le
briciole delle risorse che il ponte (cioè imprenditori e mafiosi)
risucchierà.
Un'opera inutile e dannosa, completamente fuori tempo per quanto concerne
le esigenze dei trasporti, la necessaria diversificazione dei vettori,
la messa in opera delle autostrade del mare per le merci, la crisi del
gommato e la sua insostenibilità da ogni punto di vista.
Per la sua portata e la sua gravità, questa scelta va annoverata
tra le più grosse operazioni che gli affamatori del proletariato
si accingono a mettere in atto in questo inizio di secolo. Essa non va
considerata una questione dei siciliani e dei calabresi, ma l'esempio
più chiaro di come le politiche neoliberiste marcino a spron battuto
contro gli interessi generali delle popolazioni e dell'ambiente. Un problema
da seguire, un obiettivo - quello di impedire la costruzione del ponte
e lo scempio dell'area dello stretto - da perseguire.
Pippo Gurrieri
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