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Da "Umanità Nova" n. 4 del 2 febbraio 2003

Ombre vaticane
Costituzione europea: grandi manovre clericali

Rendo volentieri omaggio alle parole dell'editorialista della Stampa Gian Enrico Rusconi, quando afferma che "è tempo che i laici escano dall'imbarazzo davanti all'offensiva vaticana e neo-democristiana per la menzione di Dio e delle radici cristiane nella Costituzione europea". E rendo omaggio non certo perché mi interessi più di tanto l'esito di quel documento sovrastatale, o perché ci sia bisogno di un appello per fare uscire gli anarchici da un imbarazzo che, naturalmente, mai hanno provato, ma per il fatto che non mi dispiace che anche un laico "perbene" cominci a preoccuparsi, e a stufarsi, dell'invadenza integralista e totalitaria della Chiesa.

Come si sa, da tempo i vertici clericali cercano di influenzare gli estensori della futura carta costituzionale europea, di quel documento, cioè, che dovrebbe riportare, nei suoi articoli, le norme e i valori condivisi dai popoli dell'Unione europea. Intendendolo marcare col segno della croce, hanno infatti richiesto, in prima battuta, che in esso si assegnassero ai valori cristiani, e solo a quelli, le fondamenta della civiltà europea, omettendo, con lo spirito di tolleranza e liberalità che notoriamente li contraddistingue, qualsiasi riferimento ad altri valori e princìpi. Respinta, in un primo momento, questa loro assolutistica pretesa, si sono ripresentati poco dopo, per bocca di una ventina di presbiteri del Partito Popolare Europeo, con la proposta di inserire nella Costituzione un testo, se possibile, ancora più integralista del precedente. Contorto e ambiguo, come contorto e ambiguo è il linguaggio della Chiesa quando si appresta a chiedere senza nulla dare, il secondo articolo della Costituzione dovrebbe, dunque, affermare: "I valori dell'Unione includono i valori di coloro che credono in Dio quale fonte di verità, giustizia, bene e bellezza, come pure di coloro che non condividono questa fede ma rispettano questi valori universali sulla base di altre ispirazioni".

E ci credo, allora, che anche al buon Rusconi sia saltata la mosca al naso.

La supremazia della Chiesa, da imporre anche alla società laica e non solo alla comunità dei fedeli (l'ecclesia, appunto), è un assioma al quale il prete non può rinunciare, pena lo snaturamento del suo ruolo di guida morale e spirituale. È l'autoritarismo allo stato puro, è il concetto stesso di autorità, è l'esigenza primaria di una istituzione che in quella supremazia trova la sua vera ragion d'essere. E se questa supremazia non è in condizioni di affermarsi con la forza, come storicamente tante volte è avvenuto, deve allora passare attraverso le ambiguità e i sotterfugi di cui la curia è riconosciuta maestra.

È evidente che il testo proposto dalle zelanti mosche cocchiere del Ppe non è che il grimaldello per forzare a priori ogni eventuale velleità laicista dei "padri costituzionali". Tralasciando un attimo (ma sarà il caso di tornarci) l'evidente proposito di contrastare ogni formale riconoscimento di altre religioni, in primis quella musulmana, l'intento è chiaro, dapprima si pongono al centro della Costituzione i valori cristiani, successivamente si stabilisce una graduatoria di merito fra chi si riconosce in essi e chi si limita solo a rispettarli, e infine il colpo di grazia: chi proprio con la fede non vuole avere nulla a che fare, viene mandato ai bordi del campo a fare della panchina. In attesa dell'immancabile espulsione. Con buona e tombale pace di quanto, in Europa, si è mosso per contrastare, nei secoli, il potere di coercizione fisica e di soggezione morale che il Vaticano ha esercitato, esercita e intende esercitare.

Ciò che oggi esiste a livello di libertà, di rispetto, di tolleranza, si è affermato contro e nonostante la chiesa. Il riconoscimento dei diritti e la consapevole, laica accettazione dei propri doveri sociali, non sono le elargizioni di un clero caritatevole, ma le conquiste strappate al tenebroso oscurantismo che i professionisti dell'impostura stesero sulle società europee. E l'odierna etica del laico, pur con tutte le sue mancanze, non è la scimmiottatura di una dottrina che vuol fare credere di rinnovarsi nelle pratiche dell'assistenzialismo, ma il consapevole esercizio di princìpi ispirati alla libertà di coscienza. E se questa etica laica dovesse cedere il passo alla riaffermazione della supremazia cristiana, ci ritroveremmo, ancora una volta, a lottare per salvaguardare quel minimo di libertà civili che contrastano con l'illiberale magistero della Chiesa. Educazione, salute, famiglia, sessualità, libertà di pensiero, tutto di nuovo in mano al prete?

Massimo Ortalli

 

 

 


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