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Da "Umanità Nova" n. 6 del 16 febbraio 2003

Sfruttamento selvaggio
La controriforma del mercato del lavoro

L'hanno chiamata, e ai posteri verrà rammentata così, "legge Biagi", la recente controriforma del mercato del lavoro: un vero attacco frontale, di inaudita spietatezza, nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei disoccupati, degli inoccupati, dei pensionati e via dicendo.

Ma partiamo dal nome: il riferimento politico al nome di un ottimo economista liberista assassinato dalle BR, se da una parte non toglie nulla alle nefandezze di una legge violenta, le conferisce, al contrario, un'inaspettata aura di sacralità non dovuta. Forse sarebbe stato lo stesso anche se fosse andata diversamente: se non lo avessero assassinato probabilmente avrebbero trovato altri riferimenti convenzionali, ma l'attribuzione di un "coraggio" dedicato alla stesura di norme codificate allo sfruttamento materiale e "spirituale" di altri esseri umani ha trovato la sua coronificazione mediatica grazie al conferimento di un atto di esecuzione a freddo ad opera dei mestieranti dello stalinismo in armi: le BR. La nostra distanza con le loro prassi ed i loro metodi, nonché con le loro posizioni ideologiche è totale. Come è totale l'avversità nei confronti di uno strumento che inasprisce le pene che ogni lavoro quotidianamente elargisce all'umanità sotto il ricatto della sopravvivenza, da una parte e, del superfluo, dall'altra.

Ma diamo a Cesare quello che è di Cesare ed a Sempronio quello che è di Sempronio. La struttura della presente controriforma poggia le sue solide basi nelle controriforme sindacal-ulivistiche degli ultimi 15 anni. Una sequela di accordi sindacali, dei sindacati di Stato CGIL- CISL e UIL s'intende, compartecipativi oltre che co-gestionali, la compressione dei salari e la loro rigida compartimentazione corporativa, la normativa antisciopero, l'introduzione di processi competitivi tra salariati (come nella scuola)... e l'introduzione, grazie al pacchetto Treu, ministro Prodiano, del lavoro interinale, delle famigerate coordinate e continuative, del prolungamento dell'età dell'apprendistato, degli l.s.u., dei cantieri scuola, del volontariato lavorativo, anche su spinta della cooperazione no-global, degli obiettori di coscienza come supporto strutturale nei processi produttivi, delle esternalizzazioni pubbliche e private, della controriforma pensionistica... hanno materialmente e concettualmente introdotto dei modelli peggiorativi. Una volta che sono stati "sfondati" alcuni muri, vecchi "tabù" della classe operaia, non si poteva che andare al ribasso ed eccoci giunti all'orrida "riforma Biagi". Un punto su cui mi preme porre l'accento è il cambiamento linguistico, e quindi logico-mentale-ideale-ideologico che ha favorito tale trasformazione. Ed anche su questo punto Cesare e Sempronio sono sempre andati a braccetto: la lotta generazionale dei vecchi contro i giovani, i diritti acquisiti come privilegi insopportabili, il pubblico come fonte di spreco ed inefficienza, irriformabile di fronte alla virtù terapeutiche e competitive del privato, la flessibilità come sub-specie della libertà gestionale, l'autonomia contrattuale come sostanza dell'indipendenza di fronte alle "rigidità" del lavoro normato e della poliziesca timbratura in ingresso ed in uscita, il cambiamento come rottura della linearità monotona e storicizzante delle prospettive di vita - entro a 15 anni in fabbrica e ci esco bello stordito a 55 - condizioni "climatiche" permettendo, la pensione trattata allo stesso modo con cui un giovane o una giovane appassionati di tecno trattano il ballo liscio, ovvero un tema fuori-moda, da vecchi rincoglioniti, non-trattabile, il rischio "calcolato" ed il guadagno facile derogato ai criminali della gestione dei fondi pensione (i sindacati di stato anche su questo hanno la loro torta da spartire), dei pacchetti apri e gusta, dei titoli obbligazionari argentini e delle quote azionarie in armi con un sufficiente mix in bot peruviani, caramelle thailandesi e società off-shore che trattano schiave di lusso per il mercato bulgaro, i discorsi su "questo è un vecchio modo di pensare, bisogna aggiornarsi", perché lo sfruttamento non richiede soste, la governabilità, l'euroatlantismo ed il neo-colonialismo educatore, il militare che è soltanto un mestiere... insomma tutto questo ha consentito, che lo si voglia o non lo si voglia, che ci piaccia o ci faccia profondamente schifo, che questa pesantissima controriforma conti su di una base sociale attiva, non solo perché "risponde" in pessimo modo, ma risponde, alle nuove generazioni, ma perché parla con il linguaggio interiorizzato di molte di esse, anche se non tutte per fortuna. Ma parla anche lo stesso linguaggio di burocrati sindacali dediti alla lobotomizzazione ideologica sul cambiamento, di molti insegnanti centrati sulle "figure obiettivo", di adulti convertiti al libral-liberalesimo e via di questo passo. La legge Biagi è insomma figlia del suo tempo, il nostro tempo.

In molti, tante ere passate, parlavano di comunismo e dei nostri, di comunismo anarchico in specifico ed oggi, invece, ci tocca discutere di "Staff leasing", formula contrattuale con la quale le aziende possono affittare manodopera a tempo indeterminato, presso agenzie specializzate, di "Job on Call" , formula contrattuale con la quale un'impresa può chiamare in qualsiasi momento un lavoratore a seconda delle esigenze produttive, naturalmente con un'indennità di disponibilità, di "Job-sharing", ovvero di divisione "equa" di un posto di lavoro tra due persone, che spartiranno tutto (retribuzione, assicurazioni obbligatorie e... mogli, mariti e amanti), di "Socio lavoratore", che diventerà un completo e soddisfatto sfruttatore, pardon, imprenditore, di se stesso (i trattamenti retributivi peggiorativi d'ora in poi saranno leciti ad esclusione dei minimi retributivi), di "Part-time", sempre più flessibile sugli straordinari e sugli spostamenti di orario, naturalmente imposti dall'azienda, di "Collaborazioni coordinate e continuative", la forma aggiornata di occultamento del lavoro subordinato, di "Certificazione dei rapporti di lavoro", per annullare, pardon ridurre, i contenziosi di lavoro, a cui saranno adibiti sindacati padronali, strutture pubbliche e pure le università, perché da noi la cultura è una verdura. E continuando nel paese degli orrori, il Collocamento pubblico verrà affiancato da una marea di società di caporalato, pardon, di intermediazione privata, quali associazioni, sindacati, club priveé..., ci saranno "Stage e tirocini" a man bassa e per concludere, ma ci sarebbe ancora molto da dire, le aziende potranno separarsi dai propri rami, cioè potranno buttare fuori interi settori produttivi per allocarli a società di sfruttamento estremo, cooperative o altro, con una facilità sorprendente. Lo chiamano, non da oggi, Outsourcing.

Il fatto che, se come anarchici ed anarchiche difendiamo e lottiamo per acquisire tutele sindacali e sociali, attraverso lotte salariali o altro, che ci permettano di recuperare un po' di sfruttamento estorto (altri parlerebbero di plusvalore), questo non ci fa dimenticare che la lotta è per la liberazione dal lavoro salariato e per liberare ogni attività umana dalla sua mercificazione monetaria e capitalistica: tutto ciò che si dirige verso una reale liberazione dai vincoli lavorativi, a parità di condizioni sociali e monetarie, non può che trovarci favorevoli.

La radicale diminuzione dell'orario di lavoro, accompagnata da un'incessante lotta per acquisire garanzie contrattuali e monetarie paritarie ed euguaglianti, rimane un obiettivo che, seppur riformistico nella sua portata, ci rimanda alcuni spiragli di una società liberata.

Pietro Stara

 

 

 

 


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