![]() Da "Umanità Nova" n. 7 del 23 febbraio 2003 La guerra dei media, i media in guerra Forse (a ben vedere) è sempre stato così; pure ci sembra che i mezzi d'informazione di massa nell'attuale scontro internazionale che vede contrapporsi l'impacciata diplomazia della Nazioni Unite, l'intransigente ed aggressiva politica statunitense ed il sornione regime iracheno di Saddam Hussein, non si limitino al ruolo di semplici notai e testimoni della vicenda in atto. Vi è di più. Prima che la guerra inizi, i media devono iniziare la guerra, così da determinare non tanto se ci sarà o non ci sarà, ma piuttosto quando e in che modo l'evento bellico diverrà una possibile certezza. Come se la guerra non fosse altro che uno dei tanti prodotti che il sistema della rappresentazione democratica propone di scegliere sul mercato. Non a caso in questi tormentati e tormentosi mesi d'impasse diplomatica nell'attesa che qualcuno mostri finalmente le "prove" di aver distrutto le micidiali armi batteriologiche e qualcun altro "provi" la loro effettiva potenza distruttrice, i mezzi d'informazione di massa sono le uniche armi attraverso le quali si combatte il nemico. Si tratti di Blix, di Bin Laden, di Colin Powell, di Saddam Hussein, di George Bush o degli altri compartecipi alla scena, tutti - ma proprio tutti - stanno utilizzando i media non per documentare i fatti, ma per produrli. Infatti, sia i rapporti degli ispettori ONU, che il materiale messo a disposizione di Baghdad, come pure i documenti segreti mostrati all'Assemblea Generale da Powell, e i proclami video trasmessi di Bin Laden, risultano essere immagini di prove che dovrebbero smascherare l'avversario, ma che appaiono invece prove di immagini dubbie circa la loro provenienza e la loro veridicità. Che questo risulti essere un prender tempo e un giocare a nascondino, lo si è da tempo compreso osservando quanto difficili e lunghi siano i macchinosi preparativi militari; cosicché si potrebbe anche credere che la funzione dei media allo stato attuale della situazione consiste nel procrastinare il più possibile lo scadere dell'ora "X". Sennonché, più che dipanarsi, la situazione internazionale si complica, sia per la montante onda di protesta pacifista, sia per i distinguo che sul piano della diplomazia politica stanno sistematicamente indebolendo le rispettive coalizioni favorevoli ad un intervento diretto degli USA e dei suoi alleati, o ad un'ennesima risoluzione ONU. Di modo che sorge il sospetto che più che una vera guerra, piuttosto si voglia dar inizio ad una guerra virtuale con l'utilizzo di armi mediatiche al fine di controllare tutte le forme di opposizione all'interno dei reciprochi schieramenti, convogliandoli entro preordinati alvei di opposizione e resistenza. Ovviamente senza se e senza ma. Poiché l'importante in una guerra mediatica non è certo quello di capire il perché, quanto di dichiararsi a favore o contro. In attesa che la realtà degli eventi imponga all'improvviso la fine dello spettacolo. Per lutto! Benjamin Atman
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