Da "Umanità Nova"
n. 8 del 2 marzo 2003
L'Italia mette l'elmetto
Il parlamento conferma "l'impegno" in Afganistan
E così il governo di centro-destra, grazie anche ai complici voti
del centro-sinistra, ha confermato e prorogato l'impegno militare italiano
in Afganistan nell'ambito dell'operazione americana "Enduring Freedom".
Contrari Rifondazione comunista, Verdi e Pdci; astenuti appena 8 parlamentari
Ds.
L'Italia è quindi entrata, a tutti gli effetti, in guerra, in
zona di guerra, con compiti di guerra.
A dirlo chiaramente, nel caso sussistessero dubbi, ci ha pensato fin
dallo scorso dicembre l'ammiraglio James Robb dell'Us Central Command.
Come è noto il contingente italiano di circa mille soldati è
costituito soprattutto da militari di professione appartenenti ai reparti
alpini, ma sono previste sinergie con altre truppe speciali quali carabinieri-parà
del battaglione Tuscania, paracadutisti della Folgore e incursori di marina
del Col Moschin, sotto la direzione operativa dei comandi multinazionali
presenti in Afganistan sotto la regia Usa.
D'altra parte non è immaginabile un altro ruolo nello scenario
afgano, dove da sempre gli equilibri politici interni passano attraverso
le armi e l'oppio.
Ben consapevoli di questo e non intenzionati ad impantanarsi in guerriglie
infinite, la strategia degli Usa in Afganistan appare chiara: controllare
per quanto possibile i palazzi governativi a Kabul sostenendo al potere
Karzai, loro uomo di fiducia ma che in realtà non è in grado
di controllare neanche il proprio cortile di casa, attorniato da ministri
che in realtà sono i signori della guerra di diverse etnie.
Tutto il resto del territorio afgano rimane sotto il dominio armato
dei vari clan, costantemente in lotta tra loro ma tutti ostili verso ogni
occupazione straniera, ai quali è stata assicurata la libertà
di riprendere a produrre e commerciare in grande stile l'oppio.
In apparenza i famigerati Talebani e i fantomatici terroristi di Al
Quaeda risultano dissolti nel nulla, ma in realtà o si sono riciclati
o rimangono asserragliati sulle loro montagne, tessendo alleanze con i
nemici di ieri e insidiando il governo Karzai, più volte oggetto
di attentati, azioni di guerriglia, ritorsioni terroristiche.
Per tenere sotto controllo tale situazione gli Usa possono usare soltanto
la corruzione per comprarsi gli alleati del momento oppure assicurarsi
temporanee non-belligeranze, intervenendo militarmente quando una fazione
appare troppo pericolosa per gli interessi "occidentali" o per il governo
di Kabul che appare davvero come un vaso di terracotta tra vasi di ferro.
La storia degli ultimi mesi, anche se le cronache giornalistiche vi
danno uno scarsissimo rilievo, confermano tale totale instabilità.
Pur seguendo con una certa attenzione quanto accade in tale area, abbiamo
perso il conto degli elicotteri dell'Isaf precipitati per strani e ricorrenti
"guasti"; quasi tutti erano americani ma in dicembre in uno di questi
"incidenti" sono morti sette militari tedeschi.
Limitandoci agli ultimi due mesi citiamo qualche altro episodio di tale
stillicidio: in gennaio sono stati uccisi due soldati governativi e un
civile in un villaggio ai confini col Pakistan e altri cinque poliziotti
afgani sono caduti in un attacco ad un convoglio Onu nell'Afganistan orientale
vicino a Jalalabad; alla fine dello stesso mese é caduto un elicottero
Usa H-60 nella zona della base di Bagram, quasi quotidianamente bersagliata
con razzi e mortai, che è la stessa in cui saranno concentrati
i militari italiani.
Inoltre sempre alla fine di gennaio vi è stata una vera battaglia
tra truppe americane e guerriglieri afgani, facenti capo probabilmente
a Gulbudin Hekmatyar, proprio nell'area pashtun di Khost, ossia quella
dove opereranno i "nostri ragazzi".
Contro tali guerriglieri (sbrigativamente fatti passare per talibani)
sono dovuti intervenire bombardieri Usa B-1 e caccia F-16 dell'aviazione
norvegese a sostegno delle truppe americane in difficoltà.
Nella prima settimana di febbraio, in scontri ancora nella zona di Bagram
è rimasto ucciso anche un agente della Cia.
Secondo fonti ufficiose ma attendibili, dall'inizio dell'aggressione
all'Afganistan, sarebbero morti almeno 500 militari alleati, di cui 400
statunitensi.
Oltre agli oltre quattromila civili afgani, vittime dei bombardamenti
americani.
Questa è la situazione in cui la missione militare italiana dovrebbe
portare la pace e la democrazia.
Non è un caso che il governo abbia cospicuamente aumentato l'indennità
ai militari italiani inviati in Afganistan, e di sicuro ha già
preparato medaglie e solenni funerali di Stato.
Conosciamo la storia.
Uncle Fester
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