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Da "Umanità Nova"
n. 9 del 9 marzo 2003
Rubare ai ricchi per dare ai
poveri
"Riforma" di pensioni e TFR
Non passa settimana, se non giorno, senza la notizia che questo governo
ha emanato o vuole emanare nuove norme in materie che interessano direttamente
i lavoratori e che incidono sulle loro presenti e future condizioni di
vita.
Dopo la recente approvazione della riforma del mercato del lavoro con
l'introduzione di nuove dosi massicce di precariato e insicurezza per
i lavoratori, giovedì 27 febbraio è stato approvato dalla
camera (dovrà ora passare al senato) il disegno di legge governativo
sulle pensioni.
I punti salienti della "riforma" sono: incentivi per chi resta a lavorare
anche dopo il raggiungimento dell'età per la pensione di anzianità:
non sarà tra l'altro necessaria la stipula di un nuovo contratto
di lavoro per chi vorrà restare a lavorare dopo aver maturato il
diritto alla pensione; taglio ai contributi che le aziende devono versare
per i giovani assunti a tempo indeterminato; obbligo di versare gli accantonamenti
per il trattamento di fine rapporto nei fondi pensione.
La prima misura vorrebbe facilitare chi intende continuare a lavorare
pur avendo diritto alla pensione e cerca di limitare in qualche modo le
uscite volontarie dal lavoro al fine di risparmiare sulle future pensioni
da erogare. La misura è in netto contrasto con le politiche di
gestione del personale che stanno utilizzando molte aziende. Non solo
aziende in crisi reale, ma anche aziende che desiderano sfoltire o riciclare
il personale, ricorrono da tempo alla mobilità, cioè a licenziamenti
collettivi, magari incentivati, per allontanare dal lavoro i dipendenti
cui mancano uno, due o tre anni per il raggiungimento dell'età
pensionabile: infatti, l'indennità di mobilità è
concedibile per un massimo di tre anni agli ultracinquantenni. Al posto
di questi lavoratori, spesso vengono assunti giovani con l'utilizzo di
uno dei tanti contratti atipici ormai così in voga. Non sembra
quindi che incentivare la permanenza al lavoro servirà molto ai
futuri conti INPS. Di fatto, la spinta all'espulsione verso la pensione
del personale più anziano e acciaccato dalle grandi aziende manifatturiere
dura da anni.
Piuttosto, la misura di cui parliamo potrà servire a quei capi
che restano in azienda, raggiunta l'età pensionabile, come "consulenti":
con la riforma, sarà certo più facile e conveniente (incentivi
fiscali e contributivi) proseguire come veri dipendenti il rapporto di
lavoro, senza il bisogno di ricorrere ad altre forme di prestazione lavorativa.
È interessante che mentre centinaia di lavoratori a medio-bassa
qualificazione transitano coattivamente verso la pensione, una stretta
cerchia di personale di alta qualifica o gerarchicamente rilevante viene
incentivato e premiato se continua a lavorare, evidentemente in ruoli
chiave per l'azienda, la quale contemporaneamente ricicla vecchio personale
generico con altro personale generico di età più giovane
e con minori diritti e stabilità. Altro punto del disegno di legge
sulle pensioni è il taglio sui contributi dei giovani assunti a
tempo indeterminato. Il risparmio per le aziende comporterà una
diminuzione delle prestazioni a favore del lavoratore, quando e se andrà
in pensione. Terza questione affrontata dal disegno di legge sulle pensioni
è quella della cosiddetta previdenza integrativa. Come si sa, nel
1993 (D.Lgs. 124/93) fu emanata un'organica disciplina della previdenza
integrativa e da allora si è avuta la nascita di diversi "fondi
pensione".
La previdenza integrativa ha la funzione di "integrare" quanto il lavoratore
percepirà di pensione INPS sulla base dei contributi versati. Sono
quindi stati costituiti per le singole categorie contrattuali (metalmeccanici,
chimici, ecc.) specifici "fondi" che giuridicamente sono associazioni
gestite in modo paritetico da rappresentanti di datori di lavoro e dei
lavoratori (leggasi: funzionari sindacali). Questi fondi raccolgono, fino
ad oggi su base volontaria, i versamenti di una percentuale dell'accantonamento
annuale per il trattamento di fine rapporto (TFR). I fondi poi devono
aver stipulato convenzioni con assicurazioni o società di intermediazione
mobiliare che provvedono a gestire con oculati investimenti i soldi fatti
pervenire loro per conto dei lavoratori. Il ricavato di questi investimenti,
dedotto il guadagno del gestore, andrà a "integrare" la pensione
INPS, in soluzione unica o con versamenti ripartiti. Il governo vuole,
e la camera ha approvato, che tutto l'accantonamento annuo per il TFR
vada ai fondi pensione obbligatoriamente. In concreto ciò significa
che una quota sostanziosa di retribuzione differita (tale è il
TFR) viene espropriato a favore delle società di assicurazione
(o di società di intermediazione mobiliare, quindi banche o assicurazioni),
che avranno così la possibilità di avere immediatamente
a disposizione un flusso di denaro pari al monte accantonamenti per TFR
e di guadagnare dalla gestione di tali somme. Il problema è che
i bilanci di troppe società si sono rivelati non veritieri, falsi
e taroccati: il consegnare i soldi delle liquidazioni dei lavoratori al
sistema bancario-assicurativo che a sua volta lo investirà in immobili,
obbligazioni, azioni, ecc., significa mettere a repentaglio anche il risultato
dell'investimento.
A prescindere dalla gravità della vera e propria rapina ai danni
dei lavoratori che viene perpetrata con il conferimento obbligatorio ai
fondi pensione dell'accantonamento per il TFR, nulla esclude che i soldi
dei lavoratori vengano utilizzati nelle più truffaldine e criminali
operazioni o per sostenere aziende di armi o aziende inquinanti.
Per non parlare del rischio che i soldi investiti se ne spariscano come
è successo oltreoceano con gli scandali e i crack finanziari di
grandi società quali la Enron, dove tra i più scottati sono
stati proprio i fondi pensione di alcune categorie di lavoratori.
Non solo il lavoratore è espropriato della sua vita e della sua
forza lavoro: oggi gli si espropria pure una fetta di retribuzione, per
mettere nuova benzina nel motore del capitale. Non c'è che dire,
con questo governo siamo al "rubare ai poveri per dare ai ricchi" legalizzato.
Simone Bisacca
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