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Da "Umanità Nova"
n. 9 del 9 marzo 2003
Coma profondo
La Fiat nel trapassato futuro
La Fiat continua a procedere per sussulti successivi e spesso appare difficile
decifrare quello che la proprietà ha intenzione di fare. I segnali
che giungono dal quartier generale della principale multinazionale italiana
sono come sempre criptati e contraddittori. Con il Consiglio d'Amministrazione
del 28 febbraio è stato accelerato il ricambio al vertice, con
Umberto Agnelli alla Presidenza in sostituzione di Paolo Fresco, primo
responsabile di una gestione disastrosa, che ha già costretto il
Lingotto a cedere sul mercato una serie di aziende comprate a caro prezzo
negli anni scorsi (Fraikin, Teksid, Magneti Marelli) con la realizzazione
di forti minusvalenze, per non parlare della quota del 5% in General Motors
venduta un mese fa. La perdita dell'esercizio 2002 ammonta nel suo complesso
a 4.263 milioni di euro e rispecchia il tentativo del nuovo management
di fare pulizia addebitando alla gestione precedente la responsabilità
del disastro. La perdita colossale di Fiat va infatti scomposta per essere
compresa: in parte deriva dal calo del fatturato (-4%) e in particolare
dal calo di fatturato del settore auto (-9,4%), ma di per sé il
risultato operativo è in negativo per "soli" 762 milioni di euro.
Il resto del buco deriva dal peso degli interessi finanziari (862 milioni),
da oneri straordinari (650 milioni), dalle svalutazione delle partecipazioni
assicurative (690 milioni), dalle dismissioni in perdita delle società
partecipate (500 milioni), dai costi straordinari del piano auto (1.050
milioni) per licenziare 8.100 lavoratori e chiudere due stabilimenti.
Insieme a Fresco è cambiato anche l'Amministratore Delegato, ed
è la quarta volta in nove mesi (Cantarella, Galateri, Barberis
e adesso Morchio). Il nuovo a.d. proviene dalle file della Pirelli ed
è diventato famoso per aver incassato, personalmente, 247 miliardi
di lire di stock option subito dopo la vendita della divisione fotonica
della Pirelli all'americana Optical Corning, un'operazione da 6.000 miliardi
di lire che ha fornito il carburante a Tronchetti Provera per l'acquisto
di Olivetti-Telecom, mentre ha rifilato alla società americana
un bidone notevole che l'ha quasi fatta fallire. Probabilmente il merito
principale riconosciuto al nuovo a.d. è proprio quello di "saper
vendere", cosa di cui la Fiat ha un vitale bisogno.
Difatti la principale difficoltà che si trova di fronte il gruppo,
oltre a quella di costruire delle automobili che piacciano al pubblico,
è quella di vendere le proprie partecipazioni in modo remunerativo
e veloce. Il primo problema è stato quello di "decidere" di vendere,
perché fino all'ultimo i due principali gioielli della corona (Toro
Assicurazioni e Fiat Avio) sono stati tenuti ben stretti. Ora però
la situazione sta precipitando e le banche stanno perdendo la pazienza,
per cui le vendite sono diventate solo questione di tempo: entro giugno
saranno cosa fatta. La Toro potrebbe andare alla cordata Hopa-Unipol,
con la finanziaria di Gnutti che si accontenterebbe del solito intervento
finanziario teso a massimizzare il guadagno nel breve periodo, mentre
la Unipol si occuperebbe della gestione industriale per subentrare gradualmente
anche nella proprietà. La Fiat Avio ha come pretendenti la cordata
Finmeccanica-Snecma, e come alternativa il fondo inglese Carlyle. Dalle
vendite si spera di poter incassare 4 miliardi di euro. Questi fondi verrebbero
impiegati per ripagare le perdite di Fiat Auto con un semplice giro di
partite finanziarie infra-gruppo, con la rinuncia a incassare dei crediti
che Fiat Spa vanta nei confronti di Fiat Auto. In sostanza Fiat Spa metterà
3 miliardi di euro in Fiat Auto, senza varare subito quell'aumento di
capitale da 5 miliardi di euro complessivi che in questo momento il mercato
avrebbe accolto molto male. Il Cda ha infatti deliberato un aumento di
capitale di altri 2 miliardi di euro, da varare però nei prossimi
18 mesi, quindi si lascia aperta la finestra per un eventuale intervento
degli americani di GM, che evidentemente in questa fase non sono disponibili
a cacciare altri quattrini. Se GM decidesse di mettere altri 2 miliardi
di euro in Fiat Auto salirebbe dal 20 al 40%, se ne mettesse almeno uno
manterrebbe la sua quota attuale. È probabile che al momento GM
non abbia voglia di fare nessuna delle due cose.
La strategia della GM è lucida e fredda: impossessarsi dell'auto
Fiat spendendo il meno possibile, sfruttando eventualmente qualunque mossa
falsa dei torinesi, per liberarsi della famosa opzione put che li costringerebbe
a comprare tutta Fiat Auto dopo il 2004. La strategia delle banche è
ancora più gelida e spietata: rientrare dei quattrini prestati
da qualunque parte provengano, meglio, molto meglio, se garantiti da un
partner industriale solido e affidabile come GM.
In questo gioco a somma zero quelli che rischiano concretamente di fare
la parte delle comparse sono i lavoratori e il sindacato. Scomparsa dalle
pagine dei giornali la vertenza, chiusasi senza neanche una reale trattativa,
la realtà operaia si ritrova a fare i conti con le buste leggerissime
della cassa integrazione a zero ore. Il capitale sta velocemente azzerando
la propria presenza fisica con la vendita anche degli immobili storici
per il gruppo (Lingotto, Marentino, Sestriere), mentre la vicenda sembra
essersi trasferita su un piano strettamente finanziario. Province e Regioni
che ospitano gli stabilimenti del gruppo stanziano qualche miliardo di
euro per fornire sussidi ai cassintegrati più in crisi con le rate
del mutuo o l'affitto da pagare. I politici sono troppo occupati dalla
spartizione della Rai e dal conflitto d'interessi, più che dagli
interessi in conflitto.
Il piano industriale richiesto dai sindacati ufficiali nei momenti alti
della vertenza non è mai stato neanche preso in considerazione.
La Fiat si limita a dire che sta preparando due o tre modelli nuovi da
lanciare prima della fine dell'anno, per sostituire Panda, Seicento, Punto.
Nessuno prende impegni su volumi, stabilimenti coinvolti, manodopera occupata.
Si vive alla giornata sperando che non sia il proprio posto di lavoro
ad essere soppresso.
Il disastro Fiat non ha ancora cessato di produrre i suoi effetti nefasti,
forse ha appena cominciato. Sembra di assistere alla lunga agonia di un
malato terminale che succhia risorse anche mentre muore. E che non cede
una briciola di potere neanche quando è in coma.
Renato Strumia
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