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Da "Umanità Nova" n. 10 del 16 marzo 2003

Cose Turche
Guerra: il prezzo di Ankara



La Turchia, come molti altri stati occidentali ed orientali, ha venduto agli Stati Uniti la guerra contro l'Iraq: essendo i governanti turchi dei buoni mercanti, essi hanno via via modificato il prezzo adducendo a tal riguardo scuse e pretesti, ad ogni occasione, diversi. Naturalmente, la trattativa che si sta tutt'ora svolgendo non è, a suo modo, esente da contraddizioni reali che non si possono in realtà attribuire esclusivamente ad un mero calcolo di contabilità interna. La Turchia, appunto, si diceva, può trattare sul prezzo, ma non lo può fare a qualsiasi condizione, dal momento che la controparte non si chiama signor nessuno, ma è il governo del più potente stato del mondo, ovvero il governo degli Stati Uniti dell'America del Nord. Orbene, la disastrosa economia turca è dipesa in tempi assai recenti dai prestiti accordati dal FMI, prestiti di diversi miliardi di dollari, che hanno vincolato questo stato a comportamenti di tipo ortodosso sia per quanto attiene le politiche economiche e sociali, di stampo prettamente neoliberale, ovvero filo-occidentali, sia per quanto riguarda la politica internazionale (la Turchia è anche l'avamposto occidentale della NATO): tradotto significa che nulla è gratis. Tenuto conto che la Turchia ha un'inflazione annua che varia dal 50 all'80% e che la paga media di un operaio industriale o di un edile... supera a mala pena i 150 euro al mese e che nel corso del 2001 i disoccupati sono aumentati della cifra "netta" di un milione di unità, che una buona fetta del PIL viene utilizzata in spese militari (le cifre sono discordanti ma c'è chi arriva a parlare addirittura del 20%, quando paesi fortemente militarizzati come gli States spendono circa il 4% del PIL in armi e sicurezza interna) ci possiamo rendere conto come le sponsorizzazioni statunitensi non siano del tutto irriguardevoli per la loro economia.

Gli Stati Uniti hanno dunque buttato sul piatto piangente dell'economia turca un'altra bella quota di dollaroni sonanti, pari circa a 30 miliardi, ai quali si aggiunge un [[Omega]] miliardo di dollari per migliorare ad allargare le basi militari, denaro che verrà incassato dalle compagnie turche che acquisiranno gli appalti.

Ma non è finita qui: sembra che tra gli accordi sotto-banco ci sia anche la disponibilità americana di concedere alle truppe turche di invadere una parte del nord dell'Iraq ed in specifico la regione petrolifera irachena di Kirkuk e Mosul, abitata da una frazione irrisoria di turcomanni, usati a proposito come pretesto etno-umanitario. Ma la ragione è anche un'altra: la Turchia vive perennemente con la "paranoia" curda e teme come peggiore esito della guerra anti-Saddam la costituzione di una regione autonoma curda nel nord dell'Iraq. Quello che in realtà i governi turchi avevano ed hanno in comune con il "nemico" Saddam era la medesima posizione nei confronti della causa curda: la regione del Kurdistan semplicemente non è mai esistita, né potrà mai esistere.

Se le cose stanno così non si capisce tanta reticenza del parlamento Turco al transito dei militari americani, già presenti in forze con 90.000 soldati, dal proprio territorio: proviamo a capire le possibili motivazioni di tale "ostruzionismo".

La prima l'abbiamo già accennata e riguarda il prezzo; andando avanti possiamo evidenziare come elemento prioritario della politica turca sia l'ingresso nell'Unione Europea, e, essendo la Francia e la Germania fortemente contrarie alla guerra americana, è possibile che nel medio periodo le richieste turche di entrata nella compagine europea verranno caldamente respinte; proseguendo sulla stessa riga sappiamo anche che la popolazione turca è al 90% contraria alla guerra contro l'Iraq e l'impopolarità non piace a nessun governante; sappiamo anche che gli Stati Uniti stanno giocando su diversi tavoli ed uno di questi è costituito dall'opposizione curda irachena che ha avuto come promessa la non ingerenza turca all'interno del proprio territorio e questo puzza un pochino di bluff; per concludere la maggioranza parlamentare turca è costituita dai moderati islamici di Tayyip Erdogan che vivono una contraddizione interna tra filo "islamismo" elettorale e filo-"occidentalismo" della prassi.

Naturalmente l'ultima parola è spettata ai militari, il vero potere esecutivo turco, la cui decisione, dopo una breve valutazione dei pro e dei contro, non poteva che essere positiva.

Pietro Stara

 

 

 

 

 

 

 

 


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