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Da "Umanità Nova" n. 11 del 23 marzo 2003

Fascisti a Milano



Nella notte tra il 16 e il 17 marzo nella zona dei navigli di Milano, luogo simbolo da sempre di una Milano antifascista e anticapitalista con i suoi Centri Sociali Autorganizzati, mai completamente domata al consumismo sfrenato nonostante i tanti locali di "tendenza", avviene un fatto tra i più gravi e inquietanti degli ultimi anni.

Davide Cesari, compagno militante dell'ORSO, centro sociale di via Gola e attivista dell'Unione Inquilini, veniva accoltellato insieme ad altri suoi amici e compagni feriti pure loro ma fortunatamente non in pericolo di vita. I killer, fascisti abitanti del luogo, avevano individuato già da tempo Davide come una persona che organizzava le occupazioni, un compagno, un rosso, un rompicoglioni e così decidono di fargliela pagare. Lo aspettano davanti ad una birreria e lo aggrediscono con i coltelli.

La dinamica degli avvenimenti è abbastanza chiara, la polizia arriva e fa perdere tempo ai soccorsi del 118: gli sbirri chiamano i rinforzi, arrivano, dopo un tentativo di carica decidono di desistere viste anche le condizioni del compagno che giaceva in terra. Più probabile il calcolo politico ha impedito la carica.

Davide viene trasportato all'Ospedale S. Paolo, un gruppo di compagni, 20-25 persone tra cui i genitori di Davide, raggiungono il Pronto Soccorso e chiedono ai medici di turno le condizione dell'amico. Alla notizia della sua morte, come risposta una cinquantina di carabinieri e poliziotti in assetto di guerra, senza che ci fossero apparenti motivi di ordine pubblico, hanno proceduto a caricare i presenti nel pronto soccorso come pazienti e come accompagnatori.

Addirittura, poliziotti e carabinieri hanno inseguito nei corridoi tutti coloro che capitavano a tiro mettendo a rischio l'incolumità dell'utenza e del personale sanitario e interrompendo un servizio pubblico.

Il Pronto Soccorso, i Reparti di Degenza e le vie adiacenti al nosocomio si sono trasformate in un mattatoio che ha richiamato alla memoria i tragici fatti di Genova 2001.

Alcuni ragazzi sono stati bloccati a terra, ammanettati con le mani dietro la schiena e colpiti al viso e al tronco con calci e manganellate; altri sono stati caricati nelle macchine della polizia e nuovamente pestati.

I locali del pronto soccorso sono stati resi inagibili per diverse ore dagli organizzatori del disordine.

Ancora più infame la scusa della questura: "non potevamo permettere che trafugassero il corpo".

Questi i fatti.

Ma i fatti vanno letti nel contesto sociale e politico in cui ci troviamo. Come già a Genova 2001 si organizzò in modo scientifico il tentativo di criminalizzare un movimento che aveva cercato di muoversi contro i poteri mondiali dello sfruttamento attaccando fisicamente e indiscriminatamente tutti cercando il terrore. Oggi a Milano si crea un'alleanza tra killer fascisti e polizia e carabinieri per tentare di spezzare il fronte antimilitarista e contrario alla guerra sempre più in maggioranza nella penisola.

Siamo in guerra e la guerra impone comportamenti polizieschi criminali per tenere il consenso. Ecco allora che alla vigilia della sporca guerra, cercano, dopo l'omicidio di un compagno dei centri sociali per mano fascista, la mattanza dentro un ospedale da parte delle "forze dell'ordine".

Viene in mente sì Genova, ma anche le brutali polizie dell'America Latina organizzate dagli USA.

Mantenere alta la guardia, essere presenti nei quartieri, mobilitarsi contro la violenza dello stato e dei loro alleati, fasci e polizie. Crediamo che l'auto-organizzazione sia il solo strumento propositivo oggi ancora non spuntato e in grado di reggere il confronto come modello alternativo al mondo attuale.

Antonio D'Errico (Fed. Anarchica Milanese)

 

 

 

 

 

 

 

 


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