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Da "Umanità Nova" n. 11 del 23 marzo 2003

Selezione di "classe"
Nuova scuola per vecchie caste



In questi giorni assistiamo all'ennesima controriforma scolastica, voluta dall'attuale governo di centro-destra ma che riprende, nella sostanza, le ipotesi già avanzate da un governo di centro-"sinistra" che, in questa come in mille altre occasioni, si era impegnato nel dimostrare, se ve ne fosse ancora bisogno, come il concetto di "governo di sinistra" non sia altro che un ossimoro, una contraddizione in termini. Si ritorna al famigerato "avviamento professionale", si diminuisce il corpo insegnante ed i fondi riservati all'istruzione (che non sia quella privata), si svilisce ancora di più il livello della formazione offerto dalla scuola pubblica, il tutto in un'ottica che non è solo di risparmio di cassa ma ferocemente classista. Per dare l'idea di ciò che significherà l'attuazione della riforma governativa, proverò a partire dalla mia esperienza.

Personalmente insegno Filosofia e Storia ininterrottamente da nove anni - da quando sono riuscito a ritornare a Napoli dopo aver vinto il concorso a cattedre fuori della mia città - in un Liceo della periferia industriale di Napoli, frequentato per la maggior parte da figli di lavoratori dipendenti. Sono anch'io nato e risiedo tuttora nella stessa zona dei miei alunni e dei loro genitori, e raggiungo comodamente il mio posto di lavoro, ma non è questa la ragione principale per cui non ho mai chiesto il trasferimento ad una sede diversa, magari più "prestigiosa". In effetti, molti dei miei colleghi - almeno la metà - risiedono lontano dal Liceo, spesso in zone "bene" della città, ma anch'essi sono lì da molti anni e, come me, non hanno mai chiesto il trasferimento, nonostante la scomodità del loro luogo di lavoro - alcuni non guidano nemmeno e sono costretti a prendere i mezzi pubblici o a chiedere passaggi agli altri colleghi "automuniti".

Il motivo che ci lega tutti lì è molto semplice: amiamo molto il nostro mestiere ed i nostri alunni ci danno molte soddisfazioni. Chi non lavora nella scuola pensa spesso che i risultati migliori si ottengano nei Licei dei quartieri alti, ma ciò non è per nulla vero, anzi è vero il contrario. Chi s'iscrive in uno di questi Licei proviene, solitamente, da una famiglia di alto livello sociale, dove l'iscrizione del proprio figlio ad un percorso d'istruzione liceale è decisione spesso scontata, e, invece, quella ad un percorso di istruzione tecnico o, peggio ancora, professionale è vissuta come una sorta di vergogna. Di là delle abilità di partenza, perciò, la motivazione degli alunni a seguire un tale corso di studi è, pertanto, mediamente bassa. Nei quartieri proletari, invece, l'iscrizione ad un tale percorso di studi non è per niente scontata, e, di là delle abilità di partenza, la motivazione è invece mediamente molto alta: il percorso di studi che hanno scelto è vissuto da loro come un'occasione di riscatto sociale. Il che permette a me ed a miei colleghi di lavorare molto bene e con discrete soddisfazioni, pur dovendo combattere nelle prime classi con un utilizzo molto libero dei congiuntivi e dei condizionali e, in generale, con un territorio ed un ambiente familiare che non offrono stimoli culturali di rilievo che possano supportare il nostro lavoro.

Spesso mi capita di incontrare alunni della zona frequentanti l'Istituto Tecnico od il Professionale non molto distanti dal Liceo, i quali si lamentano del fatto di non aver potuto frequentare la mia scuola, causa le difficili condizioni familiari, ed i miei alunni mi narrano talvolta del fatto che il loro fratello o sorella frequentano o frequenteranno questi altri istituti perché più di un figlio al Liceo i loro genitori proprio non possono permetterselo, visto che ciò comporterà altri anni di studio universitario, con le relative spese, innalzatesi spaventosamente negli ultimi anni. Dal momento che siamo in argomento, dirò anche che molti di loro - anche bravissimi - si iscriveranno ai Corsi di Laurea "brevi" - pur rendendosi talvolta perfettamente conto dello scarso livello di questi - perché più di tanto non possono fare.

Nonostante tutte queste difficoltà, in questi anni la scuola pubblica italiana ha sfornato eccellenti ingegni provenienti dalle classi disagiate, che hanno fatto un'ottima carriera universitaria, surclassando spesso i loro colleghi provenienti dalle classi agiate, e - salvo nell'Università stessa, il cui inserimento in essa comporta la necessità di disporre di fondi adeguati per reggere i lunghi anni di gavetta sotto o per nulla pagata necessari - sono spesso riusciti nel loro intesto di riscatto sociale, ottenendo un lavoro migliore di quello dei loro genitori.

L'attuale controriforma Moratti/Berlinguer distruggerà in gran parte questa possibilità. La necessità di scegliere il percorso scolastico - professionale o volto a successivi studi superiori - a soli undici/dodici anni, quando la maturità scolastica dell'alunno/a è più difficile da valutare da parte delle famiglie, porterà un numero maggiore di queste a scegliere la strada dell'antico "avviamento professionale", bruciando così, di fatto, le possibilità di riscatto sociale dei loro figli. Il tutto senza contare che lo svilimento generale dell'istruzione, implicito in numerosi altri aspetti della controriforma, favorirà sempre più i "figli di papà" frequentanti le scuole private di qualità, presenti all'interno della massa dei "diplomifici", che diverranno sempre più costose ed elitarie, ma che garantiranno, a chi potrà permettersele, un livello d'istruzione paragonabile a quello - attuale - delle scuole pubbliche.

Il futuro che il governo prospetta agli studenti è il passato. Il passato di una selezione di classe feroce anche nel livello scolastico, dove le classi agiate si divideranno sempre più da quelle proletarie e recentemente proletarizzate, dove il destino di un individuo è, di solito, scritto all'atto della nascita nel reddito di famiglia. Per cui, anche in questa vicenda è sempre più chiaro l'aspetto puramente ideologico del modo in cui la società di classe presenta se stessa: un mondo di possibilità aperte all'individuo, indipendentemente dalla classe di partenza. Il riscatto sociale, dopo alcuni decenni in cui le lotte operaie e studentesche avevano rimesso le carte in tavola, sarà sempre più un lusso difficilmente gestibile, in un mondo sempre più, di fatto, diviso in caste chiuse e, di fatto, inaccessibili dall'esterno. Ancora una volta un nuovo mondo possibile, di liberi e di uguali, diventa sempre più una necessità per la stragrande maggioranza dell'umanità.

Shevek dell'O.AC.N.-F.A.I.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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