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Da "Umanità Nova" n. 13 del 6 aprile 2003

Sangue, sabbia e bugie



Una guerra lampo, di sei giorni, una guerra tecnologica e invisibile, una guerra indolore, asettica, chirurgica, senza quelle seccature di morti e feriti. E una guerra di liberazione, con il popolo iracheno a braccia aperte ai bordi delle strade, contraccambiare coi fiori l'amichevole invasore elargitore di tavolette di cioccolata, Camel e bigliettoni verdi. Come una volta, in un pessimo remake di sciuscià, segnorine e cingomma.

E invece è finito, è svanito anche questo sogno americano: ieri, dopo l'11 settembre, il sogno della invulnerabilità, oggi l'illusoria presunzione di uniformare l'altro, il diverso da sé. Oltre a tutto, in questo caso, una civiltà che, come ricorda beffardamente Saddam lo squartatore, è pur sempre la madre di tutte quelle venute dopo.

Impantanati nelle sabbie di un deserto vendicativo, impreparati a uno scontro inaspettato, increduli, affamati e assetati, i fantaccini dell'esercito più forte del mondo non capiscono cosa ci siano andati a fare. E nell'attesa che gli omertosi comandi del Pentagono smettano di litigare e decidano il da farsi, loro, il 7deg. cavalleggeri, aspettano smarriti che qualcuno venga a dargli una mano. Perché non sono in un film, e nemmeno l'idiota propaganda dei giornalisti enbedded, al seguito delle truppe e al soldo dei generali, può trasformare un'imboscata in festosa accoglienza. E di fronte a loro, drammaticamente, un popolo senza speranza, obbligato a scegliere fra continuare una resistenza disperata, con il suo corollario di bombardamenti, oppure perdere definitivamente la propria dignità. Quanto alla sua libertà, quella se la stanno giocando al Monopoli del petrolio gli oligarchi iracheni e i loro compari angloamericani.

Sono ancora pochi i giorni di questa guerra. Pochi, temiamo, rispetto ai tanti che ci attendono, ma sufficienti comunque per chiarirci le idee. E per confermarci in alcune certezze. Si combatte per il petrolio? Sì, si combatte per il petrolio! La ricostruzione sarà un grande bisness? Sì, la ricostruzione sarà un gigantesco bisness! C'è il pericolo che il conflitto si estenda? Proviamo a chiederlo alla Siria e ai popoli arabi! Ci toccheranno i soliti servizi sulla crudeltà dei baffuti iracheni e sulla profonda umanità delle truppe di occupazione? Sì, il marine che prende in braccio la piccola irachena ferita non ce lo toglie nessuno! Gli effetti collaterali delle bombe intelligenti dell'esercito liberatore della più grande democrazia del mondo impegnato in un'opera umanitaria a difesa della libertà di tutti noi bla bla bla, provocheranno, come al solito, la spiacevole e inevitabile conseguenza di un massacro di civili? Certo, ci mancherebbe, del resto si è appena detto, è inevitabile!... E potremmo continuare a lungo.

Fortunatamente, anche di fronte a questa enorme tragedia, riusciamo a ritagliarci un momento di buonumore offerto dal famoso cabarettista Berlusconi. Alla partenza dei marines dalla base di Ederle diretti in Kurdistan, infatti, il nostro fantasista, incalzato dalle domande di amici e nemici sulla belligeranza dell'Italia, ha buttato là, genialmente, che quelli andavano, sì, in zona di guerra, però in missione umanitaria. E i vertici militari americani, evidentemente non privi di humour, sono stati al gioco e hanno accondisceso, rispolverando la famosa entrée dei fratelli De Rege. Quella, come ricorderete, che diceva: "vieni avanti, cretino!".

M. O.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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