![]() Da "Umanità Nova" n. 13 del 6 aprile 2003 In sciopero contro la guerra A caldo, alcune valutazioni sono, in ogni modo, possibili. Le manifestazioni di Roma e di Milano sono state di una consistenza notevole soprattutto se si considera che il silenzio dei media era stato assordante, che nel settore pubblico, quello che vede il più consistente radicamento del sindacalismo alternativo, la Commissione di garanzia aveva dato un parere negativo sullo sciopero stesso per ragioni pretestuose e che la complessa macchina burocratica che accompagna gli scioperi (circolari ecc.) è stata utilizzata contro la mobilitazione. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che una categoria importante come quella della scuola ha scioperato il 24 marzo in misura consistente, che lo sciopero si è fortemente caratterizzato sul tema dell'opposizione alla guerra, che era impensabile che i lavoratori della scuola scioperassero il 2 aprile in misura se non simile almeno comparabile. Se si considera, poi, che vi sono state diverse altre manifestazioni di consistenza più che discreta come a Bologna, Firenze, Torino ecc., si può dare un giudizio positivo sulla mobilitazione. Da un punto di vista politico, il fatto che lo sciopero sia stato indetto e mantenuto non è un fatto irrilevante. Nelle settimane che hanno preceduto lo scoppio della guerra, infatti, è maturata una divaricazione fra i sindacati alternativi rispetto all'attitudine da assumere nei confronti della CGIL e settori importanti del sindacalismo di base erano propensi ad aspettare la chioccia epifaniana. Non ritengo sia il caso di insistere sugli effetti non positivi, dal punto di vista della mobilitazione, di queste posizioni. D'altro canto, queste tendenze non sono né solo né principalmente il prodotto di pressioni neoistituzionali e partitiche. Analizzarle in questa chiave ci condurrebbe, per molti versi, ad una lettura unilaterale ed inadeguata. Certamente vi sono soggetti politico sindacali che si propongono nel ruolo di stimolo alla CGIL e piegano a questa prospettiva qualsiasi proposta ed iniziativa. Vi è, però, un problema reale con il quale dobbiamo fare i conti: il sindacalismo alternativo è radicato a macchia di leopardo ed ha strutture dignitose ma non enormi, anzi. Una CGIL che riprende un'iniziativa vivace non può che apparire a diversi settori della sinistra come un interlocutore più solido e più affidabile soprattutto in una iniziativa della rilevanza di quella contro la guerra. Il fatto che la CGIL abbia appoggiato la guerra nei Balcani, il suo carattere istituzionale, la strumentalità della sua posizione, passano in secondo piano rispetto a queste considerazioni. Tenere dritta la barra in una situazione del genere non è, insomma, facile, tutt'altro. Lo sciopero del 2 aprile è stato, da questo punto di vista, un segnale importante di autonomia rispetto al quadro istituzionale. Lo sciopero che si era stabilito di fare lo si è fatto ed è riuscito in misura dignitosa. Si tratterà, ora, di sviluppare meglio l'iniziativa nei confronti del più generale movimento contro la guerra, ponendo l'accento sul fatto che è possibile agire anche se il grande fratello DS-CGIL non ha dato il via e che è possibile farlo su posizioni chiare, magari di minoranza ma non minoritarie. Nello stesso campo del sindacalismo di base, si tratterà di operare per sviluppare una critica puntuale e rigorosa rispetto alle posizioni attendiste, a coloro che pensano di poter giocare su più tavoli usando il sindacalismo alternativo come merce di scambio rispetto ai giochi della sinistra statalista, agli orfani della CGIL. Si tratta, ovviamente, di un percorso complicato proprio perché non si può prescindere dal fatto che le mobilitazioni dei lavoratori non si evocano a comando, che una corrente sindacale radicale non è oggi pienamente sviluppata, che le sconfitte e le difficoltà pesano. A maggior ragione, l'area libertaria può giocare un ruolo di elaborazione e di orientamento che sappia valorizzare anche quanto, e non è poco, questo sciopero ha portato all'opposizione sociale alla guerra. Cosimo Scarinzi
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