archivio/archivio2003/un01/unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 13 del 6 aprile 2003

Il Tao della guerra
La guerra dei media tra verità, inganno e opinione



Verrebbe voglia di confermare quanto i cosiddetti esperti della comunicazione - a proposito dell'imponente ed innovativo utilizzo degli strumenti mediatici nella guerra in Iraq: - hanno più e più volte asserito: "questa guerra, più che esser combattuta con armi intelligenti, è una guerra che si combatte con l'uso intelligente degli strumenti d'informazione". Sennonché, per la nota proprietà transitiva, se nessuna guerra è mai stata combattuta con armi intelligenti, allo stesso modo nessuna guerra ha mai potuto tollerare un uso intelligente degli strumenti d'informazione, in quanto significherebbe fare dell'informazione in tempo di guerra uno strumento di verità e non uno strumento d'inganno.

Del resto, basta ricordarsi quanto Sun Tzu scrisse in uno dei più noti e citati classici di strategia militare, L'arte della guerra: "La Guerra è il Tao dell'inganno. Perciò se siete abili di fronte al nemico fingete incapacità. Se siete costretti ad impegnare le vostre forze, fingete inattività. Se il vostro obiettivo è vicino, fate credere che si trovi lontano; quando è distante, create l'illusione che si trovi nei paraggi." Con altre parole si può dire che il principale compito dei mezzi d'informazione in tempo di guerra è confondere il nemico, persuadendolo che la verità non potrà mai esser detta anche quando la realtà della guerra la farà apparire nell'ombra della morte, del dolore, della disperazione. Cosicché della morte, del dolore, della disperazione (l'unica e sola verità che della guerra è giusto dire) si farà mercimonio, aggiungendo o sottraendo a piacere al fine di creare consenso oppure paura: gli unici valori che ai media è concesso di comunicare. Perché i mezzi d'informazione sono utilizzati con il solo obiettivo di creare opinioni sulla guerra; soprattutto quando tutti, ma proprio tutti, sono contro la guerra, tant'è che nessuno - nemmeno lo stratega militare - si dichiarerà mai a favore della guerra. A meno che non sia "preventiva"... "umanitaria"... "difensiva"... "intelligente".

Lo provano palesemente queste prime settimane di guerra. Giornali, radio, televisioni, financo le miriadi di siti on-line su Internet, hanno trasmesso e diffuso immagini di guerra con l'unico fine di vincere la guerra delle immagini per strappare consenso, per persuadere il lettore, l'ascoltatore, a proposito di quale opinione sulla guerra sia più convincente, credibile. In altre parole in grado di spiegarne il perché. E quando si giunge a creare un'opinione sul perché della guerra - qualsiasi sia l'opinione - è un'opinione che la giustifica, foss'anche quella adottata dall'esercito pacifista, secondo la quale la guerra contro Saddam Hussein non è una guerra per liberare gli iracheni da una feroce dittatura, ma è una guerra economica, per il petrolio. Non è vero: è un'opinione.

La verità della guerra è ben altra. é il dolore, la sofferenza, la distruzione che non può trovare nessuna giustificazione. Perché la guerra è guerra. é umiliazione, inganno, paura che entra prepotentemente nel quotidiano e lo squassa. Lo distrugge fisicamente e psichicamente: lì dove si combatte con le armi; qui dove si combatte con le opinioni. Sicuro: potrà ben darsi che la guerra - dove viene combattuta - potrà far arricchire in primis l'industria militare e poi essere volano economico della ricostruzione post bellica, così come la stessa guerra - dove viene invece dibattuta - potrà far arricchire il commercio ed incentivare la produzione di beni di consumo (interessante sarebbe conoscere se, in queste settimane di guerra in cui i palinsesti televisivi, della carta stampata e del mondo telematico sono stati stravolti e trasformati, le inserzioni pubblicitarie hanno subito aumenti di costi, visto l'innegabile ascolto, attenzione, curiosità nei confronti del "prodotto bellico"); ma questi - questi sì - sono "effetti collaterali".

La verità della guerra - lo ripetiamo ancora - è ben altra. E non passa né per le immagini trasmesse, né per le parole scritte e diffuse (soprattutto - vi siete chiesti il perché? - da voci e volti femminei) con pathos accalorato, ma pur sempre patinato, educato... mio dio... addirittura griffato! Guai, infatti, a trasmettere lo sporco, la puzza, il terrore... neppure dei prigionieri... già... la Convenzione di Ginevra. Tutto bene per i militari. Ma i civili? I civili prigionieri nei propri appartamenti, nelle proprie città? Bersagli innocenti del Nemico, fatti morire per farne mercimonio non di verità, ma d'opinione.

Perché la guerra, la sporca e puzzolente guerra, è qualcosa d'altro, soprattutto d'altri. Che non si chiedono se sarà breve o lunga, se sarà una guerra di liberazione o d'occupazione, se vincerà chi e perché. No, non se lo chiedono questi ignoranti! Incapaci persino di avere un'opinione sulla loro guerra... come se fosse sufficiente il solo soffrire... il solo morire...

Benjamin Atman

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Contenuti  UNa storia  in edicola  archivio  comunicati  a-links


Redazione fat@inrete.it  Web uenne@ecn.org  Amministrazione  t.antonelli@tin.it