Da "Umanità Nova"
n. 13 del 6 aprile 2003
Giocattoli senza frontiere
Riforma della legge 185 sul commercio di armi
Mentre infuria la guerra di Bush junior e il governo italiano ipocritamente
continua a sostenere che non siamo in guerra, mentre i parà americani
partono dalle nostre basi per il nord dell'Iraq, l'ineffabile parlamento
a maggioranza berlusconiana, ha approvato il 27 marzo un disegno di legge
di riforma del mercato delle armi. Naturalmente da domani per i mercanti
di morte sarà più facile lavorare.
Ricordiamo che l'attuale legge sul commercio delle armi è la
n. 185 del 1990 ed è una delle più restrittive al mondo:
prevede minuziosi controlli e forti limitazioni a questo particolare settore
commerciale, dove l'Italia ha sempre eccelso, soprattutto nel campo delle
armi leggere e delle mine antiuomo, cioè delle armi a più
buon mercato e in realtà vere "armi di distruzione di massa" (secondo
fonti ONU ogni anno le armi "leggere" fanno 150.000 morti, soprattutto
tra civili; secondo Amnesty International, l'Italia è il terzo
esportatore mondiale con un giro di affari di più di 300 milioni
di dollari all'anno).
Dietro questa "riforma" della legislazione nazionale sui mercanti di
morte spunta un accordo stipulato a Farnborough il 27 luglio 2000 tra
Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Svezia relativo alle "misure per
facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea
per la difesa". Il disegno di legge appena approvato dal Senato (n.1547;
torna alla Camera per mancanza di copertura finanziaria, ma è certa
l'approvazione definitiva) autorizza la ratifica di tale accordo, ha come
primo firmatario Cesare Previti (Forza Italia) ed è stato sottoscritto
anche da Marco Minniti (DS), che da sottosegretario alla difesa del governo
Dalema aveva firmato l'accordo di Farnborough che definì come "straordinario
passo in avanti", esprimendo "apprezzamento per gli alti contenuti del
disegno di legge". Destra e sinistra con l'elmetto a braccetto.
Fino ad oggi, era vietata l'esportazione armi "verso i paesi i cui governi
sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali
in materia di diritti dell'uomo" (art. 1, c. 6, lett. d); da domani sarà
vietato vendere a "Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni
delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate
dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa".
È evidente la differenza: le violazioni devono essere "gravi"
e quindi viene introdotta una valutazione delle violazioni dei diritti
dell'uomo che come tutte le valutazioni è opinabile; in più,
l'accertamento deve essere "ufficiale" e spetterebbe solo a Onu e Ue,
cioè a organi "politici" che valuteranno a seconda delle maggioranze
di turno o che magari non riusciranno proprio a deliberare alcunché
(vedasi le spaccature sulla vicenda Iraq all'interno dei paesi membri
dell'Onu e della Ue).
Altra novità di rilievo è la "licenza globale di progetto",
introdotta dall'art. 7 del disegno di legge approvato, che aggiunge un
comma all'art. 13 della l. 185/90. Molti sistemi d'arma sono realizzati
oggi attraverso accordi tra più paesi; anche all'interno della
Ue la nostra normativa era la più restrittiva (non parliamo della
Nato); con la "licenza globale di progetto", gli standard di controllo
per l'azienda italiana che opera con altri paesi Nato o Ue sono abbassati
a quelli dei paesi partner con cui l'azienda italiana sarà socia
nella progettazione e realizzazione di nuove armi. E il gioco è
fatto: non ci possono essere limiti ai mercanti di morte.
Simone Bisacca
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