Da "Umanità Nova"
n. 14 del 13 aprile 2003
Sabbia non olio nel motore del
militarismo
Aviano: contro le guerre, le basi militari, gli eserciti
Cronaca della manifestazione nazionale del 5 aprile ad Aviano contro tutte
le guerre, le basi militari e gli eserciti
Molti hanno risposto all'appello dell'Assemblea Antimilitarista e Antiautoritaria
che ha convocato per sabato 5 aprile una manifestazione nazionale ad Aviano
contro tutte le guerre, le basi militari e gli eserciti.
Alcune migliaia di compagni e compagne provenienti per la maggior parte
da tutto il centro-nord Italia, con una buona presenza regionale e locale,
ma non sono mancate adesioni anche oltre confine, hanno dato vita ad una
bella manifestazione antimilitarista, vivace, combattiva e radicale nei
contenuti.
Dopo La Spezia, la manifestazione di Aviano costituisce una tappa importante
di un percorso di lotta antimilitarista ed antiautoritaria che ha individuato
tra i suoi obiettivi la necessità di rafforzare il radicamento
territoriale delle lotte contro il militarismo in tutte le sue articolazioni.
La radicalità dei contenuti che ha caratterizzato la manifestazione
di sabato 5 aprile rappresenta un piccolo passo in avanti per tutto il
movimento contro la guerra: superare il sentimento antibellicistico che
è alla base di tutte le manifestazioni contro la guerra in Iraq,
per costruire un movimento che sappia opporsi a tutte le guerre, lottare
quotidianamente contro il militarismo e tutte le gerarchie, inceppare,
boicottare e disertare i luoghi dell'assassinio statuale e capitalista,
per costruire relazioni libere ed egualitarie, per l'autogestione del
territorio e delle risorse.
L'appuntamento era per le 14 davanti al municipio di Roveredo in Piano
(PN).
Il corteo, partito con un ora di ritardo rispetto al programma per aspettare
i numerosi compagni/e che arrivavano da fuori provincia, ha attraversato
il centro del paese riscontrando la curiosità da parte della popolazione
locale (ma non sono mancate manifestazioni di solidarietà). Ha
poi proseguito in direzione della base USAF di Aviano dove si sono compiute
tre azioni di forte impatto simbolico per poi raggiungere il comune di
Aviano con l'obiettivo di occupare via Pedemonte: una strada pubblica
che divide due aree militari (l'area A1 e l'area A2) e che il sindaco
di centrosinistra Gianluigi Rellini vuole "regalare" ai militari statunitensi,
i quali vorrebbero chiuderla per motivi di sicurezza, creando così
un'unica grande area militare all'interno del paese.
Anche se otto chilometri di percorso hanno messo a dura prova la resistenza
di tutti i partecipanti, la scelta di far partire il corteo da Roveredo
in Piano per concluderlo ad Aviano non è stata casuale. Infatti,
questi due paesi sono tra le realtà locali più direttamente
coinvolte dal progetto di ampliamento della base militare americana di
Aviano (progetto Aviano2000). I sindaci di Aviano e Roveredo (entrambi
nominati "Comandanti Onorari" dalle autorità militari americane)
si sono sempre dichiarati favorevoli all'ampliamento della base. Essi
hanno contribuito in questi anni a convincere le popolazioni locali dell'utilità
dell'installazione militare a stelle e strisce (comparando la base sul
piano delle ricadute economiche alla Fiat) e in diverse occasioni si sono
dimostrati più attenti alle richieste dei militari Usa che a difendere
la salute dei cittadini e il territorio pubblico. La presenza militare
statunitense, in questi ultimi anni più che raddoppiata, ha comportato
per entrambi i paesi uno stravolgimento sul piano politico, sociale ed
economico.
La prima tappa del corteo è stata davanti alla caserma Zappalà
che costituisce quella parte di territorio militare sul quale si è
sviluppata la base americana. Dopo la lettura di alcuni testi antimilitaristi,
una decina di compagne e compagni hanno svuotato davanti l'entrata della
caserma quattro/cinque carriole piene di sabbia, il tutto mentre una compagna
interveniva al microfono e spiegava l'azione all'insegna dello slogan
che accompagnava la manifestazione: "sabbia non olio nel motore del militarismo".
Alcune uova riempite con vernice rossa sono state lanciate contro una
palazzina interna alla stessa caserma a simboleggiare il sangue delle
vittime di tutte le guerre.
La seconda sosta del corteo si è tenuta davanti alla pista di
decollo. La stessa pista da dove pochi anni fa sono partiti gli aerei
che hanno bombardato le popolazioni della Serbia e del Kosovo con bombe
ad uranio impoverito; da dove il 3 febbraio è partito il Prowler
che ha abbattuto la funivia che collega Cavalese al Cermis provocando
la morte di 21 persone; da dove ogni giorno partono gli aerei che volano
sopra le nostre teste, creando non pochi disagi alla salute pubblica per
l'inquinamento acustico e l'inquinamento dei terreni con il rilascio di
carburante (GP8) e percolati.
Centinaia di palloncini colorati, con tanto di strisce di stagnola per
disturbare i radar, sono stati attaccati alla rete di recinzione creando
così un muro, lungo qualche decina di metri, per impedire il decollo
degli aerei assassini.
Non sono mancate azioni contro la rete ombreggiante, letteralmente divelta,
che è stata installata in questi ultimi giorni con l'intento rendere
meno visibili le attività interne. Una rete che è lì
a rappresentare il principio di extraterritorialità di cui godono
i militari Usa, un pezzo d'America in territorio italiano, un buco nero
dove i diritti non contano più nulla, nemmeno quelli dei lavoratori
italiani che ci lavorano dentro.
L'ultima azione contro la base si è tenuta davanti ai cancelli
dell'entrata principale.
Mentre alcuni compagni installavano un lucchetto gigante in cartapesta
all'entrata a simboleggiare la chiusura di tutte le "basi della morte",
altri compagni si organizzavano per realizzare una scritta di 13 metri
per 10 sul manto stradale adiacente all'entrata contro la guerra globale,
firmata con una grande A cerchiata.
Dopo una breve pausa davanti ai cancelli principali durante la quale
i compagni/e urlavano slogan contro la guerra imperialista, contro la
militarizzazione e contro tutti gli eserciti, il corteo è proseguito
in direzione di Aviano.
A contribuire a tenere vivo il clima che aleggiava nel corteo il sostegno
musicale dal vivo della Bande Garbe di Udine e della @-Band di Modena.
L'arrivo ad Aviano non è stato molto felice. Il paese era quasi
deserto in seguito al clima di tensione e paura che la stampa locale aveva
creato nei giorni precedenti alla manifestazione. Un clima di criminalizzazione
che paragonava gli anarchici a un'orda di barbari pronti a mettere a ferro
e fuoco tutto quello che incontravano lungo la loro strada. Anche in quest'occasione,
la stampa e gli organi preposti all'ordine pubblico e alla sicurezza che
invitavano i commercianti alla serrata, così come la massiccia
presenza di più di cinquecento poliziotti e carabinieri, hanno
contribuito ad allontanare dalla manifestazione tante persone che in altre
occasioni sono scese in piazza a manifestare contro la guerra.
Durante l'attraversamento del centro del paese dal furgone del sound-system
alcuni compagni/e si alternavano al microfono per spiegare ai curiosi
che si affacciavano alle finestre i motivi della manifestazione.
L'ultima tappa della manifestazione è stata segnata dall'occupazione
di Via Pedemonte: entrambe le entrate delle due aree militari sono state
bloccate. Mentre alcuni compagni/e fissavano uno striscione all'entrata
di una delle due aree che riportava la frase di Cavallo Pazzo che sconfisse
il 7. Cavalleggieri del generale: "Non si vende la terra dove cammina
un popolo", un compagno friulano interveniva al microfono denunciando
che la militarizzazione del Friuli, dopo la fine della "guerra fredda",
non si è arrestata; che all'invasione americana del Friuli contribuiscono
i sindaci di centrosinistra concedendo nuove aree pubbliche ai militari
statunitensi; che la guerra in Iraq non è contro il terrorismo
ma per il controllo del petrolio e che l'Italia è coinvolta in
questa guerra con la concessione delle basi militari e dello spazio aereo.
Questa manifestazione, come quella precedente a La Spezia il 25 gennaio
2002, segna una nuova e importante tappa verso la territorializzazione
delle lotte che rimane l'unica concreta strada possibile per chi come
noi, antimilitaristi e libertari, vuole un mondo senza eserciti e autorità
e quindi un mondo senza guerre.
Lino Roveredo
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