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Da "Umanità Nova"
n. 14 del 13 aprile 2003
Donne a scuola
Verso un'educazione più "virile"?
La discussione in aula che ha portato alla vergognosa approvazione della
riforma dei cicli, mostro creato dalla Moratti con provetta fornita da
Berlinguer, è stata costellata dalla presentazione di numerosi
ordini del giorno. Uno in particolare si distingue per bestialità;
eccolo:
"La Camera, premesso che:
negli ultimi decenni si è assistito all'accentuarsi della presenza
femminile nel ruolo di insegnante, determinata anche dalla perdita di
prestigio sociale ed economico che ha investito questa figura professionale;
tale situazione è stata favorita dalla possibilità di conciliare
l'impegno di lavoro e la famiglia, grazie all'orario di lavoro meno impegnativo
rispetto ad altre professioni;
tale fenomeno provoca delle ripercussioni nei processi educativi e di
maturazione degli adolescenti, soprattutto maschi, a cui vengono a mancare
modelli di riferimento e di imitazione necessari alla loro crescita,
impegna il governo
a studiare forme di incentivi, costituzionalmente compatibili, al fine
di incoraggiare il reclutamento di insegnanti maschi, in particolare nel
ciclo secondario" (emendamento 9/3387/28 presentato da Bianchi Clerici,
Lussana; Ercole)
Il significato è chiaro:
La scuola è degradata.
Le donne si dedicano all'insegnamento perché è il loro
naturale ambito, in quanto professione degradata economicamente e socialmente,
e quindi lasciata dagli uomini alle donne, nonché professione in
cui si lavora poco. Le donne evidentemente possono svolgere solo attività
lavorative degradate.
La presenza delle insegnanti contribuisce a danneggiare ulteriormente
la scuola, soprattutto la scuola superiore; la donna che insegna infatti
non può avere una reale professionalità, prerogativa maschile,
ma solo esercitare un "maternage" forse accettabile per i bambini piccoli,
ma sicuramente dannoso per la formazione del maschio italico, che
ha bisogno di modelli maschili italici a cui ispirarsi (finirebbero così
tutte quelle sciagurate iniziative attorno a tematiche quali pace, interculturalità,
linguaggi espressivi ecc. che, generalmente promosse dalle "professoresse",
rammolliscono irrimediabilmente l'esemplare della specie).
Unico rimedio: incentivare l'assunzione di maschi soprattutto nella
scuola secondaria.
È evidente quindi la prospettiva suggerita: doppia carriera nella
scuola, con maggiore orario di lavoro e maggiore retribuzione per i maschi,
che risolleveranno le sorti della scuola e rigenereranno la maschia virilità
studentesca; carriera di second'ordine per le donne, come si conviene
alle mogli, a coloro che portano uno stipendio in più.
L'ordine del giorno, regolarmente presentato e accolto il 18 febbraio
scorso, si è, speriamo, perduto nell'onda della discussione. Nondimeno
rappresenta una vergogna, un insulto, una provocazione.
E sarebbe quanto mai grave che lo vedessimo rispuntar fuori, magari
tra qualche tempo, magari camuffato, magari caldeggiato da settori politici
diversi, inserito, chissà, in un dispositivo per la flessibilità
promosso dalla legge Biagi, o addirittura in qualche attuazione della
politica dei tempi per le donne.
Patrizia Nesti
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